Secondo l'avvocato
generale Bot le autorità giudiziarie che devono eseguire un mandato d’arresto
europeo non possono subordinare la consegna di una persona, condannata in
contumacia ma che era al corrente del processo previsto, alla condizione che la
sentenza possa formare oggetto di revisione nello Stato membro emittente il
mandato
I diritti dell'imputato sono rispettati se egli ha
conferito mandato ad un difensore per patrocinarlo ed è stato effettivamente
difeso da quest'ultimo durante il processo
La decisione quadro relativa al mandato d’arresto europeo1 mira
a semplificare e ad accelerare le procedure di consegna di persone tra Stati
membri. Tale nuovo regime elimina la complessità e i potenziali ritardi
inerenti alle procedure di estradizione mediante l'introduzione di un sistema
di libera circolazione delle decisioni giudiziarie basato sul reciproco
riconoscimento.
Una disposizione della decisione quadro2 impedisce alle
autorità giudiziarie di rifiutare di eseguire il mandato d’arresto emesso ai
fini dell’esecuzione di una pena, in un caso in cui l’interessato non è
comparso personalmente al processo, quando quest'ultimo, essendo al corrente
del processo previsto, ha conferito mandato ad un difensore per patrocinarlo ed
è stato effettivamente difeso da quest'ultimo.
Secondo la giurisprudenza del Tribunal Constitucional (Corte
costituzionale, Spagna) in caso di condanne per reati gravi pronunciate in
assenza dell'imputato, la consegna del condannato è subordinata alla condizione
che la sentenza possa formare oggetto di riesame nello Stato membro emittente
il mandato d'arresto.
Nell'ottobre 1996, la Audiencia Nacional (Tribunale penale
centrale, Spagna) ha concesso l’estradizione verso l’Italia del sig. Stefano
Melloni, affinché questi potesse essere ivi giudicato per i fatti esposti nei
mandati di arresto emessi dal Tribunale di Ferrara. Dopo aver beneficiato del
rilascio dietro una cauzione di 5 000 000 ESP (cioè circa 30 000 EUR), da lui
versata il giorno seguente, il sig. Melloni si è dato alla fuga, sottraendosi
così alla consegna alle autorità italiane.
Nel 1997 il Tribunale di Ferrara ha dichiarato la contumacia
del sig. Melloni e ha autorizzato l’esecuzione delle successive notifiche
presso gli avvocati da lui precedentemente nominati. Con sentenza del Tribunale
di Ferrara del 2000, confermata poi da una sentenza della Corte d’appello di
Bologna del 2003, il sig. Melloni è stato condannato in contumacia per
bancarotta fraudolenta a dieci anni di reclusione. Con sentenza del 2004, la
Corte suprema di cassazione ha respinto il ricorso proposto dai suoi legali.
Arrestato dalla polizia spagnola, il sig. Melloni si è
opposto alla consegna alle autorità italiane, sostenendo, in primo luogo, che,
sebbene in fase di appello egli avesse nominato un altro avvocato e revocato le
nomine dei due legali precedenti, le notifiche erano state ancora effettuate
presso questi ultimi. In secondo luogo, egli ha affermato che il diritto
processuale italiano non prevede la possibilità di impugnare le condanne
pronunciate in absentia e che l’emissione del mandato di arresto europeo
avrebbe quindi dovuto essere subordinata, se del caso, alla condizione che
l’Italia garantisse la possibilità di ricorrere contro la sentenza.
Nel settembre 2008, la Audiencia Nacional ha autorizzato la
consegna del sig. Melloni alle autorità italiane ai fini dell’esecuzione della
condanna inflittagli dal Tribunale di Ferrara, ritenendo che non fosse stato
dimostrato che gli avvocati nominati dal sig. Melloni avevano cessato di
rappresentarlo. Il giudice spagnolo ha considerato che i diritti della difesa
di quest'ultimo erano stati rispettati, dal momento che egli era venuto
previamente a conoscenza della celebrazione del processo, si era
volontariamente reso contumace e aveva nominato due avvocati a rappresentarlo e
difenderlo, i quali erano intervenuti, a tale titolo, nel procedimento di primo
grado, in quello di appello e in cassazione, esaurendo così i mezzi di ricorso.
