mercoledì 30 giugno 2010

(C 203/08) LIBERA PRESTAZIONE DEI SERVIZI - ESERCIZIO DAL GIOCO D'AZZARDO SU INTERNET - NORMATIVA CHE RISERVA L'AUTORIZZAZIONE AD UN UNICO OPERATORE

(C 203/08) LIBERA PRESTAZIONE DEI SERVIZI - ESERCIZIO DAL GIOCO D'AZZARDO SU INTERNET - NORMATIVA CHE RISERVA L'AUTORIZZAZIONE AD UN UNICO OPERATORE
La Corte ha stabilito che non contrasta con l’art. 49 CE una normativa di uno Stato membro che subordini l’organizzazione e la promozione dei giochi d’azzardo ad un regime di esclusività a favore di un unico operatore e che vieti a tutti gli altri operatori, compreso un operatore stabilito in un altro Stato membro, di proporre mediante Internet, sul territorio del primo Stato membro, servizi rientranti nel citato regime. Ha inoltre affermato che l’art. 49 CE deve essere interpretato nel senso che il principio della parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza che ne deriva sono applicabili alle procedure per il rilascio e il rinnovo di un’autorizzazione a favore di un operatore unico nel settore dei giochi d’azzardo purché non si tratti di un operatore pubblico la cui gestione è soggetta al controllo diretto dello Stato o di un operatore privato sulle cui attività i pubblici poteri sono in grado di esercitare uno stretto controllo.

