sabato 14 gennaio 2012

Sentenza nelle cause riunite C-411/10 - Un richiedente asilo non può essere trasferito verso un altro Stato membro in cui rischia di subire trattamenti inumani

Sentenza nelle cause riunite C-411/10,
N.S. / Secretary of State for the Home Department, e C-493/10, M.E. e a. / Refugee Applications Commissioner Minister for Justice, Equality and Law Reform
Un richiedente asilo non può essere trasferito verso un altro Stato membro in cui rischia di subire trattamenti inumani
Il diritto dell’Unione non ammette una presunzione assoluta secondo la quale gli Stati membri rispettano i diritti fondamentali dei richiedenti asilo
La politica comune nel settore dell’asilo costituisce un elemento fondamentale dell’obiettivo dell’Unione europea di istituire progressivamente uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, cercano legittimamente protezione nell’Unione. Il regolamento «Dublino II»1 enuncia i criteri che consentono di determinare lo Stato membro competente a conoscere di una domanda di asilo presentata nell’Unione - in linea di principio, è competente un unico Stato membro. Se un cittadino di un paese terzo chiede asilo in uno Stato membro diverso da quello che risulta competente ai sensi del regolamento, quest’ultimo prevede una procedura di trasferimento del richiedente asilo verso lo Stato membro competente.
Nella causa C-411/10, il signor N. S., cittadino afgano, è giunto nel Regno Unito transitando in particolare per la Grecia, ove è stato oggetto di una misura di arresto nel 2008. Le autorità greche lo hanno liberato quattro giorni dopo, ingiungendogli di lasciare il territorio greco entro il termine di 30 giorni. Il signor N.S. non ha presentato domanda di asilo. Nella sua versione dei fatti, mentre cercava di lasciare la Grecia, è stato arrestato dalla polizia e respinto in Turchia, dove è stato detenuto, per due mesi, in condizioni penose. Sarebbe evaso dal suo luogo di detenzione in Turchia e sarebbe poi giunto nel Regno Unito nel gennaio del 2009, presentandovi domanda di asilo. A luglio il signor N.S. è stato informato che sarebbe stato trasferito in Grecia nel mese di agosto, in applicazione del regolamento «Dublino II». Egli ha allora proposto ricorso contro tale decisione con l’argomento che un suo rinvio in Grecia rischiava di ledere i suoi diritti fondamentali. Il giudice nazionale segnala, infatti, che in Grecia le procedure di asilo presenterebbero gravi carenze, i casi di concessione di asilo sarebbero ivi estremamente rari, i mezzi di ricorso giurisdizionale insufficienti e di difficile accesso e le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo inadeguate.
La causa C-493/10 concerne cinque persone, senza legami reciproci, originarie dell’Afghanistan, dell’Iran e dell’Algeria. Esse sono transitate per il territorio greco e vi sono state arrestate per ingresso illegale, senza chiedere asilo. Si sono successivamente recate in Irlanda, dove hanno chiesto asilo. Nessuna di loro intende ritornare in Grecia asserendo che in tale paese le procedure e le condizioni per i richiedenti asilo sono inadeguate.
In tale contesto, la Court of Appeal of England and Wales (Regno Unito), da un lato, e la High Court (Irlanda), dall’altro, chiedono alla Corte di giustizia se, tenuto conto della saturazione del sistema di asilo greco e dei suoi effetti sul trattamento riservato ai richiedenti e sull’esame delle loro domande, le autorità di uno Stato membro tenute ad effettuare il trasferimento dei richiedenti asilo verso la Grecia (Stato responsabile dell’esame della domanda di asilo conformemente al regolamento) debbano prima controllare se tale Stato rispetti effettivamente i diritti fondamentali. Detti giudici chiedono altresì se, qualora tale Stato non rispetti i diritti fondamentali, dette autorità siano tenute ad accettare la competenza ad esaminare esse medesime la domanda.
Sono intervenuti nel procedimento dinanzi alla Corte tredici Stati membri, la Confederazione svizzera, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Amnesty International e l’AIRE Centre. È pacifico tra le parti che hanno presentato osservazioni che la Grecia era, nel 2010, il punto di ingresso nell’Unione del 90% circa dei migranti clandestini, di modo che su detto Stato grava un onere sproporzionato rispetto a quello sopportato dagli altri Stati membri e che le autorità greche sono materialmente incapaci di farvi fronte.
Nella sentenza odierna la Corte ricorda, in primo luogo, che il sistema europeo comune d’asilo è stato concepito in un contesto che permette di supporre che l’insieme degli Stati partecipanti rispetti i diritti fondamentali e che gli Stati membri possono fidarsi reciprocamente a tale riguardo. È proprio in ragione di tale principio di reciproca fiducia che il legislatore dell’Unione ha adottato il regolamento «Dublino II», il cui obiettivo principale è accelerare il trattamento delle domande d’asilo nell’interesse tanto dei richiedenti quanto degli Stati partecipanti.
Sul fondamento di tale principio la Corte esamina se le autorità nazionali che devono procedere al trasferimento verso lo Stato competente a esaminare la domanda di asilo, designato dal regolamento, debbano prima verificare che in tale Stato i diritti fondamentali dell’uomo siano rispettati.
La Corte rileva che una minima violazione delle norme che disciplinano il diritto di asilo non è sufficiente per impedire il trasferimento di un richiedente asilo verso lo Stato membro di regola competente, perché ciò svuoterebbe del loro contenuto gli obblighi degli Stati nel sistema europeo comune di asilo e comprometterebbe l’obiettivo di designare rapidamente lo Stato membro competente.
Tuttavia, la Corte considera che il diritto dell’Unione osta a una presunzione assoluta secondo la quale lo Stato membro che il regolamento designa come competente rispetta i diritti fondamentali dell’Unione europea.
Gli Stati membri, infatti, compresi gli organi giurisdizionali nazionali, sono tenuti a non trasferire un richiedente asilo verso lo Stato membro designato come competente quando non possono ignorare che le carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo costituiscono motivi seri e comprovati di credere che il richiedente corra un rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti ai sensi dell’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Secondo la Corte, gli Stati membri dispongono di vari strumenti adeguati per valutare il rispetto dei diritti fondamentali e, pertanto, i rischi realmente corsi da un richiedente asilo nel caso in cui venga trasferito verso lo Stato competente 2.
La Corte aggiunge, peraltro, che, ferma restando la facoltà di esaminare esso stesso la domanda, lo Stato membro che deve trasferire il richiedente verso lo Stato competente ai sensi del regolamento, e che si trovi nell’impossibilità di provvedere in tal senso, deve esaminare gli altri criteri enunciati dal regolamento, per verificare se uno dei criteri ulteriori permetta di identificare un altro Stato membro come competente all’esame della domanda di asilo.
Al riguardo esso deve badare a non aggravare una situazione di violazione dei diritti fondamentali di tale richiedente con una procedura di determinazione dello Stato membro competente che abbia durata irragionevole. All’occorrenza, detto Stato è tenuto ad esaminare esso stesso la domanda.
Infine, la Corte precisa che prendere in considerazione il Protocollo (n. 30) sull’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea alla Polonia e al Regno Unito non ha incidenza sulle risposte apportate.
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1 Regolamento (CE) del Consiglio 18 febbraio 2003, n. 343, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU L 50, pag. 1).
2 Tra tali strumenti, i rapporti delle organizzazioni non governative internazionali o dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati.