venerdì 12 aprile 2013

La normativa spagnola che impedisce al giudice competente a dichiarare il carattere abusivo di una clausola di un contratto di mutuo immobiliare di sospendere il procedimento di esecuzione ipotecaria, promosso in altra sede, è in contrasto con il diritto dell'Unione

Sentenza nella causa C-415/11

Mohamed Aziz / Catalunyacaixa

La normativa spagnola che impedisce al giudice competente a dichiarare il carattere abusivo di una clausola di un contratto di mutuo immobiliare di sospendere il procedimento di esecuzione ipotecaria, promosso in altra sede, è in contrasto con il diritto dell'Unione

La normativa spagnola elenca i motivi, alquanto limitati, in presenza dei quali un debitore può opporsi al procedimento di esecuzione di un'ipoteca. Fra questi non rientra l'esistenza di una clausola abusiva inserita in un contratto di mutuo con garanzia ipotecaria. Quindi, quest'ultima circostanza può essere eccepita unicamente in un distinto procedimento di merito, il quale non sospende il procedimento di esecuzione ipotecaria. Peraltro, nell'ambito del procedimento esecutivo spagnolo, l'aggiudicazione definitiva di un bene ipotecato ad un terzo – ad esempio una banca – acquisisce in linea di principio carattere irreversibile. Di conseguenza, se la decisione del giudice di merito che sancisce il carattere abusivo di una clausola in un contratto di mutuo – e, di riflesso, la nullità del procedimento di esecuzione ipotecaria – è pronunciata dopo che si è provveduto all'esecuzione, tale decisione garantisce al consumatore soltanto una tutela a posteriori, meramente risarcitoria, e non permette alla persona sfrattata di recuperare la proprietà del suo bene.

Nel luglio 2007 il sig. Aziz, cittadino marocchino che lavora in Spagna, ha sottoscritto con la banca Catalunyacaixa un contratto di mutuo immobiliare per l'importo di EUR 138 000, corredato da garanzia ipotecaria gravante sulla sua abitazione familiare. Dal giugno 2008 ha cessato di pagare le rate mensili. La banca, dopo avergli intimato invano di provvedere ai pagamenti, ha promosso nei suoi confronti un procedimento esecutivo. Poiché il sig. Aziz non è comparso, è stata disposta l'esecuzione. Andata deserta l'asta giudiziaria del suo bene, in conformità alla normativa spagnola, la proprietà è stata aggiudicata alla banca per il 50% del suo valore. Il 20 gennaio 2011 il sig. Aziz è stato sfrattato dalla sua abitazione. Poco prima, egli aveva proposto una domanda giudiziale diretta a far annullare una clausola del contratto di mutuo adducendone il carattere abusivo e, pertanto, a far annullare il procedimento di esecuzione ipotecaria.

In questo contesto, il Juzgado de lo Mercantil (Tribunale commerciale) n. 3 di Barcellona, investito della causa, ha deciso di interpellare la Corte di giustizia, da un lato, in merito alla conformità del diritto spagnolo alla direttiva sulle clausole abusive

1, reputando che esso renda estremamente difficile per il giudice garantire un'efficace tutela del consumatore, dall'altro, in merito agli elementi costitutivi della nozione di «clausola abusiva» ai sensi di tale direttiva.
Nell'odierna sentenza, la Corte dichiara, in primo luogo, che
la direttiva sulle clausole abusive osta ad una normativa nazionale, come quella spagnola in causa, che non consente al giudice investito del procedimento di merito – ossia il procedimento diretto a dichiarare il carattere abusivo di una clausola – di emanare provvedimenti provvisori, in particolare la sospensione del procedimento esecutivo, allorché essi risultino necessari per garantire la piena efficacia della sua decisione finale.
 
In via preliminare la Corte ricorda che, in mancanza di armonizzazione dei meccanismi nazionali di esecuzione forzata, i motivi di opposizione ammessi nel contesto di un procedimento di esecuzione ipotecaria e i poteri conferiti al giudice di merito rientrano nell'ordinamento giuridico interno degli Stati membri. Tuttavia, questa normativa non può essere meno favorevole rispetto a quella che disciplina situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e non deve rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti riconosciuti ai consumatori dal diritto dell'Unione (principio di effettività).