Testo Completo:
Sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 3 giugno 2010 Nel procedimento C‑203/08, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Raad van State (Paesi Bassi) con decisione 14 maggio 2008, pervenuta in cancelleria il 16 maggio 2008, nella causa Sporting Exchange Ltd, operante con la denominazione «Betfair», contro Minister van Justitie, con l’intervento di: Stichting de Nationale Sporttotalisator, LA CORTE (Seconda Sezione), composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues (relatore), presidente di sezione, dalla sig.ra P. Lindh, dai sigg. A. Rosas, U. Lõhmus e A. Arabadjiev, giudici, ha pronunciato la seguente Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 49 CE. 2 Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia tra la società Sporting Exchange Ltd, operante con la denominazione «Betfair», avente sede nel Regno Unito (in prosieguo: la «Betfair»), e il Minister van Justitie (Ministero della Giustizia; in prosieguo: il «Minister») in merito al rigetto, da parte di quest’ultimo, da un lato, delle domande presentate dalla ricorrente e dirette ad ottenere l’autorizzazione ad organizzare giochi di azzardo nei Paesi Bassi e, dall’altro, dei ricorsi proposti da quest’ultima avverso le autorizzazioni concesse ad altri due operatori. Contesto normativo nazionale 3 L’art. 1 della legge sui giochi di azzardo (Wet op de kansspelen; in prosieguo: la «Wok») stabilisce quanto segue: «Fatte salve le disposizioni del titolo Va della presente legge, è fatto divieto di: a. offrire l’occasione di concorrere per premi o lotti ove l’indicazione dei vincitori sia unicamente frutto del caso, su cui i partecipanti in generale non possano esercitare alcuna influenza preponderante, fatto salvo il rilascio di un’apposita autorizzazione ai sensi della presente legge; b. promuovere la partecipazione ad un’occasione come quella descritta sub a), senza autorizzazione ai sensi della presente legge, o ad un’occasione analoga offerta al di fuori del Regno dei Paesi Bassi in Europa, oppure detenere a tale scopo documenti destinati alla pubblicazione o alla diffusione (…)». 4 L’art. 16, primo comma, della Wok è formulato nei seguenti termini: «Il Ministro della Giustizia ed il Ministro della Sanità, del Benessere e della Cultura possono concedere ad un soggetto avente piena personalità giuridica un’autorizzazione per l’organizzazione di scommesse sportive per la durata che essi determinano, al fine di favorire gli interessi di enti operanti nell’interesse generale, in particolare nel settore dello sport e dell’educazione fisica, della cultura, delle opere sociali e della sanità». 5 L’art. 23 della Wok così recita: «1. L’autorizzazione per l’organizzazione di scommesse a totalizzatore può essere rilasciata esclusivamente ai sensi delle disposizioni del presente titolo. 2. Per “scommessa a totalizzatore” si intende ogni occasione che viene offerta di scommettere sui risultati di corse di cavalli al trotto o al galoppo, fermo restando che il totale delle puntate, salvo le detrazioni consentite dalla legge o in forza di legge, sarà ridistribuito tra coloro che hanno scommesso sul vincitore o su uno dei vincitori». 6 A norma dell’art. 24 della Wok, il Ministro dell’Agricoltura e della Pesca ed il Ministro della Giustizia possono rilasciare ad una persona giuridica unica, dotata di piena capacità giuridica, l’autorizzazione ad organizzare scommesse a totalizzatore per la durata da essi determinata. 7 L’art. 25 della Wok così dispone: «1. I ministri menzionati all’art. 24 subordinano l’autorizzazione ad organizzare scommesse a totalizzatore a talune condizioni. 2. Tali condizioni riguardano in particolare: a. il numero delle corse ippiche al trotto e al galoppo; b. la posta massima per persona; c. la percentuale trattenuta prima della ripartizione delle scommesse tra i vincitori nonché la destinazione di tale percentuale; d. il controllo sull’applicazione da svolgersi da parte delle autorità; e. l’obbligo di prevenire e far prevenire, nella misura del possibile, le scommesse non autorizzate o l’intermediazione in materia di scommesse sui terreni ove si svolgono corse ippiche al trotto o al galoppo. 3. Le condizioni possono essere modificate e completate». 8 A termini dell’art. 26 della Wok: «In caso di violazione delle condizioni stabilite all’art. 25, i ministri menzionati all’art. 24 possono revocare prima della scadenza l’autorizzazione concessa ai sensi di quest’ultimo articolo». 9 A norma dell’art. 27 della Wok è fatto divieto di proporre o fornire al pubblico un servizio di intermediazione nella raccolta di scommesse presso un operatore di scommesse a totalizzatore. Causa principale e questioni pregiudiziali 10 La normativa olandese relativa ai giochi d’azzardo è fondata su un sistema di autorizzazioni esclusive secondo cui, da un lato, è vietato organizzare o promuovere giochi d’azzardo, a meno che non sia stata a tal fine rilasciata un’autorizzazione amministrativa, e, dall’altro, le autorità nazionali concedono una sola autorizzazione per ognuno dei giochi d’azzardo autorizzati. 11 Dal fascicolo della causa principale, così come trasmesso alla Corte dal giudice del rinvio, risulta che nei Paesi Bassi non esiste alcuna possibilità di offrire in modo interattivo giochi d’azzardo mediante Internet. 12 La Stichting de Nationale Sporttotalisator (in prosieguo: «De Lotto»), fondazione di diritto privato non avente scopo di lucro, è titolare dal 1961 dell’autorizzazione all’organizzazione di scommesse sportive, del lotto e di giochi di cifre. L’autorizzazione ad organizzare scommesse a totalizzatore sui risultati di corse di cavalli è stata concessa alla società a responsabilità limitata Scientific Games Racing BV (in prosieguo: la «SGR»), che è una controllata della società Scientific Games Corporation Inc., avente sede negli Stati Uniti. 13 Dal fascicolo presentato alla Corte si evince che De Lotto, in base al proprio statuto, ha come obiettivo la raccolta di fondi mediante l’organizzazione di giochi d’azzardo e la ripartizione di tali fondi tra enti che operano nell’interesse generale, in particolare nel settore dello sport, dell’educazione fisica, del benessere generale, della salute e della cultura. De Lotto è diretta da un collegio di commissari composto da cinque membri, il cui presidente è nominato dal Minister. Gli altri membri sono designati dalla Stichting Aanwending Loterijgelden Nederland (Fondazione per l’utilizzo dei proventi del lotto) nonché dalla Nederlands Olympisch Comité/Nederlandse Sport federatie (Comitato olimpico olandese/Federazione sportiva olandese). 14 La Betfair opera nel settore dei giochi d’azzardo e offre i suoi servizi unicamente mediante Internet e per telefono. A partire dal Regno Unito essa mette a disposizione dei destinatari di servizi una piattaforma per le scommesse sugli eventi sportivi e sulle corse di cavalli, conosciuta con la denominazione «betting exchange», in base ad autorizzazioni britanniche e maltesi. La Betfair non dispone di alcuno stabilimento o punto di vendita nei Paesi Bassi. 15 Intendendo offrire i suoi servizi attivamente sul mercato olandese, la Betfair ha chiesto al Minister di chiarire se sia necessaria un’autorizzazione per l’esercizio di siffatte attività. Essa gli ha inoltre richiesto un’autorizzazione ad organizzare, su Internet o meno, scommesse sportive e scommesse a totalizzatore sui risultati di corse ippiche. Con decisione del 29 aprile 2004 il Minister ha respinto tali domande. 16 Il reclamo presentato contro tale decisione è stato respinto dal Minister il 9 agosto 2004. Quest’ultimo ha ritenuto, in particolare, che la Wok implichi un sistema chiuso di autorizzazione che non prevede la possibilità di attribuire autorizzazioni ad offrire la partecipazione a giochi d’azzardo tramite Internet. Poiché la Betfair non può ottenere un’autorizzazione in forza della detta legge per le sue attività attualmente esercitate mediante Internet, non potrebbe neppure proporre i suoi servizi a destinatari stabiliti nei Paesi Bassi. 17 La Betfair ha inoltre presentato due reclami contro le decisioni del Minister 10 dicembre 2004 e 21 luglio 2005 di rinnovo delle autorizzazioni rispettivamente rilasciate a De Lotto e alla SGR. 18 Con decisioni del Minister, rispettivamente del 17 marzo e del 4 novembre 2005, tali reclami sono stati respinti. 19 Con sentenza 8 dicembre 2006 il Rechtbank ’s-Gravenhage (Tribunale dell’Aia) ha dichiarato infondati i ricorsi presentati dalla Betfair contro le citate decisioni di rigetto. Quest’ultima ha quindi proposto appello avverso tale sentenza dinanzi al Raad van State. 20 Nel suo appello la Betfair ha in sostanza affermato che le autorità olandesi erano obbligate, da un lato, a riconoscere l’autorizzazione di cui essa usufruisce nel Regno Unito e, dall’altro, a rispettare, sulla scorta della sentenza 13 settembre 2007, causa C‑260/04, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑7083), il principio di trasparenza in occasione del rilascio di un’autorizzazione ad offrire giochi d’azzardo. 21 Ritenendo che per dirimere la controversia sottopostagli fosse necessaria l’interpretazione del diritto dell’Unione, il Raad van State ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1) Se l’art. 49 CE debba essere interpretato nel senso che dall’applicazione di detto articolo consegue che le autorità competenti di uno Stato membro non possono vietare, in forza del sistema chiuso di autorizzazioni vigente in uno Stato membro per l’offerta di servizi relativi ai giochi d’azzardo, che un offerente, a cui sia già stata rilasciata un’autorizzazione in un altro Stato membro per l’offerta di servizi tramite Internet, offra siffatti servizi tramite Internet anche nel primo Stato membro. 2) Se l’interpretazione che la Corte di giustizia ha dato, in alcune cause vertenti su concessioni, all’art. 49 CE e, in particolare, al principio di uguaglianza e all’obbligo di trasparenza ad esso connesso, si applichi anche al procedimento per il rilascio di un’autorizzazione per offrire servizi aventi ad oggetto giochi d’azzardo in un sistema di autorizzazione unica previsto dalla legge. 3) a) Se, in un sistema stabilito per legge che prevede un’unica autorizzazione, il rinnovo di tale autorizzazione dell’attuale titolare, senza che potenziali candidati ricevano l’opportunità di concorrere per questa autorizzazione, costituisca un modo idoneo e proporzionato per la realizzazione dei motivi imperativi di interesse generale, che la Corte di giustizia ha accettato come giustificazione della restrizione alla libera circolazione in materia di offerta di servizi aventi ad oggetto i giochi d’azzardo. In caso di soluzione affermativa, a quali condizioni. b) Se per la soluzione della terza questione, sub a), faccia differenza il fatto che la seconda questione sia stata risolta in modo affermativo o negativo». Sulle questioni pregiudiziali Sulla prima questione 22 Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 49 CE debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella oggetto della causa principale, che subordina l’organizzazione e la promozione dei giochi d’azzardo ad un regime di esclusività a favore di un unico operatore e che vieta a tutti gli altri operatori, compreso un operatore stabilito in un altro Stato membro, di proporre mediante Internet, sul territorio del primo Stato membro, servizi rientranti nel citato regime. 23 L’art. 49 CE impone l’eliminazione di qualsiasi restrizione alla libera prestazione dei servizi, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, quando sia tale da vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisce legittimamente servizi analoghi. Della libertà di prestazione dei servizi beneficia tanto il prestatore quanto il destinatario dei servizi (sentenza 8 settembre 2009, causa C‑42/07, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 51 e giurisprudenza citata). 24 È pacifico che una normativa di uno Stato membro come quella oggetto della causa principale costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi garantita dall’art. 49 CE (v., in tal senso, sentenze Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, cit., punto 52, nonché odierna sentenza nella causa C‑258/08, Ladbrokes Betting & Gaming e Ladbrokes International, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 16). 25 Occorre tuttavia esaminare se siffatta restrizione possa essere ammessa come una delle misure derogatorie espressamente previste dagli artt. 45 CE e 46 CE, applicabili in materia a norma dell’art. 55 CE, ovvero possa essere giustificata, conformemente alla giurisprudenza della Corte, da motivi imperativi di interesse generale (v., in questo senso, sentenza Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, cit., punto 55). 26 L’art. 46, n. 1, CE ammette restrizioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. La giurisprudenza della Corte ha inoltre individuato un certo numero di motivi imperativi di interesse generale anch’essi idonei a giustificare tali restrizioni, quali in particolare gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione della frode e dell’incitazione dei cittadini ad una spesa eccessiva collegata al gioco nonché di prevenzione di turbative all’ordine sociale in generale (sentenza Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, cit., punto 56). 27 In tale contesto, le particolarità di ordine morale, religioso o culturale, nonché le conseguenze moralmente e finanziariamente dannose per l’individuo e la società che sono collegate ai giochi d’azzardo e alle scommesse, possono giustificare che le autorità nazionali dispongano di un potere discrezionale sufficiente a determinare le esigenze di tutela del consumatore e dell’ordine sociale (sentenze 6 novembre 2003, causa C‑243/01, Gambelli e a., Racc. pag. I‑13031, punto 63, nonché 6 marzo 2007, cause riunite C‑338/04, C‑359/04 e C‑360/04, Placanica e a., Racc. pag. I‑1891, punto 47). 28 Gli Stati membri sono liberi di fissare, secondo la loro scala di valori, gli obiettivi della loro politica in materia di giochi d’azzardo e, eventualmente, di definire con precisione il livello di protezione perseguito. Le restrizioni che essi impongono devono tuttavia soddisfare le condizioni che risultano dalla giurisprudenza della Corte, segnatamente per quanto riguarda la loro proporzionalità (v., in questo senso, citate sentenze Placanica e a., punto 48, nonché Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, punto 59). 29 Secondo la giurisprudenza della Corte, spetta al giudice del rinvio verificare se le normative nazionali rispondano realmente agli obiettivi idonei a giustificarle e se le restrizioni che esse impongono non appaiano sproporzionate rispetto a tali obiettivi (citate sentenze Gambelli e a., punto 75, e Placanica e a., punto 58). 30 Riferendosi in particolare alle citate sentenze Gambelli e a. e Placanica e a., il giudice del rinvio ha dichiarato che gli obiettivi diretti a garantire la tutela dei consumatori e a combattere la criminalità e la dipendenza dal gioco, su cui si fonda il sistema di autorizzazioni esclusive previsto dalla Wok, possono essere considerati motivi imperativi di interesse generale ai sensi della giurisprudenza della Corte. 31 Il giudice nazionale ritiene inoltre che le restrizioni discendenti dal menzionato sistema non siano sproporzionate né applicate in maniera discriminatoria. Per quanto specificamente attiene alla proporzionalità, esso evidenzia che il fatto di autorizzare un solo operatore non solo semplifica il controllo su quest’ultimo, rendendo più efficace la sorveglianza sul rispetto delle regole connesse all’autorizzazione, ma impedisce altresì che sorga una concorrenza più intensa tra vari titolari di autorizzazioni, il che provocherebbe un aggravamento della dipendenza dal gioco. Il medesimo giudice aggiunge che il divieto di proporre giochi d’azzardo rivolto ai soggetti diversi dai titolari dell’autorizzazione si applica indistintamente alle imprese con sede nei Paesi Bassi e a quelle stabilite in altri Stati membri. 32 La perplessità del giudice del rinvio è dovuta alla circostanza che nella causa principale la Betfair afferma di non aver bisogno d’essere titolare di un’autorizzazione rilasciata dalle autorità olandesi per poter proporre agli scommettitori residenti nei Paesi Bassi i suoi servizi di scommesse sportive via Internet. Questo Stato membro sarebbe infatti tenuto a riconoscere le autorizzazioni concesse a detta società da altri Stati membri. 33 Si deve rilevare, in proposito, che il settore dei giochi d’azzardo offerti tramite Internet non costituisce oggetto di un’armonizzazione nell’Unione europea. Uno Stato membro può quindi legittimamente ritenere che il solo fatto che un operatore, quale la Betfair, offra conformemente alla legge servizi rientranti in tale settore tramite Internet in un altro Stato membro in cui sia stabilito e in cui sia già soggetto, in linea di principio, a determinati requisiti di legge ed al controllo da parte delle competenti autorità di quest’ultimo Stato membro, non possa essere considerato quale garanzia sufficiente di protezione dei consumatori nazionali contro i rischi di frode e di criminalità, alla luce delle difficoltà che, in un siffatto contesto, le autorità dello Stato membro di stabilimento possono incontrare nella valutazione delle caratteristiche qualitative e della correttezza professionale degli operatori (v., in questo senso, sentenza Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, cit., punto 69). 34 Inoltre, in considerazione dell’assenza di un contatto diretto tra il consumatore e l’operatore, i giochi d’azzardo accessibili via Internet implicano rischi di natura differente e maggiore importanza rispetto ai mercati tradizionali dei giochi medesimi per quanto attiene ad eventuali frodi commesse dagli operatori nei confronti dei consumatori (sentenza Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, cit., punto 70). 35 La circostanza che un operatore che propone giochi d’azzardo tramite Internet non svolga una politica attiva di vendita nello Stato membro interessato, in particolare perché non ricorre alla pubblicità in tale Stato, non può essere considerata idonea ad infirmare le considerazioni esposte ai due precedenti punti. Tali considerazioni sono unicamente basate sugli effetti della mera accessibilità dei giochi d’azzardo tramite Internet e non sulle conseguenze eventualmente divergenti dell’offerta attiva o passiva delle prestazioni di tale operatore. 36 Ne risulta che la restrizione oggetto della causa principale può essere considerata, tenuto conto delle particolarità connesse all’offerta di giochi d’azzardo su Internet, giustificata dall’obiettivo di lotta contro la frode e la criminalità (sentenza Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, cit., punto 72). 37 Occorre pertanto risolvere la prima questione dichiarando che l’art. 49 CE deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella oggetto della causa principale, che subordina l’organizzazione e la promozione dei giochi d’azzardo ad un regime di esclusività a favore di un unico operatore e che vieta a tutti gli altri operatori, compreso un operatore stabilito in un altro Stato membro, di proporre mediante Internet, sul territorio del primo Stato membro, servizi rientranti nel citato regime. Sulla seconda e sulla terza questione 38 Con la seconda e la terza questione, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, da un lato, se la giurisprudenza sviluppata dalla Corte in tema di interpretazione dell’art. 49 CE – nonché del principio della parità di trattamento e dell’obbligo di trasparenza che ne deriva – nel settore delle concessioni di servizi sia applicabile al procedimento per il rilascio di un’autorizzazione ad un operatore unico nell’ambito dei giochi d’azzardo e, dall’altro lato, se il rinnovo di tale autorizzazione senza ricorso a procedure concorrenziali possa costituire un mezzo adeguato e proporzionato per realizzare obiettivi fondati su motivi imperativi di interesse generale. 39 Allo stato attuale del diritto dell’Unione, i contratti di concessione di servizi non rientrano nell’ambito di applicazione di nessuna delle direttive con cui il legislatore dell’Unione ha disciplinato il settore degli appalti pubblici. Tuttavia, le pubbliche autorità che stipulano siffatti contratti sono tenute a rispettare le regole fondamentali del Trattato CE in generale, tra cui l’art. 49 CE e, in particolare, il principio della parità di trattamento e di non discriminazione in base alla nazionalità nonché l’obbligo di trasparenza che ne deriva (v., in questo senso, sentenze 7 dicembre 2000, causa C‑324/98, Telaustria e Telefonadress, Racc. pag. I‑10745, punti 60‑62; 10 settembre 2009, causa C‑206/08, Eurawasser, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 44, nonché 13 aprile 2010, causa C‑91/08, Wall, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 33). 40 Detto obbligo di trasparenza si applica al caso in cui la concessione di servizi di cui trattasi possa interessare un’impresa avente sede in uno Stato membro diverso da quello in cui tale concessione è attribuita (v., in tal senso, sentenze 21 luglio 2005, causa C‑231/03, Coname, Racc. pag. I‑7287, punto 17, e Wall, cit., punto 34). 41 Senza necessariamente comportare il ricorso ad una gara, detto obbligo di trasparenza impone all’autorità concedente di assicurare, a favore di ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicità che consenta l’apertura delle concessioni di servizi alla concorrenza, nonché il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione (v., in tal senso, sentenze 13 novembre 2008, causa C‑324/07, Coditel Brabant, Racc. pag. I‑8457, punto 25, e Wall, cit., punto 36). 42 Dalla decisione di rinvio e dalla formulazione della seconda questione sottoposta dal giudice nazionale emerge che l’intervento delle autorità pubbliche olandesi volto ad autorizzare taluni operatori economici a fornire prestazioni nel settore del gioco d’azzardo nei Paesi Passi è considerato da tale giudice come il rilascio di un’autorizzazione unica. 43 Come illustrato al punto 10 della presente sentenza, la Wok è fondata su un sistema di autorizzazioni esclusive secondo cui, da un lato, è fatto divieto di organizzare o promuovere giochi d’azzardo, salvo che sia stata rilasciata un’apposita autorizzazione amministrativa, e dall’altro, le autorità nazionali concedono una sola autorizzazione per ciascuno dei giochi di azzardo autorizzati. 44 L’autorizzazione unica rappresenta un intervento delle autorità pubbliche finalizzato a regolamentare l’esercizio di un’attività economica, nella fattispecie l’organizzazione di giochi d’azzardo. 45 Nella decisione che concede l’autorizzazione figurano talune condizioni imposte dalle citate autorità, relative in particolare al numero massimo di scommesse sportive autorizzate per anno, al loro importo, alla distribuzione degli introiti netti ad enti operanti nell’interesse generale e alle entrate proprie dell’operatore in causa, nel senso che quest’ultimo può trattenere unicamente una somma pari alle spese sostenute, senza realizzare alcun profitto. Peraltro, detto operatore è autorizzato a costituire ogni anno una riserva corrispondente al massimo al 2,5% degli introiti ottenuti nell’anno civile precedente, allo scopo di garantire la continuità della sua attività. 46 La circostanza che il rilascio di un’autorizzazione unica non equivalga ad un contratto di concessione di servizi non può, di per sé, giustificare che i requisiti posti dall’art. 49 CE, segnatamente l’osservanza del principio della parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza, siano elusi in sede di rilascio di un’autorizzazione amministrativa come quella oggetto della causa principale. 47 Infatti, come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 154 e 155 delle conclusioni, l’obbligo di trasparenza appare come una previa condizione obbligatoria del diritto di uno Stato membro di attribuire a un operatore il diritto esclusivo di esercitare un’attività economica, quale che sia il modo di selezione di questo operatore. Siffatto obbligo trova applicazione nell’ambito di un regime di autorizzazione concessa ad un operatore unico dalle autorità di uno Stato membro nell’esercizio dei loro poteri di polizia, poiché gli effetti di una siffatta autorizzazione nei confronti delle imprese stabilite in altri Stati membri che fossero potenzialmente interessate dall’esercizio di tale attività sono gli stessi di un contratto di concessione di servizi. 48 Invero, come si evince dalla soluzione fornita alla prima questione, gli Stati membri dispongono di un margine discrezionale sufficiente per definire il livello di tutela voluto in materia di gioco d’azzardo e, di conseguenza, sono liberi di scegliere, come è accaduto nella causa principale, un regime di autorizzazione a favore di un operatore unico. 49 Ciò nondimeno, una disciplina del genere non può legittimare un comportamento discrezionale delle autorità nazionali tale da vanificare le disposizioni del diritto dell’Unione, segnatamente quelle relative ad una libertà fondamentale come quella della prestazione dei servizi. 50 Infatti, per costante giurisprudenza, affinché un regime di previa autorizzazione amministrativa sia giustificato anche quando deroga ad una libertà fondamentale, deve essere fondato su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, così da circoscrivere sufficientemente l’esercizio del potere discrezionale delle autorità nazionali di modo che non se ne abusi (v. sentenze 17 luglio 2008, causa C‑389/05, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑5337, punto 94, e 10 marzo 2009, causa C‑169/07, Hartlauer, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 64). Inoltre, qualsiasi soggetto colpito da una misura restrittiva basata su siffatta deroga deve poter disporre di un rimedio giurisdizionale (v., in questo senso, sentenza 20 febbraio 2001, causa C‑205/99, Analir e a., Racc. pag. I‑1271, punto 38). 51 Il rispetto del principio della parità di trattamento e dell’obbligo di trasparenza che ne deriva implica necessariamente che i criteri obiettivi che consentono di circoscrivere il potere discrezionale delle competenti autorità degli Stati membri siano assoggettati ad adeguata pubblicità. 52 Per quanto concerne il procedimento per la proroga delle autorizzazioni esclusive rilasciate ai sensi della Wok, nelle sue osservazioni scritte il governo dei Paesi Bassi ha precisato che le autorizzazioni sono sempre rilasciate in via temporanea, solitamente per periodi di cinque anni. A suo avviso, tale modus operandi persegue un obiettivo di continuità, comportando date di riferimento determinate che consentono di decidere se sia giustificato un adeguamento delle condizioni per l’autorizzazione. 53 È pacifico che con le decisioni del 10 dicembre 2004 e 21 giugno 2005 il Minister ha rinnovato le autorizzazioni rispettivamente rilasciate a De Lotto, per la durata di cinque anni, e alla SGR, per la durata di tre anni, senza svolgere alcuna procedura concorrenziale. 54 A questo proposito non occorre tracciare una distinzione a seconda che gli effetti di un’autorizzazione unica risultino dal rilascio di questa in violazione dei diritti stabiliti al punto 50 di questa sentenza o dal rinnovo di siffatta autorizzazione alle stesse condizioni. 55 Un procedimento per il rinnovo di un’autorizzazione, come quello oggetto della causa principale, che non rispetta le dette condizioni, impedisce, in linea di principio, che altri operatori possano manifestare interesse per l’esercizio dell’attività cui trattasi. Pertanto, a questi ultimi viene impedito di avvalersi dei diritti che spettano loro in forza del diritto dell’Unione, segnatamente in forza della libera prestazione dei servizi sancita all’art. 49 CE. 56 Il governo dei Paesi Bassi sottolinea che il giudice del rinvio ha constatato come le restrizioni derivanti dal sistema di autorizzazione concessa ad un unico operatore siano giustificate da motivi imperativi di interesse generale e siano adeguate e proporzionate. 57 È d’uopo tuttavia precisare che le valutazioni svolte dal giudice del rinvio e a cui si riferisce il governo dei Paesi Bassi vertono, in generale, su una sistema di autorizzazione esclusiva come quello istituito dalla Wok e non, in particolare, su un procedimento per il rinnovo dell’autorizzazione concessa all’operatore che gode del diritto esclusivo di organizzare e di promuovere giochi d’azzardo. 58 Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 161 delle conclusioni, occorre distinguere gli effetti di un’apertura della concorrenza sul mercato dei giochi di azzardo, la cui natura nociva può giustificare una restrizione dell’attività degli operatori economici, da quelli di un’apertura della concorrenza per l’assegnazione dell’appalto di cui trattasi. Il carattere pregiudizievole dell’instaurazione di concorrenza sul mercato, ossia tra più operatori che sarebbero autorizzati a gestire uno stesso gioco d’azzardo, deriva dal fatto che questi ultimi sarebbero indotti a competere sul piano dell’inventiva per rendere la loro offerta più attraente, con conseguente aumento delle spese dei consumatori legate al gioco nonché dei rischi di dipendenza di questi ultimi. Per contro, siffatte conseguenze non sono da temere nella fase del rilascio dell’autorizzazione. 59 In ogni caso, restrizioni alla libertà fondamentale sancita dell’art. 49 CE specificamente derivanti dalle procedure per il rilascio e il rinnovo di un’autorizzazione a favore di un operatore unico, come quelle oggetto della causa principale, potrebbero essere considerate giustificate qualora lo Stato membro interessato decida di rilasciare o rinnovare l’autorizzazione ad un operatore pubblico la cui gestione è soggetta al controllo diretto dello Stato oppure a un operatore privato sulle cui attività i pubblici poteri sono in grado di esercitare uno stretto controllo (v., in questo senso, sentenze 21 settembre 1999, causa C‑124/97, Läärä e a., Racc. pag. I‑6067, punti 40 e 42, nonché Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, cit., punti 66 e 67) 60 In tali situazioni, il rilascio o il rinnovo a un siffatto operatore di diritti esclusivi per la gestione dei giochi d’azzardo senza previa procedura concorrenziale non risulterebbe sproporzionato alla luce degli obiettivi perseguiti dalla Wok. 61 Spetta al giudice del rinvio verificare se i titolari di autorizzazioni nei Paesi Bassi per l’organizzazione dei giochi d’azzardo soddisfino le condizioni stabilite al punto 59 di questa sentenza. 62 Alla luce delle considerazioni che precedono occorre risolvere la seconda e la terza questione dichiarando che l’art. 49 CE deve essere interpretato nel senso che il principio della parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza che ne deriva sono applicabili alle procedure per il rilascio e il rinnovo di un’autorizzazione a favore di un operatore unico nel settore dei giochi d’azzardo purché non si tratti di un operatore pubblico la cui gestione è soggetta al controllo diretto dello Stato oppure di un operatore privato sulle cui attività i pubblici poteri sono in grado di esercitare uno stretto controllo. Sulle spese 63 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara: 1) L’art. 49 CE deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella oggetto della causa principale, che subordina l’organizzazione e la promozione dei giochi d’azzardo ad un regime di esclusività a favore di un unico operatore e che vieta a tutti gli altri operatori, compreso un operatore stabilito in un altro Stato membro, di proporre mediante Internet, sul territorio del primo Stato membro, servizi rientranti nel citato regime. 2) L’art. 49 CE deve essere interpretato nel senso che il principio della parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza che ne deriva sono applicabili alle procedure per il rilascio e il rinnovo di un’autorizzazione a favore di un operatore unico nel settore dei giochi d’azzardo purché non si tratti di un operatore pubblico la cui gestione è soggetta al controllo diretto dello Stato o di un operatore privato sulle cui attività i pubblici poteri sono in grado di esercitare uno stretto controllo.

