sabato 14 gennaio 2012

(C-507/10) COOPERAZIONE DI POLIZIA E GIUDIZIARIA IN MATERIA PENALE - DECISIONE QUADRO 2001/220/GAI - POSIZIONE DELLA VITTIMA NEL PROCEDIMENTO PENALE

(C-507/10) COOPERAZIONE DI POLIZIA E GIUDIZIARIA IN MATERIA PENALE - DECISIONE QUADRO 2001/220/GAI - POSIZIONE DELLA VITTIMA NEL PROCEDIMENTO PENALE
- TUTELA DELLE PERSONE VULNERABILI - AUDIZIONE DI MINORI IN QUALITA' DI TESTIMONI - INCIDENTE PROBATORIO DIRETTO ALL'ASSUNZIONE ANTICIPATA DELLA PROVA - RIFIUTO DEL PUBBLICO MINISTERO DI CHIEDERE AL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI DI PROCEDERE A UN'AUDIZIONE
La Corte di Giustizia, chiamata a decidere su una domanda di pronuncia pregiudiziale, presentata nell’ambito di un procedimento penale avviato contro il sig. X, sospettato di aver commesso atti sessuali nei confronti della figlia minorenne, Y e proposta ai sensi dell’art. 267 TFUE dal giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze, vertente sull’interpretazione degli artt. 2, 3 e 8 della decisione quadro del Consiglio 15 marzo 2001, 2001/220/GAI, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale ha stabilito il principio in base al quale gli artt. 2, 3 e 8, n. 4, della decisione quadro del Consiglio 15 marzo 2001, 2001/220/GAI, devono essere interpretati nel senso che non ostano a disposizioni nazionali, come quelle di cui agli artt. 392, comma 1 bis, 398, comma 5 bis, e 394 del codice di procedura penale, che, da un lato, non prevedono l’obbligo per il pubblico ministero di rivolgersi al giudice affinché quest’ultimo consenta ad una vittima particolarmente vulnerabile di essere sentita e di deporre secondo le modalità dell’incidente probatorio nell’ambito della fase istruttoria del procedimento penale e, dall’altro, non autorizzano detta vittima a proporre ricorso dinanzi ad un giudice avverso la decisione del pubblico ministero recante rigetto della sua domanda di essere sentita e di deporre secondo tali modalità.

Testo Completo: Sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 21 dicembre 2011

Nel procedimento C‑507/10,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze, con decisione 8 ottobre 2010, pervenuta in cancelleria il 25 ottobre 2010, nel procedimento penale a carico di

X

con l’intervento di:

Y,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues (relatore), presidente di sezione, dai sigg. U. Lõhmus, A. Rosas, A. Ó Caoimh e A. Arabadjiev, giudici,

avvocato generale: sig. P. Cruz Villalón

cancelliere: sig. A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

– per X, dall’avv. F. Bagattini;

– per Y, dagli avv.ti G. Vitiello e G. Paloscia;

– per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal sig. F. Arena, avvocato dello Stato;

– per il governo tedesco, dal sig. T. Henze, in qualità di agente;

– per l’Irlanda, dal sig. D. O’Hagan, in qualità di agente;

– per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re C. Wissels e M. de Ree, in qualità di agenti;

– per la Commissione europea, dalla sig.ra D. Recchia e dal sig. R. Troosters, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 ottobre 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 2, 3 e 8 della decisione quadro del Consiglio 15 marzo 2001, 2001/220/GAI, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale (GU L 82, pag. 1; in prosieguo: la «decisione quadro»).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale avviato contro il sig. X, sospettato di aver commesso atti sessuali nei confronti della figlia minorenne, Y.

Contesto normativo

La decisione quadro

3 Ai sensi dell’art. 1, lett. a), della decisione quadro, si intende, ai fini della medesima, per «vittima» «la persona fisica che ha subito un pregiudizio, anche fisico o mentale, sofferenze psichiche, danni materiali causati direttamente da atti o omissioni che costituiscono una violazione del diritto penale di uno Stato membro».

4 Ai sensi dell’art. 2 della decisione quadro, intitolato «Rispetto e riconoscimento»:

«1. Ciascuno Stato membro prevede nel proprio sistema giudiziario penale un ruolo effettivo e appropriato delle vittime. Ciascuno Stato membro si adopererà affinché alla vittima sia garantito un trattamento debitamente rispettoso della sua dignità personale durante il procedimento e ne riconosce i diritti e gli interessi giuridicamente protetti con particolare riferimento al procedimento penale.

