giovedì 18 aprile 2013

Sentenza nella causa C-202/11 - La legge regionale della Comunità fiamminga che impone di redigere in neerlandese tutti i contratti riguardanti un rapporto di lavoro a carattere transfrontaliero viola la libera circolazione dei lavoratori

Sentenza nella causa C-202/11

Anton Las / PSA Antwerp NV

La legge regionale della Comunità fiamminga che impone di redigere in neerlandese tutti i contratti riguardanti un rapporto di lavoro a carattere transfrontaliero viola la libera circolazione dei lavoratori

Nel particolare contesto di un contratto a carattere transfrontaliero, un siffatto obbligo linguistico è sproporzionato rispetto agli obiettivi invocati dal Belgio (tutela di una lingua nazionale, tutela dei lavoratori e controllo efficace da parte delle autorità nazionali)

In Belgio, una legge regionale della Comunità fiamminga impone l’uso del neerlandese in particolare per redigere contratti di lavoro conclusi tra lavoratori e datori di lavoro la cui sede di gestione è situata nella regione di lingua neerlandese. L’inosservanza di tale obbligo linguistico comporta la nullità del contratto di lavoro, senza per questo arrecare pregiudizio al lavoratore o ai diritti dei terzi.

Il signor Anton Las, cittadino neerlandese residente nei Paesi Bassi, è stato assunto nel 2004 in qualità di «Chief Financial Officer» dalla PSA Antwerp, società con sede in Anversa (Belgio), ma appartenente ad un gruppo multinazionale con sede a Singapore. Il contratto di lavoro, redatto in inglese, disponeva che il signor Las svolgeva il suo lavoro in Belgio.

Nel 2009, con lettera redatta in inglese, il signor Las è stato licenziato dalla PSA Antwerp che gli ha versato un’indennità di licenziamento, calcolata in applicazione del contratto di lavoro. Il signor Las ha adito l’Arbeidsrechtbank (Tribunale del lavoro), sostenendo che le disposizioni del contratto di lavoro erano viziate da nullità, per violazione della legge regionale della Comunità fiamminga sull’uso delle lingue. Egli ha in particolare richiesto un’indennità di licenziamento più elevata, conformemente al diritto del lavoro belga.

Il giudice belga chiede alla Corte di giustizia se la legge regionale della Comunità fiamminga sull’uso delle lingue violi la libera circolazione dei lavoratori nell’Unione europea, in quanto ad ogni impresa con sede nella regione di lingua neerlandese che assuma un lavoratore per un lavoro a carattere transfrontaliero impone − a pena di nullità rilevata d’ufficio dal giudice − di redigere in neerlandese tutti i documenti relativi al rapporto di lavoro.

Nella sua odierna sentenza, la Corte rileva preliminarmente che il contratto di cui trattasi rientra nell’ambito della libera circolazione dei lavoratori, dato che è stato concluso tra un cittadino neerlandese residente nei Paesi Bassi ed una società che ha sede nel territorio belga. Questo principio può essere invocato non solo da un lavoratore, ma anche da un datore di lavoro. La Corte sottolinea che l’insieme delle disposizioni relative alla libera circolazione dei lavoratori mira ad agevolare l’esercizio delle attività lavorative nel territorio dell’Unione e non tollera provvedimenti che possano sfavorire i cittadini dell’Unione, quando essi intendano svolgere un’attività economica nel territorio di un altro Stato membro.

La Corte constata che solo il neerlandese costituisce la versione autentica nella redazione dei contratti di lavoro a carattere transfrontaliero conclusi da datori di lavoro che hanno la propria sede di gestione nella regione di lingua neerlandese del Belgio. Poiché una siffatta normativa può avere un effetto dissuasivo nei confronti dei lavoratori e datori di lavoro non neerlandofoni, essa costituisce una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori.

La Corte ricorda che una siffatta restrizione si giustifica solo qualora persegua un obiettivo di interesse generale, sia adeguata a garantire la realizzazione dello stesso e sia rigorosamente proporzionata.

In risposta alle giustificazioni invocate dal governo belga, la Corte rileva che il diritto dell'Unione non si oppone ad una politica di difesa e valorizzazione di una o delle lingue ufficiali di uno Stato membro. L’Unione infatti rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica. Essa rispetta parimenti l’identità nazionale degli Stati membri, in cui rientra anche la tutela della o delle loro lingue ufficiali.

La Corte esamina altresì gli obiettivi invocati dal Belgio relativi alla tutela sociale dei lavoratori, che consiste nel consentire loro di prendere conoscenza dei documenti sociali nella propria lingua, nonché di beneficiare della tutela effettiva delle istituzioni che li rappresentano e delle autorità nazionali, nonché all’efficacia dei controlli e della sorveglianza da parte dell’ispettorato del lavoro. La Corte riconosce che tali obiettivi figurano tra le ragioni imperative di interesse generale idonee a giustificare una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori.

Dalla legge regionale contestata risulta tuttavia che la violazione dell’obbligo di redigere in neerlandese tutti i contratti di lavoro conclusi tra un lavoratore e un datore di lavoro con sede nella regione di lingua neerlandese è sanzionata con la nullità del contratto, che dev’essere dichiarata d’ufficio dal giudice, sempreché essa non danneggi il lavoratore e non pregiudichi i diritti dei terzi.

Orbene, le parti di un contratto di lavoro a carattere transfrontaliero non hanno necessariamente la padronanza del neerlandese. In simili circostanze, la formazione di un consenso libero tra le parti richiede che esse possano redigere il contratto in una lingua diversa dalla lingua ufficiale di tale Stato membro. Peraltro, prosegue la Corte, una normativa che consentisse anche di redigere una versione autentica in una lingua conosciuta da tutte le parti interessate sarebbe meno lesiva della libera circolazione dei lavoratori, pur garantendo gli obiettivi perseguiti dalla normativa medesima. Pertanto, secondo la Corte, la legge regionale contestata eccede quanto strettamente necessario per realizzare gli obiettivi invocati e non può essere considerata proporzionata.

Alla luce di ciò, la Corte statuisce che la legge regionale che impone − a pena di nullità − a tutti i datori di lavoro che hanno la propria sede di gestione nelle Fiandre di redigere tutti i contratti di lavoro a carattere transfrontaliero esclusivamente in neerlandese è contraria al diritto dell'Unione.