C‑258/08) LIBERA PRESTAZIONE DEI SERVIZI - ESERCIZIO DAL GIOCO D'AZZARDO SU INTERNET - NORMATIVA CHE RISERVA L'AUTORIZZAZIONE AD UN UNICO OPERATORE

C‑258/08) LIBERA PRESTAZIONE DEI SERVIZI - ESERCIZIO DAL GIOCO D'AZZARDO SU INTERNET - NORMATIVA CHE RISERVA L'AUTORIZZAZIONE AD UN UNICO OPERATORE
La Corte, sempre sul tema dell’esercizio del gioco d’azzardo, ha affermato che una normativa nazionale che persegue lo scopo di contenere la dipendenza dal gioco d’azzardo nonché di contrastare le frodi, e che effettivamente contribuisce alla realizzazione di questi obiettivi, limita le attività di scommessa in modo coerente e sistematico, sebbene il titolare o i titolari di un’autorizzazione esclusiva siano autorizzati a rendere attraente la loro offerta sul mercato introducendo nuovi giochi d’azzardo e facendo ricorso alla pubblicità. Spetta al giudice del rinvio verificare se la pratica del gioco illegale possa costituire un problema nello Stato membro interessato cui possa porre rimedio un’espansione delle attività autorizzate e regolamentate, e se tale espansione non presenti una portata che la rende inconciliabile con la finalità di contenimento di detta dipendenza. Ai fini dell’applicazione di una normativa di uno Stato membro sui giochi d’azzardo compatibile con l’art. 49 CE, il giudice nazionale non è tenuto tuttavia a verificare, in ogni fattispecie, se il provvedimento d’esecuzione diretto a salvaguardare l’osservanza di tale normativa sia idoneo ad assicurare la realizzazione dello scopo da essa perseguito e sia conforme al principio di proporzionalità, purché tale provvedimento rappresenti un elemento necessario per garantire che detta normativa produca i suoi effetti e non contenga alcuna ulteriore restrizione rispetto a quella risultante dalla normativa stessa.
La Corte ha altresì stabilito che l’art. 49 CE deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella oggetto della causa principale, che subordina l’organizzazione e la promozione dei giochi d’azzardo ad un regime di esclusività a favore di un unico operatore e che vieta a tutti gli altri operatori, compreso un operatore stabilito in un altro Stato membro, di proporre mediante Internet, sul territorio del primo Stato membro, servizi rientranti nel citato regime.