Orbene, per quanto attiene al principio di effettività, la Corte considera che il regime processuale spagnolo lede l'effettività della tutela cui aspira la direttiva. Ciò si verifica in tutte le ipotesi in cui l'esecuzione immobiliare ha luogo prima che il giudice del merito dichiari il carattere abusivo della clausola contrattuale che si trova all'origine dell'ipoteca e, di riflesso, la nullità del procedimento esecutivo. Infatti, posto che il giudice del merito non dispone della possibilità di sospendere il procedimento esecutivo, la suddetta declaratoria di nullità consente di garantire al consumatore soltanto una tutela a posteriori, meramente risarcitoria. Tale risarcimento si rivela incompleto ed insufficiente e non costituisce un mezzo adeguato o efficace per far cessare l'utilizzo di tali clausole. Ciò vale a maggior ragione quando, come accade nel caso di specie, il bene ipotecato costituisce l'abitazione del consumatore leso e della sua famiglia, poiché questo meccanismo di protezione dei consumatori, limitato al risarcimento dei danni, non permette di evitare la definitiva ed irreversibile perdita dell'abitazione. È sufficiente, infatti, che i professionisti promuovano un procedimento di esecuzione ipotecaria per privare i consumatori del beneficio della tutela voluta dalla direttiva. Pertanto, la Corte trae la conclusione che la normativa spagnola non appare conforme al principio di effettività, laddove essa rende impossibile o eccessivamente difficile, nei procedimenti di esecuzione ipotecaria avviati dai professionisti e nei quali i consumatori sono i convenuti, l'applicazione della tutela che la direttiva conferisce a questi ultimi.

In secondo luogo, analizzando la nozione di clausola abusiva 2, la Corte rammenta che il «significativo squilibrio» generato da una siffatta clausola deve essere valutato tenendo conto delle norme applicabili nel diritto nazionale, in mancanza di un accordo tra le parti in tal senso. Parimenti, a tale fine risulta pertinente procedere ad esaminare la situazione giuridica in cui versa il consumatore alla luce dei mezzi che la disciplina nazionale mette a sua disposizione per far cessare il ricorso a clausole abusive. Per appurare se lo squilibrio sia creato «malgrado il requisito della buona fede» occorre verificare se il professionista, qualora avesse trattato in modo leale ed equo con il consumatore, avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi che quest'ultimo aderisse ad una siffatta clausola nell'ambito di un negoziato individuale.

Alla luce di tali criteri, è compito del giudice nazionale verificare se la clausola degli interessi di mora inserita nel contratto sottoscritto dal sig. Aziz sia abusiva. Questa clausola prevede interessi di mora annuali pari al 18,75%, automaticamente applicabili agli importi non saldati alla scadenza, senza che a tal fine sia necessario alcun sollecito. Il giudice nazionale dovrà in particolare comparare tale tasso al tasso di interesse legale3 e accertare se sia idoneo a conseguire le finalità perseguite in Spagna dagli interessi di mora e non ecceda quanto necessario per realizzarle.

Ugualmente, la clausola sulla scadenza anticipata del contratto in oggetto consente alla banca di dichiarare esigibile l'intero importo mutuato già in seguito ad un singolo inadempimento di pagamento del capitale o degli interessi. Il giudice nazionale dovrà segnatamente verificare se tale facoltà dipenda dal mancato adempimento da parte del consumatore di un obbligo che presenta un carattere essenziale nel contratto e se detto inadempimento rivesta un carattere sufficientemente grave rispetto alla durata e all'importo del mutuo.

Infine, la clausola sulla liquidazione unilaterale del debito non saldato stabilisce che la banca può presentare direttamente la liquidazione dell'importo di tale debito al fine di avviare il

procedimento di esecuzione ipotecaria. Il giudice nazionale dovrà valutare se, e in quale misura, tale clausola renda più arduo per il consumatore, visti gli strumenti processuali di cui dispone, l'accesso alla giustizia e l'esercizio dei diritti della difesa.

1 Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29).

2 Secondo la direttiva, una clausola contrattuale che non sia stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

3 In Spagna, il tasso d'interesse legale nel 2007 era pari al 5%.