2. Ciascuno Stato membro assicura che le vittime particolarmente vulnerabili beneficino di un trattamento specifico che risponda in modo ottimale alla loro situazione».

5 L’art. 3 della decisione quadro, dal titolo «Audizione e produzione di prove», dispone quanto segue:

«Ciascuno Stato membro garantisce la possibilità per la vittima di essere sentita durante il procedimento e di fornire elementi di prova.

Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le autorità competenti interroghino la vittima soltanto per quanto è necessario al procedimento penale».

6 L’art. 8 della decisione quadro rubricato «Diritto alla protezione», così dispone:

«1. Ciascuno Stato membro garantisce un livello adeguato di protezione alle vittime di reati ed eventualmente ai loro familiari o alle persone assimilabili, in particolare per quanto riguarda la sicurezza e la tutela dell’intimità della vita privata, qualora le autorità competenti ritengano che esista una seria minaccia di atti di ritorsione o prova certa di un serio intento di intromissione nella sfera della vita privata.

2. A tal fine e fatto salvo il paragrafo 4, ciascuno Stato membro garantisce, se necessario nell’ambito di una procedura giudiziaria, la possibilità di protezione appropriata della sfera privata e dell’immagine fotografica della vittima, dei suoi familiari o delle persone assimilabili.

3. Ciascuno Stato membro garantisce altresì che si evitino i contatti tra vittima e autori del reato negli edifici degli organi giurisdizionali a meno che lo imponga il procedimento penale. A tal fine, se del caso, ciascuno Stato membro provvede a munire progressivamente tali edifici di luoghi di attesa riservati alle vittime.

4. Ove sia necessario proteggere le vittime, in particolare le più vulnerabili, dalle conseguenze della loro deposizione in udienza pubblica, ciascuno Stato membro garantisce alla vittima la facoltà, in base ad una decisione del giudice, di rendere testimonianza in condizioni che consentano di conseguire tale obiettivo e che siano compatibili con i principi fondamentali del proprio ordinamento».

La normativa nazionale

7 L’art. 392, comma 1 bis, del codice di procedura penale (in prosieguo: il «CPP»), che figura nel libro V, intitolato «Indagini preliminari e udienza preliminare», così dispone:

«Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli (…) 609 quater (…) del codice penale il pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1».

8 L’art. 394 del CPP stabilisce quanto segue:

«1. La persona offesa può chiedere al pubblico ministero di promuovere un incidente probatorio.

2. Se non accoglie la richiesta, il pubblico ministero pronuncia decreto motivato e lo fa notificare alla persona offesa».

9 Ai sensi dell’art. 398, comma 5 bis, del CPP:

«Nel caso di indagini che riguardino ipotesi di reato previste dagli articoli (…) 609 quater (….) del codice penale, il giudice, ove fra le persone interessate all’assunzione della prova vi siano minorenni, con l’ordinanza di cui al comma 2, stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere all’incidente probatorio, quando le esigenze di tutela delle persone lo rendono necessario od opportuno. A tal fine l’udienza può svolgersi anche in luogo diverso dal tribunale, avvalendosi il giudice, ove esistano, di strutture specializzate di assistenza o, in mancanza, presso l’abitazione della persona interessata all’assunzione della prova. Le dichiarazioni testimoniali debbono essere documentate integralmente con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva. Quando si verifica una indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, si provvede con le forme della perizia, ovvero della consulenza tecnica. Dell’interrogatorio è anche redatto verbale in forma riassuntiva. La trascrizione della riproduzione è disposta solo se richiesta dalle parti».

Causa principale e questioni pregiudiziali

10 Dalla decisione di rinvio risulta che la sig.ra Z ha sporto denuncia contro il sig. X accusandolo di aver commesso reiteratamente, nel corso del 2007, atti sessuali quali sanzionati dall’art. 609 quater del codice penale (in prosieguo: il «CP»), in combinato con gli artt. 81 e segg. di detto codice, nei confronti della loro figlia Y, che all’epoca aveva l’età di cinque anni.

11 Tale denuncia ha determinato l’avvio di indagini preliminari, nel corso delle quali Y è stata sentita più volte da diversi esperti in psicologia e pediatria. A seguito di tali misure il pubblico ministero, in data 8 maggio 2008, ha chiesto l’archiviazione della causa.