Testo Completo: Sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 3 giugno 2010

Nel procedimento C‑258/08,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi) con decisione 13 giugno 2008, pervenuta in cancelleria il 18 giugno 2008, nella causa

Ladbrokes Betting & Gaming Ltd,

Ladbrokes International Ltd,

contro

Stichting de Nationale Sporttotalisator,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues (relatore), presidente di sezione, dalla sig.ra P. Lindh e dai sigg. A. Rosas, U. Lõhmus e A. Arabadjiev, giudici,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 49 CE.

2 Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia pendente tra la Stichting de Nationale Sporttotalisator, fondazione di diritto olandese (in prosieguo: «De Lotto»), e le società Ladbrokes Betting & Gaming Ltd e Ladbrokes International Ltd, aventi sede nel Regno Unito (in prosieguo: le «società Ladbrokes»), in merito all’eventuale comportamento irregolare di queste ultime sul mercato olandese dei giochi d’azzardo.

Contesto normativo

3 L’art. 1 della legge sui giochi di azzardo (Wet op de kansspelen; in prosieguo: la «Wok») stabilisce quanto segue:

«Fatte salve le disposizioni del titolo Va della presente legge, è fatto divieto di:

a. offrire l’occasione di concorrere per premi o lotti ove l’indicazione dei vincitori sia unicamente frutto del caso, su cui i partecipanti in generale non possano esercitare alcuna influenza preponderante, fatto salvo il rilascio di un’apposita autorizzazione ai sensi della presente legge;

b. promuovere la partecipazione ad un’occasione come quella descritta sub a), senza autorizzazione ai sensi della presente legge, o ad un’occasione analoga offerta al di fuori del Regno dei Paesi Bassi in Europa, oppure detenere a tale scopo documenti destinati alla pubblicazione o alla diffusione (…)».

4 L’art. 16 della Wok è formulato nei seguenti termini:

«1. Il Ministro della Giustizia ed il Ministro della Sanità, del Benessere e della Cultura possono concedere ad un soggetto avente piena personalità giuridica un’autorizzazione per l’organizzazione di scommesse sportive per la durata che essi determinano, al fine di favorire gli interessi di enti operanti nell’interesse generale, in particolare nel settore dello sport e dell’educazione fisica, della cultura, delle opere sociali e della sanità.

2. Gli introiti derivati dall’organizzazione di una scommessa (…) vanno a beneficio degli interessi che la persona giuridica si prefigge di servire mediante l’organizzazione e la gestione delle scommesse sugli eventi sportivi.

3. Almeno il 47,5% degli introiti complessivi dei giochi d’azzardo organizzati a norma di questo titolo e del titolo IVa, calcolati in base ad un anno civile, sono destinati alla distribuzione dei premi (…)».

5 L’art. 21 della Wok così recita:

«1. I ministri menzionati all’art. 16 emanano regole relative all’autorizzazione ad organizzare scommesse sugli eventi sportivi.

2. Le regole riguardano in particolare:

a. la quantità di scommesse da organizzare;

b. le modalità per determinare i risultati e i premi;

c. la gestione e la copertura delle spese connesse con l’organizzazione;

d. la destinazione degli introiti delle scommesse organizzate;

e. lo statuto e il regolamento della persona giuridica;

f. il controllo dell’osservanza della normativa da parte delle autorità;

g. la presentazione e la pubblicazione, da parte della persona giuridica, delle attività e dei risultati finanziari che ne derivano annualmente».

Causa principale e questioni pregiudiziali

6 La normativa olandese relativa ai giochi d’azzardo è fondata su un sistema di autorizzazioni esclusive secondo cui, da un lato, è vietato organizzare o promuovere giochi d’azzardo, a meno che non sia stata a tal fine rilasciata un’autorizzazione amministrativa, e dall’altro, le autorità nazionali concedono una sola autorizzazione per ognuno dei giochi d’azzardo autorizzati.

7 Dal fascicolo della causa principale, così come trasmesso alla Corte dal giudice del rinvio, risulta che nei Paesi Bassi non esiste alcuna possibilità di offrire in modo interattivo giochi d’azzardo mediante Internet.

8 De Lotto è una fondazione di diritto privato non avente scopo di lucro titolare dell’autorizzazione all’organizzazione di scommesse sportive, del lotto e di giochi di cifre. In base al proprio statuto, essa persegue l’obiettivo di procurarsi fondi mediante l’organizzazione di giochi d’azzardo e di ripartire tali fondi tra enti che operano nell’interesse generale, in particolare nel settore dello sport, dell’educazione fisica, del benessere generale, della salute e della cultura.

9 Le società Ladbrokes operano nel settore dell’organizzazione di scommesse sportive e sono note in particolare per le loro attività nell’ambito delle scommesse a quota fissa («bookmaking»). Sul loro sito Internet esse propongono diversi giochi d’azzardo, principalmente collegati allo sport. Forniscono inoltre la possibilità di partecipare alle scommesse che organizzano componendo un numero di telefono gratuito. Dette società non esercitano materialmente alcuna attività nel territorio olandese.

10 De Lotto ha adito il giudice dell’urgenza del Rechtbank Arnhem (Tribunale di Arnhem) lamentando che le società Ladbrokes offrivano ai residenti nei Paesi Bassi, mediante Internet, giochi d’azzardo per i quali non disponevano dell’autorizzazione richiesta dalla Wok e ha chiesto che si ingiungesse a tali società di porre fine a questa attività.

11 Con sentenza 27 gennaio 2003 il giudice dell’urgenza di detto Tribunale ha accolto tale domanda e ha ingiunto alle società Ladbrokes di prendere provvedimenti intesi a bloccare l’accesso al loro sito Internet da parte dei residenti nei Paesi Bassi e di impedire a questi ultimi di partecipare alle scommesse telefonicamente. Tali misure sono state confermate dalle sentenze del Gerechtshof te Arnhem (Corte d’appello di Arnhem) e dello Hoge Raad der Nederlanden (Corte di cassazione) datate, rispettivamente, 2 settembre 2003 e 18 febbraio 2005.

12 Il 21 febbraio 2003 De Lotto ha inoltre citato dinanzi al Rechtbank Arnhem le società Ladbrokes al fine di ottenere la conferma dei provvedimenti vincolanti ordinati dal giudice dell’urgenza a dette società. Con sentenza 31 agosto 2005 tale tribunale ha accolto l’azione presentatagli dalla De Lotto ingiungendo a tali società, a pena di ammenda, di mantenere i provvedimenti di blocco dell’accesso dei residenti nei Paesi Bassi ai giochi d’azzardo via Internet e per telefono. Poiché tale sentenza è stata confermata con sentenza del Gerechtshof te Arnhem 17 ottobre 2006, le società Ladbrokes hanno presentato ricorso in cassazione dinanzi al giudice del rinvio.

13 Considerando necessaria l’interpretazione del diritto dell’Unione per dirimere la controversia sottopostagli, lo Hoge Raad der Nederlanden ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se una politica nazionale sul gioco d’azzardo, restrittiva e volta ad incanalare il desiderio di giocare entro determinati binari, che contribuisce effettivamente a raggiungere gli obiettivi perseguiti dalla normativa nazionale in questione, ovvero il contenimento della dipendenza dal’ gioco e la prevenzione delle frodi, in quanto, grazie all’offerta regolamentata di giochi d’azzardo, le scommesse mantengono dimensioni (molto) più limitate di quanto non sarebbe senza il sistema nazionale di regolazione, soddisfi la condizione formulata nella giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee e, segnatamente, nella sentenza 6 novembre 2003, causa C‑243/01, Gambelli [e a.] (Racc. pag. I‑13031), secondo la quale essa deve limitare le attività di scommessa in modo coerente e sistematico, anche se ai titolari di autorizzazione è consentito rendere attraente la loro offerta di giochi d’azzardo introducendo giochi nuovi, attirando l’attenzione del grande pubblico sulla loro offerta attraverso la pubblicità e distogliendo così (potenziali) giocatori dall’offerta illegale di giochi d’azzardo (v. sentenza 6 marzo 2007, cause riunite C‑338/04, C‑359/04 e C‑360/04, Placanica [e a.], Racc. pag. I‑1891, punto 55, in fine).

2) a) Se il giudice nazionale, ammesso che una normativa nazionale sul regime del gioco d’azzardo sia compatibile con l’art. 49 CE, nella sua applicazione ad un caso concreto, debba sempre esaminare se il provvedimento da adottare, come un ordine di rendere inaccessibile ai residenti dello Stato membro interessato, per mezzo di un software a questo scopo disponibile, un sito Internet che offra loro la partecipazione ai giochi d’azzardo, nelle circostanze concrete della fattispecie, soddisfi come tale e di per sé la condizione di rispondere realmente agli obiettivi addotti a giustificazione della regolamentazione nazionale e se la restrizione alla libera prestazione dei servizi, derivante da siffatta normativa e dalla sua applicazione, non sia sproporzionata, avendo riguardo agli obiettivi stessi.

b) Se la soluzione da dare alla seconda questione, sub a), sia diversa qualora il provvedimento da adottare non venga chiesto e imposto dalle autorità nazionali per garantire l’osservanza della normativa nazionale, bensì nell’ambito di un procedimento civile in cui un organizzatore di giochi d’azzardo, titolare dell’autorizzazione richiesta, chiede l’adozione del provvedimento sulla base di una violazione del diritto civile a suo danno, consistente nel fatto che la controparte viola la normativa nazionale in questione ottenendo in tal modo un vantaggio sleale nei confronti della parte che opera con l’autorizzazione richiesta.

3) Se l’art. 49 CE debba essere interpretato nel senso che dalla sua applicazione consegue che le autorità competenti di uno Stato membro non possono vietare, in forza del sistema chiuso di autorizzazione vigente nello Stato stesso per l’offerta di servizi aventi ad oggetto giochi d’azzardo, che un offerente di servizi a cui sia stata già rilasciata un’autorizzazione in un altro Stato membro per la prestazione di quei servizi tramite Internet offra siffatti servizi tramite Internet anche nel primo Stato membro».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

14 Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se si possa considerare che una normativa nazionale, come quella oggetto della causa principale, che persegue lo scopo di contenere la dipendenza dal gioco d’azzardo nonché di contrastare le frodi, e che effettivamente contribuisce alla realizzazione di questi obiettivi, limiti le attività di scommessa in modo coerente e sistematico, sebbene il titolare o i titolari di un’autorizzazione esclusiva siano autorizzati a rendere attraente la loro offerta sul mercato introducendo nuovi giochi d’azzardo e facendo ricorso alla pubblicità.

15 L’art. 49 CE impone l’eliminazione di qualsiasi restrizione alla libera prestazione dei servizi, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, quando sia tale da vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisce legittimamente servizi analoghi. Della libertà di prestazione dei servizi beneficia tanto il prestatore quanto il destinatario dei servizi (sentenza 8 settembre 2009, causa C‑42/07, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 51 e giurisprudenza citata).

16 È pacifico che una normativa di uno Stato membro che subordina l’organizzazione e la promozione dei giochi d’azzardo ad un regime di esclusività a favore di un unico operatore e che vieta a tutti gli altri operatori, compreso un operatore stabilito in un altro Stato membro, di proporre mediante Internet, sul territorio del primo Stato membro, servizi rientranti nel citato regime costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi garantita dall’art. 49 CE (sentenza Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, cit., punto 52, e sentenza in data odierna, causa C‑203/08, Sporting Exchange, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 24).

17 Occorre tuttavia esaminare se siffatta restrizione possa essere ammessa come una delle misure derogatorie espressamente previste dagli artt. 45 CE e 46 CE, applicabili in materia a norma dell’art. 55 CE, ovvero possa essere giustificata, conformemente alla giurisprudenza della Corte, da motivi imperativi di interesse generale (v., in questo senso, sentenza Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, cit., punto 55).

