lunedì 25 marzo 2013

Sentenza nella causa C-416/10 - Il pubblico deve avere accesso alla decisione urbanistico-edilizia sull'insediamento di un impianto con un notevole impatto ambientale

Sentenza nella causa C-416/10
Jozef Križan e a. / Slovenská inšpekcia životného prostredia

Il pubblico deve avere accesso alla decisione urbanistico-edilizia sull'insediamento di un impianto con un notevole impatto ambientale
La tutela del segreto commerciale non può essere invocata per rifiutare l'accesso
Ai sensi della Convenzione di Aarhus 1, ove venga avviato un processo decisionale in materia ambientale, il pubblico interessato deve potervi partecipare sin dall'inizio, vale a dire dal momento in cui tutte le alternative sono ancora praticabili e tale partecipazione può avere un'influenza effettiva. Inoltre, in via di principio, il pubblico deve poter consultare gratuitamente tutte le informazioni rilevanti ai fini del processo decisionale e deve poter contestare in sede giurisdizionale la legittimità di qualsiasi decisione adottata al termine di tale processo.
Nel 2006, l'Ufficio urbanistico regionale di Bratislava (Slovacchia) ha adottato una decisione di assenso urbanistico-edilizio all'insediamento di una discarica di rifiuti in una cava di terra per mattoni, denominata «Nová jama» (cava nuova). Successivamente, l'amministrazione slovacca per il controllo dell'ambiente ha avviato una procedura di autorizzazione, nell'ambito della quale alcuni privati cittadini, abitanti della città di Pezinok, hanno chiesto la pubblicazione della suddetta decisione urbanistico-edilizia ed ha quindi autorizzato la costruzione e la gestione della discarica senza previamente pubblicare la decisione. A seguito di un ricorso amministrativo, l'organo di secondo grado per la protezione dell'ambiente ha confermato la decisione dell'amministrazione per il controllo dell'ambiente, previa pubblicazione della decisione urbanistico-edilizia.
Gli interessati hanno quindi adito i giudici slovacchi e il Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema di cassazione della Repubblica slovacca) ha chiesto alla Corte di giustizia di precisare la portata del diritto del pubblico di partecipare alle procedure di autorizzazione dei progetti aventi un notevole impatto sull'ambiente.
Nella sua sentenza odierna, la Corte ricorda anzitutto che una norma procedurale nazionale non può rimettere in discussione la facoltà, spettante ai giudici nazionali, di investire la Corte di una domanda di pronuncia pregiudiziale qualora essi nutrano dubbi in merito all'interpretazione del diritto dell'Unione. Il giudice nazionale conserva dunque tale facoltà, anche quando una norma nazionale lo obblighi a conformarsi alla valutazione in diritto espressa dalla corte costituzionale slovacca e dovrà disapplicare gli apprezzamenti formulati da quest'ultimo giudice qualora essi si rivelassero in contrasto con il diritto dell'Unione. In quanto corte suprema, il Najvyšší súd Slovenskej republiky è peraltro obbligato a sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale.
La Corte constata poi che la decisione di assenso urbanistico-edilizio all'insediamento della discarica costituisce una delle misure in base a cui viene adottata la decisione definitiva di autorizzare o meno tale impianto. Inoltre, detta decisione contiene informazioni in merito all'impatto ambientale del progetto, alle condizioni imposte al gestore al fine di limitare tale impatto, alle obiezioni mosse dalle parti della procedura di assenso urbanistico-edilizio e alle ragioni che hanno motivato le scelte effettuate dall'autorità competente per rilasciare tale decisione di assenso urbanistico-edilizio. Essa contiene dunque informazioni pertinenti ai fini della procedura di
autorizzazione alla quale il pubblico interessato deve poter avere accesso ai sensi della convenzione di Aarhus e della direttiva sulla prevenzione e la riduzione dell'inquinamento 2, la quale riprende le disposizioni di detta convenzione. La Corte precisa quindi che il rifiuto di mettere a disposizione del pubblico la decisione di assenso urbanistico-edilizio non può essere giustificato invocando la tutela della riservatezza di determinate informazioni commerciali o industriali.
La Corte sottolinea del pari che il pubblico interessato deve disporre di tutte le informazioni pertinenti sin dallo stadio del procedimento amministrativo di primo grado, anteriormente all'adozione di una prima decisione, purché esse siano disponibili alla data in cui si svolge tale fase procedurale. Tuttavia, il diritto dell'Unione non impedisce che il rifiuto ingiustificato di mettere a disposizione del pubblico interessato una decisione di assenso urbanistico-edilizio nel corso del procedimento amministrativo di primo grado possa essere sanato nel corso del procedimento amministrativo di secondo grado, a condizione che tutte le alternative siano ancora praticabili e
che la regolarizzazione in tale stadio procedurale consenta ancora al pubblico di esercitare un'influenza effettiva sull'esito del processo decisionale.
La Corte constata poi che l'obiettivo della direttiva, consistente nella prevenzione e nella riduzione degli inquinamenti, non potrebbe essere raggiunto se fosse impossibile evitare che un impianto, in ipotesi beneficiario di un'autorizzazione concessa in violazione della citata direttiva, continui a funzionare in attesa di una decisione definitiva in merito alla legittimità di tale autorizzazione. Di conseguenza, la direttiva esige che i membri del pubblico interessato abbiano il diritto di chiedere l'adozione di misure provvisorie idonee a prevenire tali inquinamenti, come ad esempio la sospensione temporanea dell'autorizzazione contestata.
Infine, la Corte constata che la decisione di un giudice nazionale che annulla un'autorizzazione concessa in violazione della direttiva sopra citata non è idonea, in quanto tale, a configurare un'ingiustificata lesione del diritto di proprietà del gestore.
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1 Convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998 ed approvata a nome della Comunità europea mediante la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU L 124, pag. 1).