12 Poiché Y si è opposta a tale richiesta, il giudice per le indagini preliminari, conformemente alle norme processuali applicabili, ha fissato un’udienza in camera di consiglio per consentire alle parti di esprimersi sul fondamento di tale richiesta e sollecitare eventualmente ulteriori indagini o il rinvio a giudizio. Nel corso di tale udienza Y ha chiesto al pubblico ministero, ai sensi dell’art. 394 del CPP, che si procedesse alla sua audizione come testimone nell’ambito di un procedimento incidentale di assunzione anticipata della prova, altresì denominato «incidente probatorio».

13 Il giudice del rinvio, dopo aver raccolto il consenso del pubblico ministero sulla domanda di procedere all’incidente probatorio, ha ordinato l’audizione della minorenne secondo modalità particolari ai sensi dell’art. 398, comma 5 bis, del CPP. In occasione dell’audizione Y ha confermato di essere stata oggetto di atti a connotazione sessuale compiuti da suo padre.

14 Il 27 maggio 2010 la Corte suprema di cassazione ha annullato la decisione del giudice di rinvio di ricorrere all’incidente probatorio.

15 Il 14 luglio 2010 il pubblico ministero ha di nuovo chiesto l’archiviazione del procedimento, domanda alla quale la vittima si è opposta.

16 Il giudice del rinvio ha fissato una nuova udienza in camera di consiglio, nella quale Y ha chiesto al pubblico ministero di reiterare la domanda della sua audizione nell’ambito della procedura di incidente probatorio. Il pubblico ministero non s’è pronunciato al riguardo e ha chiesto di nuovo l’archiviazione del procedimento.

17 Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze, interrogandosi sulla compatibilità del regime processuale applicabile alle vittime minorenni in forza delle disposizioni degli artt. 392, comma 1 bis, 394 e 398 del CPP con gli artt. 2, 3 e 8 della decisione quadro, in quanto, da un lato, tale regime non obbliga il pubblico ministero a dar seguito alla domanda della vittima di procedere all’incidente probatorio e, dall’altra, non consente alla vittima di ricorrere dinanzi a un giudice in caso di rifiuto del pubblico ministero di accogliere detta domanda, ha deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di pronunciarsi sulla portata di detti articoli della decisione quadro.

Sulla competenza della Corte

18 Conformemente all’art. 9 del protocollo n. 36 sulle disposizioni transitorie, allegato al Trattato FUE, gli effetti giuridici della decisione quadro, che è stata adottata in forza del titolo VI del Trattato UE prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, sono mantenuti finché la decisione quadro non sarà stata abrogata, annullata o modificata in applicazione dei Trattati.

19 Peraltro, l’art. 10, n. 1, del medesimo protocollo dispone che le attribuzioni della Corte in ordine agli atti dell’Unione nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ai sensi del titolo VI del Trattato UE, restano invariate, anche nel caso in cui siano state accettate in forza dell’articolo 35, n. 2, UE. Ai sensi dell’art. 10, n. 3, di tale protocollo, la misura transitoria di cui al n. 1 cessa di avere effetto cinque anni dopo il 1° dicembre 2009, data di entrata in vigore del trattato di Lisbona.

20 Dall’informazione relativa alla data di entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 1° maggio 1999 (GU L 114, pag. 56), risulta che la Repubblica italiana ha reso una dichiarazione ai sensi dell’art. 35, n. 2, UE, con la quale ha accettato la competenza della Corte a pronunciarsi sulla validità e l’interpretazione degli atti di cui all’art. 35 UE secondo le modalità previste al n. 3, lett. b), di tale articolo.

21 È inoltre pacifico che la decisione quadro, fondata sugli artt. 31 UE e 34 UE, fa parte degli atti previsti all’art. 35, n. 1, UE, a proposito dei quali la Corte può statuire in via pregiudiziale ed è indiscusso che il giudice per le indagini preliminari, che agisca nell’ambito di un procedimento come quello di cui alla causa principale, dev’essere considerato come una giurisdizione di uno Stato membro ai sensi dell’art. 35 UE (v., in particolare, sentenza 28 giugno 2007, causa C‑467/05, Dell’Orto, pag. I‑5557, punto 35).

22 Alla luce di tali considerazioni, occorre rispondere alle questioni sollevate.

Sulle questioni pregiudiziali

23 Con le questioni sollevate, il giudice del rinvio chiede in sostanza se gli artt. 2, 3 e 8, n. 4, della decisione quadro vadano interpretati nel senso che ostano a disposizioni nazionali come quelle di cui agli artt. 392, comma 1 bis, 398, comma 5 bis, e 394 del CPP, che, da un lato, non prevedono l’obbligo per il pubblico ministero di rivolgersi al giudice affinché quest’ultimo consenta ad una vittima particolarmente vulnerabile di essere sentita e di deporre secondo le modalità dell’incidente probatorio nell’ambito della fase istruttoria del procedimento penale e, dall’altro, non autorizzano detta vittima a proporre ricorso dinanzi ad un giudice avverso la decisione del pubblico ministero recante rigetto della sua domanda di essere sentita e di deporre secondo tali modalità.