18 L’art. 46, n. 1, CE ammette restrizioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. La giurisprudenza della Corte ha inoltre individuato un certo numero di motivi imperativi di interesse generale anch’essi idonei a giustificare tali restrizioni, quali in particolare gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione della frode e dell’incitazione dei cittadini ad una spesa eccessiva collegata al gioco nonché di prevenzione di turbative all’ordine sociale in generale (sentenza Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, cit., punto 56).

19 In tale contesto, le particolarità di ordine morale, religioso o culturale, nonché le conseguenze moralmente e finanziariamente dannose per l’individuo e la società che sono collegate ai giochi d’azzardo e alle scommesse, possono giustificare che le autorità nazionali dispongano di un potere discrezionale sufficiente a determinare le esigenze di tutela del consumatore e dell’ordine sociale (citate sentenze Gambelli e a., punto 63, nonché Placanica e a., punto 47).

20 Gli Stati membri sono liberi di fissare, secondo la loro scala di valori, gli obiettivi della loro politica in materia di giochi d’azzardo e, eventualmente, di definire con precisione il livello di protezione perseguito. Le restrizioni che essi impongono devono tuttavia soddisfare le condizioni che risultano dalla giurisprudenza della Corte, segnatamente per quanto riguarda la loro proporzionalità (v., in questo senso, citate sentenze Placanica e a., punto 48, nonché Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, punto 59).

21 In particolare, le restrizioni fondate sui motivi enunciati al punto 18 di questa sentenza devono essere idonee a garantire la realizzazione dei detti obiettivi, nel senso che tali restrizioni devono contribuire a limitare le attività di scommessa in modo coerente e sistematico (v., in questo senso, sentenza Gambelli e a., cit., punto 67).

22 Secondo la giurisprudenza della Corte, spetta al giudice del rinvio verificare se le normative nazionali rispondano realmente agli obiettivi idonei a giustificarle e se le restrizioni che esse impongono non appaiano sproporzionate rispetto a tali obiettivi (citate sentenze Gambelli e a., punto 75, e Placanica e a., punto 58).

23 In questa fattispecie, dai termini della prima questione sottoposta dal giudice del rinvio si evince che quest’ultimo individua chiaramente gli obiettivi perseguiti dalla Wok, ossia la tutela dei consumatori mediante il contenimento della dipendenza dal gioco d’azzardo, nonché la lotta alle frodi, e che esso considera che la normativa nazionale oggetto della causa principale effettivamente persegua detti obiettivi e non si spinga oltre quanto necessario per conseguirli.

24 Tuttavia, detto giudice nutre dubbi in merito alla coerenza e alla sistematicità della normativa nazionale, considerato che quest’ultima persegue gli obiettivi indicati al punto precedente consentendo al contempo agli operatori economici che detengono nei Paesi Bassi un’autorizzazione esclusiva ad organizzare giochi d’azzardo, tra cui figura De Lotto, di proporre nuovi giochi e di avvalersi di messaggi pubblicitari per rendere attraente la loro offerta sul mercato.

25 Come la Corte ha già dichiarato, una politica di espansione controllata del settore dei giochi d’azzardo può essere del tutto coerente con l’obiettivo mirante ad attirare giocatori che praticano attività di giochi e di scommesse clandestini, vietati in quanto tali, verso attività autorizzate e regolamentate. Al fine di raggiungere questo obiettivo, gli operatori autorizzati devono costituire un’alternativa affidabile, ma al tempo stesso attraente, ad un’attività vietata, il che può di per sé comportare l’offerta di una vasta gamma di giochi, una pubblicità di una certa portata e il ricorso a nuove tecniche di distribuzione (sentenza Placanica e a., cit., punto 55).

26 Anche se la motivazione della citata sentenza Placanica e a. fa unicamente riferimento all’obiettivo della prevenzione della criminalità nel settore dei giochi d’azzardo, mentre, nella causa principale, la normativa olandese riguarda anche il contenimento della dipendenza dal gioco, resta il fatto che questi due obiettivi devono essere considerati congiuntamente, in quanto sono entrambi collegati alla tutela dei consumatori e dell’ordine sociale (v., in questo senso, sentenze 24 marzo 1994, causa C‑275/92, Schindler, Racc. pag. I‑1039, punto 58; 21 settembre 1999, causa C‑124/97, Läärä e a., Racc. pag. I‑6067, punto 33, nonché 21 ottobre 1999, causa C‑67/98, Zenatti, Racc. pag. I‑7289, punto 31).

27 È compito del giudice del rinvio valutare se, considerate le circostanze della controversia sottopostagli, la normativa nazionale oggetto della causa principale, permettendo ai titolari di un’autorizzazione esclusiva di proporre nuovi giochi e di fare pubblicità, possa essere considerata rientrante nell’ambito di una politica di espansione controllata nel settore dei giochi d’azzardo, effettivamente diretta ad incanalare la voglia di giocare entro circuiti legali.

28 Se dovesse risultare che il Regno dei Paesi Bassi pratica una politica di forte espansione dei giochi d’azzardo, incitando ed incoraggiando eccessivamente i consumatori a partecipare a tali giochi, allo scopo principale di procurarsi risorse finanziarie e che, per questo motivo, il finanziamento di attività con finalità sociale mediante un prelievo sugli introiti provenienti dai giochi di azzardo autorizzati non costituisce tanto una positiva conseguenza accessoria, bensì piuttosto la reale giustificazione della politica restrittiva attuata da tale Stato membro, occorrerebbe allora concludere che tale politica non limita in modo coerente e sistematico le attività del gioco d’azzardo e, pertanto, non è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo di contenere la dipendenza dei consumatori da tali giochi.

29 Nel contesto di questa valutazione, il giudice del rinvio deve in particolare verificare se la pratica del gioco illegale possa costituire un problema nei Paesi Bassi e se l’espansione delle attività autorizzate e regolamentate possa porre rimedio a siffatto problema.

30 Posto che, infatti, l’obiettivo della tutela dei consumatori nei confronti della dipendenza dal gioco è, in linea di principio, difficilmente compatibile con una politica di espansione dei giochi d’azzardo, caratterizzata in particolare dalla creazione di nuovi giochi e dalla pubblicità fatta a questi ultimi, siffatta politica può essere considerata coerente solo se le attività illegali presentano una dimensione considerevole ed i provvedimenti adottati sono diretti ad incanalare la voglia di giocare dei consumatori entro circuiti legali.

31 La circostanza che la richiesta di giochi d’azzardo nei Paesi Bassi abbia conosciuto un sensibile aumento, soprattutto per quanto riguarda l’offerta clandestina, ammesso che sia dimostrata come indicato da De Lotto in udienza, dev’essere presa in considerazione.

32 La normativa nazionale di cui alla causa principale non è intesa unicamente a combattere le frodi e la criminalità nel settore dei giochi d’azzardo, bensì anche a garantire la tutela dei consumatori. Pertanto, è necessario trovare un giusto equilibrio tra l’esigenza di un’espansione controllata dei giochi d’azzardo autorizzati allo scopo di rendere l’offerta di tali giochi appetibile al pubblico e la necessità di ridurre il più possibile la dipendenza dei consumatori da tali giochi.

33 Taluni elementi contenuti nel fascicolo presentato alla Corte potrebbero risultare utili ai fini di questa valutazione.

34 La decisione del 2004 che attribuisce a De Lotto l’autorizzazione esclusiva ad organizzare scommesse sportive recita che «tale fondazione controlla che le attività di ricerca di clienti e di pubblicità presentino un contenuto prudente ed equilibrato e si adopera in particolare per lottare contro la partecipazione eccessiva ai giochi d’azzardo organizzati in forza di questa decisione».

35 Inoltre, con lettera del 23 giugno 2004, il Ministro della Giustizia dei Paesi Bassi ha chiesto ai titolari di autorizzazioni «di limitare fortemente la quantità di messaggi pubblicitari e di fornire una forma ed un contenuto a tale politica restrittiva in materia di pubblicità, elaborando un codice di comportamento relativo alla pubblicità per gli operatori di giochi d’azzardo applicabile all’insieme di tali operatori. Detto codice è entrato in vigore nei Paesi Bassi il 15 febbraio 2006.

36 Tali elementi sarebbero idonei a dimostrare l’esistenza della volontà delle autorità nazionali di circoscrivere entro stretti limiti l’espansione dei giochi d’azzardo nei Paesi Bassi.

37 Tuttavia, il giudice del rinvio deve verificare se dall’evoluzione del mercato dei giochi d’azzardo nei Paesi Bassi risulti che esiste un effettivo controllo delle autorità dello Stato membro sull’espansione dei giochi azzardo, a livello sia dell’entità della pubblicità effettuata dai titolari di un’autorizzazione esclusiva sia della creazione, da parte loro, di nuovi giochi, e, di conseguenza, esso deve conciliare adeguatamente la simultanea realizzazione degli obiettivi perseguiti dalla normativa nazionale.

38 Alla luce delle considerazioni che precedono occorre risolvere la prima questione dichiarando che si può considerare che una normativa nazionale, come quella oggetto della causa principale, che persegue lo scopo di contenere la dipendenza dal gioco d’azzardo nonché di contrastare le frodi, e che effettivamente contribuisce alla realizzazione di questi obiettivi, limita le attività di scommessa in modo coerente e sistematico, sebbene il titolare o i titolari di un’autorizzazione esclusiva siano autorizzati a rendere attraente la loro offerta sul mercato introducendo nuovi giochi d’azzardo e facendo ricorso alla pubblicità. Spetta al giudice del rinvio verificare se la pratica del gioco illegale possa costituire un problema nello Stato membro interessato cui possa porre rimedio un’espansione delle attività autorizzate e regolamentate, e se tale espansione non presenti una portata che la rende inconciliabile con la finalità di contenimento di detta dipendenza.

Sulla seconda questione

39 Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se, ai fini dell’applicazione di una normativa di uno Stato membro sui giochi d’azzardo compatibile con l’art. 49 CE, il giudice nazionale sia tenuto a verificare, in ogni fattispecie, se il provvedimento d’esecuzione diretto a salvaguardare l’osservanza di tale normativa sia idoneo a garantire la realizzazione dello scopo da essa perseguito e sia conforme al principio di proporzionalità. Detto giudice chiede inoltre se tale questione richieda una soluzione diversa qualora il provvedimento da adottare non sia richiesto dalle autorità pubbliche, bensì da un privato nel contesto di un procedimento civile.

40 Come ricordato al punto 22 di questa sentenza, è compito dei giudici nazionali verificare se le normative degli Stati membri che limitano una libertà fondamentale sancita dal Trattato siano idonee a garantire la realizzazione degli obiettivi di interesse generale che possono giustificarle e se le restrizioni che esse impongono non risultino sproporzionate rispetto a tali obiettivi.

41 La formulazione della seconda questione è fondata sulla premessa che la normativa olandese in materia di giochi d’azzardo sia compatibile con l’art. 49 CE.

42 Nella causa principale, la restrizione della libera prestazione dei servizi garantita dall’art. 49 CE trova origine direttamente nelle disposizioni della Wok, in quanto quest’ultima assoggetta l’organizzazione e la promozione dei giochi d’azzardo ad un regime di esclusività a favore di un unico operatore e vieta a qualsiasi altro operatore, compreso un operatore stabilito in un altro Stato membro, di proporre, mediante Internet, nel territorio dello Stato membro in questione, servizi rientranti nel citato regime.

