martedì 26 marzo 2013

Secondo l’avvocato generale Wathelet, un contributo volontario obbligatorio (CVO), esteso con decisione delle autorità nazionali a tutti gli operatori aderenti ad una organizzazione interprofessionale agricola riconosciuta, non costituisce aiuto di Stato

Conclusioni dell'avvocato generale nella causa C-677/11

Doux Élevage SNC, Coopérative agricole UKL-ARREE / Ministère de l'Agriculture, de l'Alimentation, de la Pêche, de la Ruralité et de l'Aménagement du territoire, CIDEF

Secondo l'avvocato generale Wathelet, un contributo volontario obbligatorio (CVO), esteso con decisione delle autorità nazionali a tutti gli operatori aderenti ad una organizzazione interprofessionale agricola riconosciuta, non costituisce aiuto di Stato

Tale contributo non costituisce un vantaggio concesso direttamente o indirettamente mediante risorse statali e imputabile allo Stato

Il diritto dell'Unione vieta, nella misura in cui essi incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti di Stato concessi sotto qualsiasi forma alle imprese dagli Stati ovvero mediante risorse statali, i quali, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza

1. Al fine di garantire l'attuazione di tali disposizioni, in virtù di una procedura di controllo e di autorizzazione preventiva, gli Stati sono tenuti a notificare alla Commissione europea i loro progetti di istituire o modificare gli aiuti e non possono darvi esecuzione senza l'approvazione della Commissione.

Il CIDEF (Comitato interprofessionale del tacchino francese), associazione senza scopo di lucro, è stato riconosciuto dalle autorità francesi come organizzazione interprofessionale agricola. Nel 2007, le organizzazioni professionali aderenti al CIDEF hanno firmato un accordo interprofessionale consistente nel promuovere e proteggere gli interessi del settore, nonché nell'istituire un contributo volontario obbligatorio («CVO»). Quest'ultimo è stato esteso con una clausola aggiuntiva e reso obbligatorio per tutti gli operatori del settore con decisione ministeriale.

Due imprese – Doux Élevage SNC e Coopérative agricole UKL-ARREE – assoggettate al versamento del CVO al pari degli altri operatori della filiera, hanno chiesto al Conseil d'État (Francia), l'annullamento della decisione ministeriale. Sostengono che il CVO, esteso e reso obbligatorio per tutti gli operatori aderenti all'organizzazione, costituisce aiuto di Stato e che, pertanto, tale decisione avrebbe dovuto essere preventivamente notificata alla Commissione.

Il Conseil d'État domanda alla Corte di giustizia se il CVO costituisca o meno aiuto di Stato.

Nelle sue conclusioni odierne, l'avvocato generale Melchior Wathelet propone alla Corte di rispondere nel senso che il CVO non può essere qualificato come aiuto di Stato, in difetto di due elementi cumulativamente richiesti: le «risorse statali» e l'«imputabilità delle misure allo Stato».

L'avvocato generale rileva innanzitutto che non sussistono dubbi sul fatto che un'

organizzazione interprofessionale agricola – come quella di cui al caso di specie – non può essere considerata come ente pubblico: si tratta di un'associazione di diritto privato, creata su iniziativa dei suoi membri, che decide autonomamente le proprie iniziative.

Successivamente, partendo dalla premessa secondo cui tale organizzazione interprofessionale agricola è esclusivamente finanziata dal

CVO, l'avvocato generale ritiene che tale contributo non può essere annoverato tra le «risorse statali» nel senso che esso non crea maggiori spese per lo Stato né per alcun altro ente pubblico. Infatti, il CVO proviene direttamente dagli operatori

economici attivi sul mercato in questione. Allo stesso modo, il CVO non rappresenta una risorsa che avrebbe dovuto essere versate al bilancio statale (come nel caso delle esenzioni fiscali). Lo Stato non ha dunque alcun diritto di rivendicare tali somme.

Infine,

le decisioni relative all'utilizzazione delle somme provenienti dal CVO non sono imputabili allo Stato
. Quest'ultimo non detiene il potere di influire sull'impiego delle somme e il suo ruolo si limita ad un semplice controllo a posteriori che gli permette di verificare che esse non siano state oggetto di frodi o abusi. In tal modo, lo Stato non fa altro che assumersi la propria responsabilità nei confronti delle imprese assoggettate al CVO, a causa della sua decisione di estendere gli effetti dell'accordo che istituisce tale contributo.

Infatti, secondo l'avvocato generale, la normativa francese ha messo in atto un «sistema chiuso»: nel senso che l'iniziativa appartiene sempre al settore privato, in quanto le somme in questione sono gestite e controllate da enti privati: esse sono pagate dagli operatori della filiera alle organizzazioni interprofessionali, le quali le impiegano per iniziative ritenute produttive di vantaggi per gli stessi operatori. In nessun momento tali somme ricadono sotto il controllo pubblico, in quanto lo Stato non dispone del potere di dirigere o di influenzare i tempi o i modi in cui le somme sono utilizzate. Peraltro, nessuna delle parti ha sostenuto che lo Stato abbia tentato di esercitare un'influenza determinante sulle attività delle organizzazioni interprofessionali e, in particolare, che le autorità pubbliche siano state coinvolte in qualche modo nell'adozione delle misure da parte di tali organizzazioni. Le autorità pubbliche agiscono dunque soltanto come semplice «strumento» per rendere obbligatori i contributi istituiti dalle organizzazioni interprofessionali per il perseguimento dei fini che esse stesse individuano.

Inoltre, dalla normativa francese non deriva che alle organizzazioni interprofessionali sia attribuito un reale ruolo pubblico, e ciò anche se esse perseguono interessi comuni a tutti gli attori del settore, fornendo evidentemente un contributo positivo all'attuazione delle politiche economiche nazionali e dell'Unione relative.

1 Articolo 107 TFUE.