24 Conformemente all’art. 3 della decisione quadro, ciascuno Stato membro garantisce la possibilità per tutte le vittime di essere sentite durante il procedimento e di fornire elementi di prova, e adotta le misure necessarie affinché le autorità competenti interroghino le vittime soltanto per quanto è necessario al procedimento penale.

25 Gli artt. 2 e 8, n. 4, della decisione quadro obbligano ciascuno Stato membro ad adoperarsi per garantire a tutte le vittime, in particolare, un trattamento debitamente rispettoso della loro dignità personale durante il procedimento, ad assicurare che le vittime particolarmente vulnerabili beneficino di un trattamento specifico che risponda in modo ottimale alla loro situazione e a garantire alle vittime, ove sia necessario proteggerle, in particolare le più vulnerabili, dalle conseguenze della loro deposizione in udienza pubblica, la facoltà, in base a una decisione del giudice, di rendere testimonianza in condizioni che consentano di conseguire tale obiettivo con mezzi adeguati e che siano compatibili con i principi fondamentali del proprio ordinamento.

26 Sebbene la decisione quadro non definisca la nozione di vulnerabilità della vittima ai sensi dei suoi artt. 2, n. 2, e 8, n. 4, non può essere contestato che qualora, come nella causa principale, un bambino in tenera età sostenga di essere stato vittima, ripetutamente, di atti di natura sessuale commessi dal padre, questo bambino possa, manifestamente, essere così qualificato tenuto conto, in particolare, della sua età, nonché della natura, della gravità e delle conseguenze delle infrazioni di cui ritiene di essere stato vittima, al fine di beneficiare della tutela specifica richiesta dalle citate disposizioni della decisione quadro (v., in tal senso, sentenza 16 giugno 2005, causa C‑105/03, Pupino, Racc. pag. I‑5285, punto 53).

27 Nessuna delle tre disposizioni della decisione quadro menzionate dal giudice del rinvio prevede modalità concrete di attuazione degli obiettivi da esse enunciati, che consistono, in particolare, nel garantire a tutte le vittime un trattamento «debitamente rispettoso della loro dignità personale», la possibilità di «essere sentit[e]» nel corso del procedimento e di «fornire elementi di prova», e che siano interrogate «soltanto per quanto è necessario al procedimento penale», nonché nel garantire alle «vittime particolarmente vulnerabili» un «trattamento specifico che risponda in modo ottimale alla loro situazione» e, se del caso, una tutela «dalle conseguenze della loro deposizione in udienza pubblica» beneficiando, «in base a una decisione del giudice», della facoltà «di rendere testimonianza in condizioni che consentano di conseguire tale obiettivo e che siano compatibili con i principi fondamentali del proprio ordinamento» (v., in tal senso, sentenza Pupino, cit., punto 54).

28 In assenza di più ampie precisazioni nelle stesse disposizioni della decisione quadro e tenuto conto dell’art. 34 UE, che conferisce agli organi nazionali la competenza in merito alla forma e ai mezzi necessari per conseguire il risultato voluto dalle decisioni quadro, si deve ammettere che la decisione quadro lascia alle autorità nazionali un ampio potere discrezionale quanto alle concrete modalità di conseguimento degli obiettivi con essa perseguiti (v., in tal senso, sentenze 9 ottobre 2008, causa C‑404/07, Katz, Racc. pag. I‑7607, punto 46; 21 ottobre 2010, causa C‑205/09, Eredics e Sápi, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 37 e 38, nonché 15 settembre 2011, cause riunite C‑483/09 e C‑1/10, Gueye e Salmerón Sánchez, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 57, 72 e 74).

29 Secondo la normativa controversa nella causa principale, la deposizione resa durante le indagini preliminari deve essere, in linea di principio, ripetuta all’udienza pubblica per acquisire valore di prova. È tuttavia permesso in taluni casi rendere tale deposizione una sola volta, nel corso delle indagini preliminari, con lo stesso valore probatorio, ma secondo modalità diverse da quelle imposte all’udienza pubblica (sentenza Pupino, cit., punto 55).