43 Un provvedimento d’esecuzione della normativa nazionale oggetto della causa principale, quale l’ingiunzione rivolta dal giudice dell’urgenza alle società Ladbrokes di bloccare l’accesso al loro sito su Internet ai residenti nei Paesi Bassi e di eliminare la possibilità che essi partecipino alle scommesse telefonicamente, costituisce un elemento indispensabile per la tutela che detto Stato membro intende garantire nel suo territorio in materia di giochi d’azzardo e non può pertanto essere considerato un’ulteriore restrizione rispetto a quella direttamente risultante dalle disposizioni della Wok.

44 Tale provvedimento di esecuzione, infatti, si limita a garantire che la normativa olandese sui giochi d’azzardo produca i suoi effetti. In mancanza di un provvedimento di questo genere, il divieto previsto dalla Wok non avrebbe alcuna efficacia, in quanto operatori economici non autorizzati dalle autorità nazionali potrebbero offrire giochi d’azzardo sul mercato olandese.

45 Dato che il provvedimento di esecuzione disposto dal giudice nazionale, di per sé, non genera ulteriori restrizioni sul mercato, l’esame della sua conformità al diritto dell’Unione è strettamente collegato a quello che è stato svolto dal giudice nazionale per quanto riguarda la compatibilità della Wok con l’art. 49 CE.

46 Di conseguenza, contrariamente a quanto sostengono le società Ladbrokes, non è più necessario verificare se il provvedimento d’esecuzione sia realmente giustificato da un motivo imperativo di interesse generale, se sia idoneo a realizzare la finalità di limitazione della dipendenza dal gioco e a combattere la frode, né se ecceda quanto necessario per conseguire detti obiettivi.

47 Peraltro, la circostanza che tale provvedimento di esecuzione sia stato adottato in seguito ad un intervento delle pubbliche autorità volto a garantire l’osservanza della normativa nazionale oppure in seguito ad un’istanza di un privato nel contesto di un procedimento civile per la tutela dei suoi diritti derivanti da detta normativa è irrilevante ai fini della soluzione della controversia sottoposta al giudice del rinvio.

48 L’oggetto di questa controversia verte infatti sull’applicazione dell’art. 49 CE, le cui disposizioni attribuiscono ai soggetti dell’ordinamento determinati diritti che si possono invocare in giudizio e che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare (v. sentenze 3 dicembre 1974, causa 33/74, van Binsbergen, Racc. pag. 1299, punto 27, e 11 giugno 2007, causa C‑208/05, ITC, Racc. pag. I‑181, punto 67).

49 I giudici nazionali, a prescindere dalle modalità procedurali con cui sono aditi, devono adottare tutti i provvedimenti necessari per garantire, in uno Stato membro e in situazioni rientranti nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione, l’esercizio del diritto alla libera prestazione dei servizi da parte degli operatori economici.

50 Dalle suesposte osservazioni risulta che la seconda questione deve essere risolta nel senso che, ai fini dell’applicazione di una normativa di uno Stato membro sui giochi d’azzardo compatibile con l’art. 49 CE, il giudice nazionale non è tenuto a verificare, in ogni fattispecie, se il provvedimento d’esecuzione diretto a salvaguardare l’osservanza di tale normativa sia idoneo ad assicurare la realizzazione dello scopo da essa perseguito e sia conforme al principio di proporzionalità, purché tale provvedimento rappresenti un elemento necessario per garantire che detta normativa produca i suoi effetti e non contenga alcuna ulteriore restrizione rispetto a quella risultante dalla normativa stessa. Per la soluzione della controversia sottoposta al giudice del rinvio è irrilevante che tale provvedimento di esecuzione sia stato adottato in seguito ad un intervento delle pubbliche autorità volto a garantire l’osservanza della normativa nazionale oppure in seguito ad un’istanza di un privato nel contesto di un procedimento civile per la tutela dei suoi diritti derivanti dalla medesima normativa.

Sulla terza questione

51 Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 49 CE debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella oggetto della causa principale, che subordina l’organizzazione e la promozione dei giochi d’azzardo ad un regime di esclusività a favore di un unico operatore e che vieta a tutti gli altri operatori, compreso un operatore stabilito in un altro Stato membro, di proporre mediante Internet, sul territorio del primo Stato membro, servizi rientranti nel citato regime.

52 Tale questione rientra nel medesimo contesto giuridico della prima questione sottoposta nella causa che ha originato la citata sentenza Sporting Exchange ed è identica a quest’ultima questione.

53 Le società Ladbrokes fanno valere di essere titolari di un’autorizzazione rilasciata dalle autorità del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord che consente loro di proporre scommesse sportive e altri giochi d’azzardo mediante Internet nonché per telefono e di essere assoggettate, in tale Stato membro, ad una normativa molto rigorosa diretta a prevenire le frodi e la dipendenza dal gioco d’azzardo. Affermano inoltre che uno Stato membro, quando impone restrizioni vertenti sull’organizzazione di tali giochi, deve tener conto della circostanza che l’interesse pubblico che giustifica tale restrizione è già tutelato dalle norme stabilite dallo Stato membro in cui il prestatore di servizi dispone di un’autorizzazione alla gestione di siffatti giochi. I controlli e le garanzie non dovrebbero intervenire a due riprese.

54 Si deve rilevare, in proposito, che il settore dei giochi d’azzardo offerti tramite Internet non costituisce oggetto di un’armonizzazione nell’Unione europea. Uno Stato membro può quindi legittimamente ritenere che il solo fatto che un operatore, come le società Ladbrokes, offra conformemente alla legge servizi rientranti in tale settore tramite Internet in un altro Stato membro, in cui sia stabilito e in cui sia già soggetto, in linea di principio, a determinati requisiti di legge ed al controllo da parte delle competenti autorità di quest’ultimo Stato, non rappresenti una garanzia sufficiente di protezione dei consumatori nazionali contro i rischi di frode e di criminalità, alla luce delle difficoltà che, in un siffatto contesto, le autorità dello Stato membro di stabilimento possono incontrare nella valutazione delle caratteristiche qualitative e della correttezza professionale degli operatori (v., in questo senso, sentenza Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, cit., punto 69).

55 Inoltre, in considerazione dell’assenza di un contatto diretto tra il consumatore e l’operatore, i giochi d’azzardo accessibili via Internet implicano rischi di natura differente e maggiore importanza rispetto ai mercati tradizionali dei giochi medesimi per quanto attiene ad eventuali frodi commesse dagli operatori nei confronti dei consumatori (sentenza Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, cit., punto 70).

56 La circostanza che un operatore che propone giochi d’azzardo tramite Internet non svolga una politica attiva di vendita nello Stato membro interessato, in particolare perché non ricorre alla pubblicità in tale Stato, non può essere considerata idonea ad infirmare le considerazioni esposte ai due precedenti punti. Tali considerazioni sono unicamente basate sugli effetti della mera accessibilità dei giochi d’azzardo tramite Internet e non sulle conseguenze eventualmente divergenti dell’offerta attiva o passiva delle prestazioni di tale operatore.

57 Ne risulta che la restrizione oggetto della causa principale può essere considerata, tenuto conto delle particolarità connesse all’offerta di giochi d’azzardo su Internet, giustificata dall’obiettivo di lotta contro la frode e la criminalità (v., in questo senso, sentenza Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, cit., punto 72).

58 Occorre pertanto risolvere la terza questione dichiarando che l’art. 49 CE deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella oggetto della causa principale, che subordina l’organizzazione e la promozione dei giochi d’azzardo ad un regime di esclusività a favore di un unico operatore e che vieta a tutti gli altri operatori, compreso un operatore stabilito in un altro Stato membro, di proporre mediante Internet, sul territorio del primo Stato membro, servizi rientranti nel citato regime.

Sulle spese

59 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

1) Si può considerare che una normativa nazionale, come quella oggetto della causa principale, che persegue lo scopo di contenere la dipendenza dal gioco d’azzardo nonché di contrastare le frodi, e che effettivamente contribuisce alla realizzazione di questi obiettivi, limita le attività di scommessa in modo coerente e sistematico, sebbene il titolare o i titolari di un’autorizzazione esclusiva siano autorizzati a rendere attraente la loro offerta sul mercato introducendo nuovi giochi d’azzardo e facendo ricorso alla pubblicità. Spetta al giudice del rinvio verificare se la pratica del gioco illegale possa costituire un problema nello Stato membro interessato cui possa porre rimedio un’espansione delle attività autorizzate e regolamentate, e se tale espansione non presenti una portata che la rende inconciliabile con la finalità di contenimento di detta dipendenza.

2) Ai fini dell’applicazione di una normativa di uno Stato membro sui giochi d’azzardo compatibile con l’art. 49 CE, il giudice nazionale non è tenuto a verificare, in ogni fattispecie, se il provvedimento d’esecuzione diretto a salvaguardare l’osservanza di tale normativa sia idoneo ad assicurare la realizzazione dello scopo da essa perseguito e sia conforme al principio di proporzionalità, purché tale provvedimento rappresenti un elemento necessario per garantire che detta normativa produca i suoi effetti e non contenga alcuna ulteriore restrizione rispetto a quella risultante dalla normativa stessa. Per la soluzione della controversia sottoposta al giudice del rinvio è irrilevante che tale provvedimento di esecuzione sia stato adottato in seguito ad un intervento delle pubbliche autorità volto a garantire l’osservanza della normativa nazionale oppure in seguito ad un’istanza di un privato nel contesto di un procedimento civile per la tutela dei suoi diritti derivanti dalla medesima normativa.

3) L’art. 49 CE deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella oggetto della causa principale, che subordina l’organizzazione e la promozione dei giochi d’azzardo ad un regime di esclusività a favore di un unico operatore e che vieta a tutti gli altri operatori, compreso un operatore stabilito in un altro Stato membro, di proporre mediante Internet, sul territorio del primo Stato membro, servizi rientranti nel citato regime.

martedì 8 giugno 2010

A parere dell’avvocato generale Verica Trstenjak il compenso per copie private può gravare solo su apparecchi, dispositivi e materiali di riproduzione

A parere dell’avvocato generale Verica Trstenjak il compenso per copie private può gravare solo su apparecchi, dispositivi e materiali di riproduzione digitale presumibilmente utilizzati ai fini della realizzazione di copie private
Un siffatto compenso a favore di autori, artisti e produttori non può essere applicato indistintamente ad imprese e professionisti i quali utilizzano evidentemente gli apparecchi e i supporti di riproduzione digitale per finalità diverse

