sabato 10 settembre 2011

La Corte si pronuncia sulle condizioni alle quali le autorità francesi potevano vietare provvisoriamente la coltivazione del mais MON 810

Sentenza nelle cause riunite da C-58/10 a C-68/10
Monsanto SAS e a.
La Corte si pronuncia sulle condizioni alle quali le autorità francesi potevano vietare provvisoriamente la coltivazione del mais MON 810
Nel caso di specie, misure urgenti potevano essere adottate alle condizioni previste dalla normativa sugli alimenti e i mangimi
L'emissione deliberata degli organismi geneticamente modificati (OGM) – sperimentazioni sul terreno o coltivazione di varietà di piante OGM – è disciplinata da una normativa europea che fa perno, in particolare, su due regimi: da una parte, quello della direttiva 2001/18/CE 1, applicabile all’emissione di tutti gli OGM, e, dall'altra, quello del regolamento n. 1829/2003, applicabile anch'esso agli OGM destinati all'alimentazione umana e animale 2. Nell'osservanza del principio di precauzione, questa disciplina mira a garantire un elevato livello di tutela della vita e della salute umana, assicurando al contempo la libera circolazione degli alimenti e dei mangimi.
Con decisione 22 aprile 19983, la Commissione europea ha autorizzato l’immissione in commercio del mais geneticamente modificato MON 810 su richiesta della Monsanto Europe, fondandosi sulla direttiva, all'epoca in vigore, 90/220/CEE sull’emissione deliberata di OGM nell’ambiente. In esecuzione di tale decisione, la Francia ha dato il suo consenso scritto all’immissione in commercio. Utilizzato sul territorio dell’Unione quale mangime, il mais MON 810 sviluppato dal gruppo americano Monsanto, è particolarmente resistente a determinati parassiti.
L'11 luglio 2004 la Monsanto Europe ha notificato il mais MON 810 alla Commissione, quale «prodotto esistente», non già in forza della direttiva 2001/18/CE, ma del regolamento n. 1829/2003 relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati, in quanto legalmente immesso in commercio prima della data di applicazione di tale regolamento (vale a dire il 18 aprile 2004) 4. Il 4 maggio 2007 la Monsanto ha chiesto il rinnovo dell’autorizzazione all'immissione in commercio dell'OGM in parola sulla base di questo stesso regolamento.
A titolo di misure urgenti, la Francia ha adottato, nel 2007, un decreto ministeriale volto a sospendere sul territorio nazionale la cessione e l’utilizzo di sementi di mais MON 810, e successivamente, nel 2008, due decreti ministeriali diretti a vietare la coltivazione delle sementi di mais MON 810.
Avverso tali provvedimenti la Monsanto e varie società produttrici di sementi hanno presentato ricorsi di annullamento dinanzi al Conseil d’État (Francia). Nel contesto di tali ricorsi si è posta la questione se la Francia potesse disporre misure urgenti sul fondamento della direttiva 2001/18/CE (che consente l'adozione di tali misure da parte dello Stato membro, di propria iniziativa e direttamente) oppure se avesse dovuto farlo solo secondo i regolamenti nn. 1829/2003 e 178/2002 (secondo cui uno Stato membro può adottare misure urgenti soltanto qualora abbia informato ufficialmente la Commissione circa la necessità di adottarle e qualora la Commissione non abbia agito).
In tale contesto, il Conseil d’État ha deciso di rivolgersi alla Corte di giustizia riguardo alle norme applicabili alle misure urgenti relative alle autorizzazioni di immissione in commercio di cui beneficiano i prodotti OGM.
In via preliminare, la Corte osserva che le risposte fornite, nella fattispecie, lasciano impregiudicata l’applicazione della direttiva 2002/53/CE relativa al catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole 5, che si applica a sementi provenienti da varietà di mais come quelle del mais MON 810, ma di cui le autorità francesi non hanno invocato le disposizioni che consentono a uno Stato membro di essere autorizzato su sua richiesta, dalla Commissione o dal Consiglio, ad adottare misure inibitorie.