30 Per quanto riguarda tale normativa, la Corte ha dichiarato che la realizzazione degli obiettivi perseguiti dalle citate disposizioni della decisione quadro impone che un giudice nazionale abbia la possibilità, per le vittime particolarmente vulnerabili, di utilizzare una procedura speciale, come l’incidente probatorio diretto all’assunzione anticipata della prova, prevista nell’ordinamento giuridico italiano, nonché le modalità particolari di deposizione pure previste, se tale procedura risponde in modo ottimale alla situazione di tali vittime e si impone al fine di impedire la perdita degli elementi di prova, di ridurre al minimo la ripetizione degli interrogatori e di impedire le conseguenze pregiudizievoli, per le dette vittime, della loro deposizione in pubblica udienza (sentenza Pupino, cit., punto 56).

31 A differenza di quanto avveniva nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza Pupino, il reato oggetto nella causa principale rientra tra quelli per i quali il ricorso a detta procedura è, in linea di principio, possibile.

32 Il giudice del rinvio considera tuttavia che l’assenza di un obbligo per il pubblico ministero di accogliere la domanda, formulata da una vittima particolarmente vulnerabile nel corso della fase istruttoria, volta ad ottenere che quest’ultimo richieda al giudice investito della causa il ricorso a detta procedura e all’audizione, secondo modalità particolari altresì previste, viola le citate disposizioni della decisione quadro. Il giudice per le indagini preliminari, in caso di rifiuto del pubblico ministero e in assenza di una domanda in tal senso da parte della persona indagata, non potrebbe avviare detta procedura, anche se, d’altro lato, questo stesso giudice potrebbe costringere il pubblico ministero a formulare i capi d’accusa in vista dell’eventuale rinvio a giudizio della persona indagata.

33 Come osservato ai punti 27 e 28 della presente sentenza, nessuna delle tre disposizioni della decisione quadro menzionate dal giudice del rinvio prevede modalità concrete di attuazione degli obiettivi da esse enunciati. Alla luce del dettato di tali disposizioni e tenuto conto dell’art. 34 UE, va riconosciuto agli organi nazionali un ampio potere discrezionale relativamente a tali modalità.

34 Benché, come già osservato, gli Stati membri siano tenuti ad adottare provvedimenti specifici a favore delle vittime particolarmente vulnerabili, da ciò non deriva necessariamente un diritto per tali vittime di beneficiare in qualunque ipotesi di un regime come quello dell’incidente probatorio nel corso della fase istruttoria al fine di conseguire gli obiettivi della decisione quadro.

35 L’art. 8, n. 4, della decisione quadro impone segnatamente agli Stati membri di garantire alle vittime, ove sia necessario proteggerle, in particolare le più vulnerabili, «dalle conseguenze della loro deposizione in udienza pubblica», la facoltà, «in base ad una decisione del giudice, di rendere testimonianza in condizioni che consentano di conseguire tale obiettivo [con mezzi adeguati]» e che «siano compatibili con i principi fondamentali del proprio ordinamento».

36 Tuttavia, come ha osservato l’avvocato generale ai paragrafi 53‑58 delle sue conclusioni, una legislazione nazionale che, in un sistema giuridico come quello di cui trattasi nella causa principale, prevede un regime processuale in forza del quale il pubblico ministero decide in merito all’accoglimento della domanda della vittima di ricorrere a una procedura come quella dell’incidente probatorio, non eccede il margine di discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri nell’attuazione di tale obiettivo.

37 Oltre al fatto che, come enunciato al nono ‘considerando’ della decisione quadro, quest’ultima non impone agli Stati membri l’obbligo di garantire alle vittime un trattamento equivalente a quello delle parti del procedimento (v., in particolare, sentenza Gueye e Salmerón Sánchez, cit., punto 53), la circostanza che nel sistema giuridico penale italiano spetti al pubblico ministero decidere di sottoporre al giudice investito della causa la domanda della vittima di ricorrere, nel corso della fase istruttoria, al procedimento dell’incidente probatorio, che deroga al principio secondo il quale le prove sono raccolte nell’ambito del dibattimento, può essere considerata come rientrante nella logica di un sistema in cui il pubblico ministero costituisce un organo giudiziario incaricato dell’esercizio dell’azione penale.