Il sig. Melloni ha impugnato tale decisione dinanzi al
Tribunal Constitucional. Quest'ultimo chiede alla Corte di giustizia se la
decisione quadro impedisca ai giudici spagnoli di subordinare la consegna del
sig. Melloni alla possibilità di revisione della sua condanna.
Nelle sue conclusioni odierne, l'avvocato generale Yves Bot
propone alla Corte di dichiarare, in primo luogo, che la disposizione della
decisione quadro vieta all’autorità giudiziaria dell’esecuzione, nei
casi indicati dalla stessa, di subordinare l’esecuzione di un mandato di
arresto europeo alla condizione che la persona che ne è oggetto possa
beneficiare di un nuovo processo nello Stato membro emittente il mandato.
L'avvocato generale ritiene che tale conclusione si evinca
non solo dalla lettera della disposizione, ma anche dagli scopi perseguiti dal
legislatore dell'Unione. A fronte delle incertezze che potevano ridurre
l’efficacia del meccanismo di reciproco riconoscimento delle decisioni
giudiziarie rese in absentia, il legislatore dell’Unione ha deciso di prevedere
in maniera esaustiva le fattispecie nelle quali l’esecuzione di un mandato
d’arresto europeo, emesso al fine di eseguire una decisione resa in absentia,
va considerata come non lesiva dei diritti della difesa. Ciò non è compatibile
con il mantenimento della possibilità − per l’autorità giudiziaria
dell’esecuzione − di subordinare la consegna di una persona alla condizione che
la condanna possa essere oggetto di revisione al fine di garantire i suoi
diritti della difesa in circostanze come quelle del caso di specie.
In secondo luogo, l'avvocato generale considera tale
disposizione compatibile con il diritto ad un processo equo e con il
rispetto dei diritti della difesa riconosciuti dalla Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea. Infatti, egli ritiene che la citata disposizione
fissi i presupposti in presenza dei quali si può ritenere che l’interessato
abbia rinunciato volontariamente e in modo non equivoco a comparire nel
processo a suo carico, con la conseguenza che egli non può più rivendicare il
beneficio di un nuovo processo.
Da ultimo, l'avvocato generale si pronuncia sulla portata
dell'articolo 53 della Carta dei diritti fondamentali il quale prevede che
quest'ultima non lede i diritti dell’uomo riconosciuti, nel rispettivo ambito
di applicazione, dalle costituzioni degli Stati membri. A suo parere, tale
disposizione non può essere invocata al fine di far prevalere il diritto
costituzionale nazionale sulla decisione quadro e di subordinare in tal modo
l'esecuzione di un mandato d'arresto europeo al beneficio di un nuovo processo
nello Stato membro emittente. Tale constatazione deriva dal rispetto dei
principi del primato del diritto dell’Unione, dell’applicazione uniforme ed
efficace del diritto dell’Unione negli Stati membri e della certezza del
diritto.
Inoltre, l'avvocato generale rammenta che il livello di
protezione dei diritti fondamentali deve essere stabilito non in astratto, ma
in modo consono alle esigenze collegate agli obiettivi perseguiti dall'Unione.
Egli rileva, da un lato, che per conseguire l'obiettivo della costruzione di
uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia all’interno dell’Unione, il
legislatore dell'Unione ha inteso rafforzare la fiducia reciproca tra gli Stati
membri mediante il ravvicinamento delle legislazioni nazionali in materia di diritti
individuali nei procedimenti penali, per semplificare e accelerare la
cooperazione giudiziaria. Dall'altro lato, il legislatore dell'Unione ha voluto
proteggere i diritti fondamentali in modo tale da non compromettere l’efficacia
del meccanismo del mandato d’arresto europeo, evitando che le garanzie
processuali siano utilizzate per il solo fine di sottrarsi all’azione della
giustizia.