La Corte osserva inoltre che, nel caso di specie, il mais MON 810, autorizzato, in particolare, in quanto semente a fini di coltivazione in applicazione della direttiva 90/220/CEE sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati (abrogata dalla direttiva 2001/18/CE), è stato notificato quale «prodotto esistente» in conformità al regolamento n. 1829/2003 e, successivamente, ha formato oggetto di una domanda di rinnovo di autorizzazione in corso di esame, ai sensi dello stesso regolamento. Essa rileva che, in siffatte circostanze, uno Stato membro non può utilizzare la clausola di salvaguardia prevista dalla direttiva 2001/18/CE al fine di adottare misure che sospendano e, in un secondo momento, vietino provvisoriamente l'utilizzo o l'immissione in commercio di un OGM come il mais MON 810.
Per contro, misure urgenti di tale natura possono essere adottate in forza del regolamento n. 1829/2003.
A tale riguardo, la Corte sottolinea che, ove uno Stato membro intenda adottare misure urgenti sul fondamento di quest’ultimo regolamento, deve rispettare, oltre alle condizioni sostanziali indicate nello stesso, anche le condizioni procedurali previste dal regolamento n. 178/2002 6, cui il primo regolamento rinvia per quanto riguarda tale aspetto. Lo Stato membro deve quindi informare «ufficialmente» la Commissione circa la necessità di adottare misure urgenti. Qualora la Commissione non abbia adottato alcuna misura, lo Stato deve informare «immediatamente» quest'ultima nonché gli altri Stati membri del contenuto delle misure cautelari da esso adottate. Pertanto, precisa la Corte, lo Stato membro deve informare la Commissione «il più rapidamente possibile», e – come del resto per la clausola di salvaguardia introdotta dalla direttiva 2001/18/CE – tale informazione deve intervenire, in caso di emergenza, non oltre il momento dell’adozione delle misure urgenti da parte dello Stato membro.
La Corte dichiara, inoltre, quanto alle condizioni sostanziali delle misure urgenti adottate in applicazione del regolamento n. 1829/2003, che quest'ultimo impone agli Stati membri di dimostrare, oltre all’urgenza, l’esistenza di una situazione in grado di comportare un rischio che ponga a repentaglio in modo manifesto la salute umana, la salute degli animali o l’ambiente. Nonostante il loro carattere provvisorio e preventivo, tali misure possono essere adottate solamente se fondate su una valutazione dei rischi quanto più possibile completa tenuto conto delle circostanze specifiche del caso di specie, che dimostrino che tali misure sono necessarie.
La Corte osserva, infine, che, alla luce dell’economia del sistema previsto dal regolamento n. 1829/2003 e del suo obiettivo di evitare artificiali disparità, la valutazione e la gestione di un rischio grave e manifesto compete, in ultima istanza, esclusivamente alla Commissione e al Consiglio, sotto il controllo del giudice dell’Unione. Essa precisa che, nella fase dell’adozione e dell’attuazione da parte degli Stati membri delle misure urgenti, fintantoché non sia stata adottata alcuna decisione a livello dell’Unione, i giudici nazionali aditi al fine di verificare la legittimità delle misure nazionali sono competenti a valutarne la legittimità alla luce delle condizioni sostanziali e procedurali previste dai regolamenti nn. 1829/2003 e 178/2002. Per contro, ove sia stata adottata una decisione a livello dell’Unione, le valutazioni di fatto e di diritto in essa contenute vincolano tutti gli organi dello Stato membro destinatario, ivi compresi i suoi giudici chiamati ad esaminare la legittimità delle misure adottate a livello nazionale.
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1 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/18/CE, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio (GU L 106, pag. 1).
2 Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 22 settembre 2003, n. 1829, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati (GU L 268, pag. 1).
3 Decisione della Commissione 22 aprile 1998, 98/294/CE, concernente l’immissione in commercio di granturco geneticamente modificato (Zea mays L. varietà MON 810) a norma della direttiva 90/220 (GU L 131, pag. 32).
4 In forza del regolamento n. 1829/2003 (art. 20, n. 1, lett. a).
5 Direttiva del Consiglio 13 giugno 2002, 2002/53/CE, relativa al catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole (GU L 193, pag. 1), come modificata dal regolamento n. 1829/2003.
6 Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2002, n. 178, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31, pag. 1).