38 Risulta da quanto precede, da un lato, che le disposizioni nazionali controverse nella causa principale discendono dai principi fondamentali del sistema giuridico penale dello Stato membro interessato, i quali, ai sensi dell’art. 8, n. 4, della decisione quadro, devono essere rispettati. Dall’altro, la valutazione della domanda di una vittima di fare ricorso al procedimento dell’incidente probatorio deve tenere conto della necessità di interpretare la decisione quadro in modo che siano rispettati i diritti fondamentali. Alla luce di tale necessità, le autorità nazionali devono garantire, in ogni caso, che l’applicazione di una siffatta procedura non sia tale da rendere il procedimento penale, considerato nel suo insieme, iniquo ai sensi delle disposizioni citate.

39 Benché nel sistema giuridico italiano il giudice per le indagini preliminari possa obbligare il pubblico ministero a formulare i capi d’accusa, nonostante la volontà di quest’ultimo di archiviare il procedimento, sembra accertato che, in tal caso, il pubblico ministero possa sempre sottoporre, eventualmente, anche al giudice che deve decidere sulla prosecuzione del procedimento, la domanda di ricorso ad una procedura come quella dell’incidente probatorio.

40 Peraltro, come ha spiegato il governo italiano, nell’ambito della fase del dibattimento dinanzi al giudice competente, in caso di rinvio a giudizio della persona indagata, la tutela della vittima è garantita da diverse disposizioni del CPP, che prevedono in particolare la possibilità di procedere a porte chiuse nonché di ricorrere alle modalità di cui all’art. 398, comma 5 bis, del CPP, vale a dire proprio a quelle modalità che il giudice del rinvio vorrebbe fossero utilizzate nel corso della fase istruttoria.

41 Né la conclusione formulata al punto 36 della presente sentenza viene rimessa in discussione dalla circostanza che la decisione di rifiuto del pubblico ministero, che dev’essere motivata, non può formare oggetto di controllo da parte di un giudice, in quanto tale circostanza si inserisce in un sistema in cui la formulazione dell’accusa è in linea di principio riservata al pubblico ministero.

42 Certo, come dichiarato dalla Corte (v., in particolare, sentenza Gueye e Salmerón Sánchez, cit., punti 58 e 59), gli artt. 3, primo comma, e 2, n. 1, della decisione quadro comportano in particolare che la vittima possa rendere una deposizione nell’ambito del procedimento penale e che tale deposizione possa essere considerata quale elemento di prova. Al fine di garantire che la vittima possa effettivamente prendere parte al procedimento penale in modo adeguato, il suo diritto ad essere sentita, oltre a darle la possibilità di descrivere oggettivamente lo svolgimento dei fatti, deve consentirle di poter esprimere il proprio punto di vista.

43 Tuttavia, né le disposizioni della decisione quadro, né l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v., relativamente all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, in particolare, Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 29 marzo 2001, Asociación de Víctimas del Terrorismo c. Spagna) garantiscono alla vittima di un reato il diritto di provocare l’esercizio di azioni penali contro un terzo al fine di ottenerne la condanna.

44 Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, le questioni sollevate vanno risolte dichiarando che gli artt. 2, 3 e 8, n. 4, della decisione quadro devono essere interpretati nel senso che non ostano a disposizioni nazionali come quelle di cui agli artt. 392, comma 1 bis, 398, comma 5 bis, e 394 del CPP, che, da un lato, non prevedono l’obbligo per il pubblico ministero di rivolgersi al giudice affinché quest’ultimo consenta ad una vittima particolarmente vulnerabile di essere sentita e di deporre secondo le modalità dell’incidente probatorio nell’ambito della fase istruttoria del procedimento penale e, dall’altro, non autorizzano detta vittima a proporre ricorso dinanzi ad un giudice avverso la decisione del pubblico ministero recante rigetto della sua domanda di essere sentita e di deporre secondo tali modalità.

Sulle spese

45 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

Gli artt. 2, 3 e 8, n. 4, della decisione quadro del Consiglio 15 marzo 2001, 2001/220/GAI, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, devono essere interpretati nel senso che non ostano a disposizioni nazionali, come quelle di cui agli artt. 392, comma 1 bis, 398, comma 5 bis, e 394 del codice di procedura penale, che, da un lato, non prevedono l’obbligo per il pubblico ministero di rivolgersi al giudice affinché quest’ultimo consenta ad una vittima particolarmente vulnerabile di essere sentita e di deporre secondo le modalità dell’incidente probatorio nell’ambito della fase istruttoria del procedimento penale e, dall’altro, non autorizzano detta vittima a proporre ricorso dinanzi ad un giudice avverso la decisione del pubblico ministero recante rigetto della sua domanda di essere sentita e di deporre secondo tali modalità.