Ai sensi della direttiva sul diritto d’autore e i diritti connessi della società dell’informazione1, il diritto di riproduzione di materiale sonoro, visivo e audiovisivo spetta ai relativi artisti interpreti o esecutori e produttori. La direttiva permette tuttavia agli Stati membri di consentire la realizzazione di copie private, a condizione che i titolari dei relativi diritti ricevano un “equo compenso”. Tale equo compenso è volto a garantire ai titolari dei diritti un adeguato indennizzo per l’uso delle loro opere o altri materiali protetti.
La Spagna ha optato per un sistema che consente la riproduzione, a fini privati, di opere già diffuse, senza l’autorizzazione del titolare dei relativi diritti. A tal fine è stato previsto un compenso forfettario per il titolare dei diritti, mediante un prelievo per copie private gravante indistintamente su apparecchi, dispositivi e materiali di riproduzione digitale. Tale prelievo dev’essere versato dal produttore, importatore o commerciante alle società di gestione dei diritti di proprietà intellettuale.
La SGAE è una società spagnola di gestione dei diritti di proprietà intellettuale. Essa pretende dalla società PADAWAN, che commercializza, inter alia, supporti di riproduzione digitale sotto forma di CD R, CD RW, DVD R e apparecchi MP3, il versamento di un compenso forfettario per copie private in ragione di 16 759,25 euro per i supporti di riproduzione che la PADAWAN ha commercializzato nel periodo compreso tra il settembre del 2002 ed il settembre del 2004. La Audiencia Provincial de Barcelona, dinanzi alla quale la relativa controversia pende in secondo grado, si chiede se il sistema di prelievo spagnolo sia compatibile con la direttiva e chiede, pertanto, alla Corte come debba essere configurato l’”equo compenso” previsto dalla direttiva. Secondo il detto giudice del rinvio, dalla soluzione fornita dalla Corte dipende l’accoglimento del diritto della SGAE al percepimento di un prelievo per tutti i supporti di riproduzione venduti dalla PADAWAN ovvero limitatamente a quelli presumibilmente utilizzati ai fini della realizzazione di copie private.
A parere dell’avvocato generale Trstenjak, la nozione di “equo compenso” di cui alla direttiva costituisce sì una nozione autonoma del diritto comunitario che dev’essere interpretata in modo uniforme in tutti gli Stati membri ed attuata da ciascuno Stato membro. Tuttavia, ogni Stato membro determina, nel proprio territorio, i criteri più pertinenti per garantire, entro i limiti imposti dal diritto comunitario, ed in particolare dalla direttiva, l’osservanza di tale nozione comunitaria.
In tal senso, la direttiva riconosce agli Stati membri un’ampia discrezionalità nell’impostazione dei rispettivi sistemi nazionali di attuazione dell’equo compenso. Gli Stati membri sono tuttavia tenuti, a prescindere dal sistema applicato per la determinazione dell’equo compenso, ad assicurare un giusto equilibrio tra le parti – da un lato, i titolari dei diritti di proprietà intellettuali colpiti dalla deroga per le copie private, in qualità di creditori del compenso e, dall’altro, i soggetti direttamente o indirettamente obbligati al pagamento. La nozione di “equo compenso” deve intendersi quale prestazione nei confronti del titolare dei diritti che costituisce, tenuto conto di tutte le caratteristiche delle copie private lecite, l’adeguata remunerazione per l’utilizzazione della sua opera o di altri materiali protetti.
L’avvocato generale Trstenjak ritiene che tra l’esercizio del diritto e la corrispondente compensazione economica per le copie private debba sussistere una correlazione sufficientemente stretta. Qualora lo Stato membro opti, come nella specie la Spagna, per un sistema di compensazione sotto forma di prelievo per copie private gravante su apparecchi, dispositivi e materiali di riproduzione digitale, tale prelievo può considerarsi quale sistema di compensazione per copie private conforme con la direttiva solamente qualora i relativi apparecchi, dispositivi e materiali di riproduzione siano presumibilmente utilizzati ai fini della realizzazione di copie private. La remunerazione riconosciuta ai titolari dei diritti in conseguenza di un’indiscriminata applicazione del prelievo ad imprese e professionisti i quali, alla luce della comune esperienza, acquistano gli apparecchi e i dispositivi di riproduzione digitale per motivi diversi dalla realizzazione di copie private, non costituisce un “equo compenso” ai sensi della direttiva.

1 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione (GU L 167, pag. 10).

I limiti demografici e geografici fissati dalla normativa delle Asturie per l’apertura di nuove farmacie costituiscono una restrizione alla libertà di

I limiti demografici e geografici fissati dalla normativa delle Asturie per l’apertura di nuove farmacie costituiscono una restrizione alla libertà di stabilimento
Essi sono peraltro compatibili con il diritto dell’Unione, a condizione che possano essere strutturati in modo da non impedire, nelle zone con caratteristiche demografiche particolari, l’apertura di un numero sufficiente di farmacie che possa assicurare un servizio farmaceutico adeguato
La normativa nazionale spagnola subordina l’apertura di una nuova farmacia al rilascio di una previa autorizzazione amministrativa. Questa normativa viene attuata dalle comunità autonome che fissano criteri precisi per l'autorizzazione stessa.
Nel 2002, la Comunità autonoma delle Asturie (Spagna) ha bandito una gara per il rilascio di licenze per l’apertura di nuove farmacie, basandosi sul decreto delle Asturie che disciplina le farmacie ed i servizi farmaceutici. Tale decreto istituisce un sistema di autorizzazione che limita il numero delle farmacie di una certa zona in funzione della popolazione della stessa (può essere aperta, in via di principio, una sola farmacia ogni 2 800 abitanti e un’ulteriore farmacia può essere aperta solo quando tale soglia è superata, comunque per moduli superiori a 2 000 abitanti). Il sistema vieta inoltre l’apertura di una farmacia a meno di 250 metri da un’altra. Infine, il decreto fissa i criteri che consentono di operare una scelta tra farmacisti concorrenti, attribuendo punti in funzione dell’esperienza professionale e didattica dei candidati.
José Manuel Blanco Pérez e María del Pilar Chao Gómez, entrambi farmacisti laureati, intendono aprire una nuova farmacia nelle Asturie, senza tuttavia essere assoggettati al regime di pianificazione territoriale derivante dal decreto delle Asturie. Di conseguenza, essi hanno presentato un ricorso contro il bando della gara indetta dalle Asturie e contro il decreto.
Nutrendo dubbi sulla compatibilità del decreto delle Asturie con il principio della libertà di stabilimento sancito nel Trattato UE, il Tribunal Superior de Justicia de Asturias (Spagna), cui è stata sottoposta la controversia, si è rivolto alla Corte di giustizia.
Le condizioni attinenti alla densità demografica e alla distanza minima tra le farmacie
Nella sua sentenza odierna, la Corte ritiene che le condizioni attinenti alla densità demografica e alla distanza minima tra le farmacie fissate dal decreto delle Asturie (ossia, un numero minimo di 2 800 o 2 000 abitanti per farmacia e una distanza minima di 250 metri tra le farmacie) costituiscano una restrizione alla libertà di stabilimento. Tuttavia, la Corte ricorda che siffatte misure possono essere giustificate, purché soddisfino quattro condizioni: esse devono trovare applicazione in maniera non discriminatoria, devono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale, devono essere atte a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non devono andare oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso.
Innanzitutto, la Corte constata che le condizioni attinenti alla denstà demografica e alla distanza minima tra le farmacie nella regione si applicano senza discriminazione relativa alla cittadinanza.
Inoltre, la Corte ritiene che l’obiettivo delle restrizioni demografiche e geografiche fissate dal decreto delle Asturie miri ad assicurare alla popolazione una fornitura di medicinali sicura e di qualità. Pertanto, questo obiettivo costituisce un motivo imperativo di interesse generale, che può giustificare una normativa quale quella di cui trattasi nella causa.
Per la Corte la normativa delle Asturie è idonea a garantire tale obiettivo. Infatti, non si può escludere che, in assenza di qualsiasi regolamentazione, i farmacisti si concentrino nelle località reputate attraenti, di modo che talune altre località meno attraenti si ritroverebbero un numero di farmacisti insufficiente per assicurare un servizio farmaceutico sicuro e di qualità.
La Corte esamina peraltro la coerenza della normativa delle Asturie con l’obiettivo di garantire alla popolazione un approvvigionamento di medicinali sicuro e di qualità. A tal riguardo, essa rileva che l’applicazione uniforme delle regole di base (2 800 abitanti e 250 metri tra farmacie) fissate dal decreto delle Asturie rischia di non assicurare un accesso adeguato al servizio farmaceutico in zone che presentano talune particolarità demografiche. Infatti, in primo luogo, se la condizione del numero minimo di 2 800 abitanti fosse immancabilmente applicata, in talune zone rurali la cui popolazione è generalmente disseminata e meno numerosa, taluni abitanti si troverebbero al di fuori della portata locale ragionevole di una farmacia e sarebbero così privati di un accesso adeguato al servizio farmaceutico. In secondo luogo, in talune zone a forte concentrazione demografica, l’applicazione restrittiva della condizione della distanza minima di 250 metri tra le farmacie rischierebbe di condurre ad una situazione in cui il perimetro previsto per una sola farmacia includerebbe più di 2 800 abitanti.
La Corte ricorda che il decreto delle Asturie dà esecuzione alla normativa nazionale e rileva che quest’ultima prevede talune misure di adeguamento che consentono di attenuare le conseguenze di applicazione della regola di base di 2 800 abitanti. Infatti, secondo la normativa nazionale, le comunità autonome possono stabilire moduli di popolazione inferiori a 2 800 abitanti per farmacia per le zone in cui, a causa delle loro caratteristiche, l’applicazione dei criteri generali non consente di rendere una farmacia situata in una tale zona particolare più accessibile al segmento della popolazione che vive nei dintorni. Inoltre, secondo la detta normativa nazionale, le comunità autonome possono autorizzare, in funzione della concentrazione della popolazione, una distanza tra le farmacie inferiore a 250 metri e aumentare in tal modo il numero di farmacie disponibili nelle zone ad altissima densità demografica. La Corte ritiene che spetti al giudice nazionale verificare se le autorità competenti facciano uso della facoltà concessa dalla normativa nazionale in ogni zona geografica con particolari caratteristiche demografiche.
Infine, la Corte ritiene che la normativa delle Asturie non ecceda quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito di assicurare un approvvigionamento in medicinali della popolazione sicuro e di qualità.
Di conseguenza, la Corte conclude che le condizioni attinenti alla densità demografica e alla distanza minima tra le farmacie stabilite dal decreto delle Asturie non si oppongono alla libertà di stabilimento, fintantoché le regole di base di 2 800 abitanti o di 250 metri non impediscono, in ogni zona geografica con caratteristiche demografiche particolari, l’apertura di un numero di farmacie sufficiente per assicurare un servizio farmaceutico adeguato, cosa che spetta al giudice nazionale verificare.
I criteri di selezione di titolari di nuove farmacie fissati con il decreto delle Asturie
In via preliminare, la Corte ricorda che la libertà di stabilimento richiede che i criteri applicabili nell’ambito di un regime di autorizzazione amministrativa non siano discriminatori. Su tale punto, la Corte rileva che, in forza del decreto delle Asturie, i meriti professionali relativi all’esercizio della professione conseguiti nel territorio della comunità autonoma delle Asturie vengono maggiorati del 20%. In secondo luogo, secondo questa normativa, allorché diversi candidati totalizzano lo stesso numero di punti, le autorizzazioni vengono concesse secondo un ordine che dà la precedenza a talune categorie di candidati. In terzo luogo tra queste categorie figurano i farmacisti che hanno esercitato la loro attività professionale nella Comunità autonoma delle Asturie. La Corte ritiene che questi due criteri siano più facili da rispettare per i farmacisti nazionali, i quali esercitano la loro attività economica il più delle volte nel territorio nazionale, che per i farmacisti cittadini di altri Stati membri, i quali esercitano quest’attività più frequentemente in un altro Stato membro. Di conseguenza, la Corte conclude che questi due criteri di selezione hanno un carattere discriminatorio e pertanto sono incompatibili con la libertà di stabilimento.

Una normativa nazionale può autorizzare il controllo giurisdizionale del carattere abusivo delle clausole contrattuali formulate in modo chiaro e comp

Una normativa nazionale può autorizzare il controllo giurisdizionale del carattere abusivo delle clausole contrattuali formulate in modo chiaro e comprensibile
Infatti gli Stati membri possono adottare, per l’insieme del settore disciplinato dalla direttiva concernente le clausole abusive, regole più severe di quelle previste da quest’ultima
La direttiva concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori 1 è applicabile in linea di principio a tutte le clausole contrattuali che non sono state oggetto di negoziato individuale. Tuttavia la direttiva prevede due eccezioni concernenti la valutazione del carattere abusivo delle clausole contrattuali. La valutazione non verte né sulla definizione dell’oggetto principale, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile.
La normativa spagnola che ha trasposto tale direttiva nel diritto interno non ha ripreso tali eccezioni. Infatti essa permette ai giudici nazionali di valutare il carattere abusivo di una clausola vertente sull’oggetto principale del contratto, anche nelle ipotesi in cui tale clausola sia stata predisposta dal professionista in modo chiaro e comprensibile.
La Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid (Caja de Madrid), un istituto spagnolo di credito, ha stipulato con i propri clienti contratti di mutuo ipotecario che prevedevano un tasso di interesse nominale variabile da rivedere periodicamente a seconda del tasso di riferimento pattuito. Tali contratti prevedevano inoltre una clausola redatta preventivamente, ai sensi della quale il tasso di interesse dovuto dal mutuatario, già a partire dalla prima revisione, doveva essere arrotondato al quarto di punto superiore ogniqualvolta la variazione di tasso fosse superiore allo 0,25%.
Il 28 luglio 2000 un’associazione spagnola degli utenti dei servizi bancari (Ausbanc) ha presentato un ricorso dinanzi ai giudici spagnoli diretto, in particolare, ad ottenere dalla Caja de Madrid l’eliminazione della clausola di arrotondamento nei suddetti contratti di mutuo nonché la cessazione del suo impiego per il futuro.
Il Tribunal Supremo (Corte Suprema spagnola), che deve statuire in ultima istanza, chiede sostanzialmente alla Corte di giustizia se la direttiva concernente le clausole abusive osti a che uno Stato membro preveda nel suo ordinamento, a tutela dei consumatori, un controllo del carattere abusivo delle clausole contrattuali vertenti sulla definizione dell’oggetto principale del contratto o sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, sebbene tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile.
La Corte ricorda anzitutto che il sistema di tutela istituito dalla direttiva è fondato sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative che il grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte dal professionista senza poter incidere sul contenuto delle stesse. In secondo luogo, la Corte constata che la direttiva ha effettuato solo un’armonizzazione parziale e minima delle legislazioni nazionali relativamente alle clausole abusive, riconoscendo al contempo agli Stati membri la possibilità di garantire un livello di protezione per i consumatori più elevato di quello previsto dalla direttiva stessa.
La Corte sottolinea quindi che gli Stati membri possono mantenere o adottare, nel settore disciplinato dalla direttiva nel suo complesso, regole più severe di quelle previste dalla direttiva medesima, purché siano dirette a garantire un livello di protezione più elevato per i consumatori.
Orbene, autorizzando la possibilità di un completo controllo giurisdizionale del carattere abusivo di tutte le clausole previste da un contratto stipulato tra un professionista ed un consumatore, la normativa spagnola permette di garantire al consumatore un livello di tutela effettiva più elevato di quello stabilito dalla direttiva.
Di conseguenza la Corte conclude che la direttiva non osta ad una normativa nazionale che autorizza un controllo giurisdizionale del carattere abusivo delle clausole contrattuali vertenti sulla definizione dell’oggetto principale del contratto o sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, anche se tali clausole sono formulate in modo chiaro e comprensibile.


1 Direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29).

Uno Stato membro può vietare l’offerta di giochi d’azzardo su Internet

Uno Stato membro può vietare l’offerta di giochi d’azzardo su Internet
Considerate le particolarità dell’offerta dei giochi d’azzardo su Internet, questo divieto può essere considerato giustificato dall’obiettivo della lotta contro le frodi e contro la criminalità
La normativa olandese sui giochi d’azzardo si fonda su un sistema di autorizzazioni esclusive secondo cui, da un lato, è vietato organizzare o promuovere giochi d’azzardo (a meno che non sia stata rilasciata a tal fine un’autorizzazione amministrativa) e, dall’altro, le autorità nazionali concedono una sola autorizzazione per ognuno dei giochi autorizzati. Inoltre, nei Paesi Bassi non esiste possibilità di offrire in modo interattivo giochi d’azzardo via Internet.
La De Lotto è una fondazione di diritto privato senza scopo di lucro, titolare dell’autorizzazione per organizzare scommesse sportive, del lotto e di giochi di cifre. Secondo il suo statuto essa persegue l’obiettivo di procurarsi fondi mediante l’organizzazione di giochi d’azzardo e di ripartire tali fondi tra enti che operano nell’interesse generale, in particolare nel settore dello sport, dell’educazione fisica, del benessere generale, della salute e della cultura.
Lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte di cassazione) e il Raad van State (Consiglio di Stato) dei Paesi Bassi interpellano la Corte di giustizia in merito alla compatibilità della normativa olandese sulla politica relativa ai giochi d’azzardo con il diritto dell'Unione europea.
Causa C-258/08, Ladbrokes
Le società Ladbrokes operano nel settore dell’organizzazione di scommesse sportive e sono note soprattutto per le loro attività nell’ambito delle scommesse a quota fissa («bookmaking»). Sul loro sito Internet propongono diversi giochi d’azzardo, principalmente collegati allo sport. Esse non esercitano materialmente nessuna attività nel territorio olandese.
La De Lotto ha adito il giudice nazionale lamentando che tali società offrivano ai residenti nei Paesi Bassi giochi d’azzardo su Internet per i quali non disponevano di autorizzazione.
Secondo la Corte è pacifico che la normativa olandese costituisca una restrizione alla libera prestazione dei servizi.
Tuttavia, una restrizione di questo genere può essere giustificata, in particolare da obiettivi come la tutela dei consumatori, la prevenzione delle frodi e dell’incitazione ai cittadini ad una spesa eccessiva collegata al gioco nonché dall'obiettivo della prevenzione di turbative all’ordine sociale. Al riguardo, spetta ai giudici nazionali verificare se le normative degli Stati membri perseguano veramente questi obiettivi e se le restrizioni imposte non risultino sproporzionate rispetto a detti obiettivi.
In questo contesto, lo Hoge Raad der Nederlanden nutre dubbi in merito alla coerenza e alla sistematicità della normativa nazionale, considerato che quest’ultima consente tra l’altro alla De Lotto di proporre nuovi giochi e di avvalersi di messaggi pubblicitari per rendere attraente la sua offerta sul mercato.
La Corte considera che una politica di espansione controllata del settore dei giochi d’azzardo può essere assolutamente coerente con l’obiettivo di attirare i giocatori che praticano giochi e scommesse clandestini, vietati in quanto tali, verso attività autorizzate e regolamentate.
È compito del giudice del rinvio valutare se la normativa nazionale possa essere considerata rientrante nell’ambito di una politica di espansione controllata, effettivamente diretta ad incanalare la voglia di giocare entro circuiti legali.
Se risultasse che i Paesi Bassi praticano una politica di forte espansione dei giochi d’azzardo, incitando ed incoraggiando eccessivamente i consumatori a partecipare a tali giochi, allo scopo principale di procurarsi risorse finanziarie, se ne dovrebbe concludere che tale politica non limita in modo coerente e sistematico le attività di gioco d’azzardo.
Nello svolgere questa valutazione il giudice nazionale deve in particolare verificare se la pratica del gioco illegale possa costituire un problema nei Paesi Bassi e se un’espansione delle attività autorizzate e regolamentate possa porre rimedio a questo problema.
Le società Ladbrokes fanno peraltro valere di essere titolari di un’autorizzazione rilasciata dalle autorità del Regno Unito che consente loro di proporre scommesse sportive e altri giochi d’azzardo via Internet e per telefono e di essere assoggettate, in tale Stato membro, ad una normativa molto rigorosa diretta a prevenire le frodi e la dipendenza dal gioco. Affermano inoltre che i controlli e le garanzie non dovrebbero intervenire due volte.
In proposito, la Corte rileva come il settore dei giochi d’azzardo offerti tramite Internet non costituisca oggetto di un’armonizzazione nell’Unione. Uno Stato membro può quindi legittimamente ritenere che il mero fatto che un operatore, come le società Ladbrokes, offra via Internet in un altro Stato membro, conformemente alla legge, servizi rientranti in tale settore non rappresenti una garanzia sufficiente di tutela dei consumatori nazionali.
Inoltre, considerata l’assenza di un contatto diretto tra il consumatore e l’operatore, i giochi d’azzardo accessibili via Internet implicano rischi di natura differente e di maggiore importanza rispetto ai mercati tradizionali dei giochi medesimi per quanto attiene ad eventuali frodi commesse dagli operatori nei confronti dei consumatori.
Causa C-203/08, Sporting Exchange (Betfair)
La Sporting Exchange (Betfair) opera nel settore dei giochi d’azzardo e offre i suoi servizi unicamente via Internet e per telefono. A partire dal Regno Unito essa mette a disposizione dei destinatari di servizi una piattaforma per le scommesse sugli eventi sportivi e sulle corse di cavalli, in base ad autorizzazioni britanniche e maltesi. La Sporting Exchange (Betfair) non dispone di alcuno stabilimento o punto di vendita nei Paesi Bassi.
Essa ha in sostanza affermato che le autorità olandesi erano obbligate, da un lato, a riconoscere l’autorizzazione di cui essa usufruisce nel Regno Unito e, dall’altro, a rispettare il principio di trasparenza in occasione del rilascio di un’autorizzazione ad offrire giochi d’azzardo.
In primo luogo, seguendo lo stesso ragionamento svolto nella causa C-258/08, Ladbrokes, la Corte rileva che la restrizione della libera prestazione dei servizi, tenuto conto delle particolarità connesse all’offerta di giochi d’azzardo su Internet, può essere considerata giustificata dall’obiettivo di lotta contro la frode e contro la criminalità.
In secondo luogo, per quanto riguarda il regime di autorizzazione a favore di un unico operatore, la Corte osserva che gli Stati membri dispongono di un margine discrezionale sufficiente per definire il livello di tutela voluto in materia di gioco d’azzardo. Tuttavia, affinché un regime di previa autorizzazione amministrativa sia giustificato, deve essere fondato su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, così da circoscrivere sufficientemente l’esercizio del potere discrezionale delle autorità di modo che esso non sia esercitato arbitrariamente.
In ogni caso, le restrizioni alla libertà di prestazione di servizi specificamente derivanti dalle procedure per il rilascio e il rinnovo di un’autorizzazione a favore di un operatore unico potrebbero essere considerate giustificate qualora lo Stato membro decida di rilasciare o rinnovare l’autorizzazione ad un operatore pubblico la cui gestione è soggetta al controllo diretto dello Stato oppure a un operatore privato sulle cui attività i pubblici poteri sono in grado di esercitare uno stretto controllo.
In tali situazioni, il rilascio o il rinnovo di diritti esclusivi per la gestione dei giochi d’azzardo a un siffatto operatore, senza previa procedura concorrenziale, non risulterebbe sproporzionato rispetto agli obiettivi perseguiti dalla normativa olandese.
Spetta al giudice del rinvio verificare se i titolari di autorizzazioni per l’organizzazione di giochi d’azzardo nei Paesi Bassi soddisfino tali condizioni.