sabato 10 settembre 2011

La Corte precisa la portata dell’immunità concessa dal diritto dell’Unione ai deputati europei per le opinioni e i voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni

Sentenza nella causa C-163/10
Aldo Patriciello
La Corte precisa la portata dell’immunità concessa dal diritto dell’Unione ai deputati europei per le opinioni e i voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni
L’immunità può essere riconosciuta soltanto se esiste un nesso diretto ed evidente tra l’opinione espressa dal deputato europeo e l’esercizio delle sue funzioni parlamentari
I membri del Parlamento europeo beneficiano di tutela ai sensi del Protocollo sui privilegi e sulle immunità dell'Unione europea. In particolare, in virtù dell'immunità ad essi riconosciuta, essi non possono essere ricercati, detenuti o perseguiti a motivo delle opinioni o dei voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni.
Qualora un deputato europeo sia sottoposto ad azioni giudiziarie a motivo delle opinioni o dei voti da lui espressi, la valutazione in merito all'applicazione di tale immunità rientra nella competenza esclusiva del giudice nazionale investito del procedimento.
Nell'ambito di un procedimento penale instaurato dinanzi al Tribunale di Isernia (Italia), il sig. Patriciello, deputato europeo, è imputato del reato di calunnia nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni. Infatti, nel corso di un alterco in un parcheggio pubblico, il sig. Patriciello avrebbe accusato un agente della polizia municipale di Pozzilli (Italia) di comportamento illecito (falso materiale in atto pubblico), affermando che quest'ultimo aveva falsificato gli orari riportati sui verbali di contravvenzione, elevati nei confronti di vari automobilisti i cui veicoli stazionavano in violazione del codice della strada.
Nel 2009, facendo seguito alla richiesta del sig. Patriciello, il Parlamento europeo ha deciso di difendere l'immunità di tale deputato1, ritenendo che egli avesse agito nell'interesse generale del suo elettorato.
Il tribunale italiano chiede alla Corte di giustizia di precisare i criteri pertinenti per stabilire se una dichiarazione effettuata da un deputato europeo al di fuori delle aule del Parlamento europeo, la quale abbia dato luogo ad azioni penali nello Stato membro di origine di detto deputato per il reato di calunnia, costituisca un’opinione espressa nell'esercizio delle sue funzioni parlamentari, ammessa perciò a beneficiare di un’immunità.
La Corte ricorda anzitutto che la portata dell'immunità per le opinioni e i voti espressi dai deputati europei nell'esercizio delle loro funzioni parlamentari deve essere determinata unicamente sulla scorta del diritto dell'Unione. In tal modo, ai sensi di tale diritto, l'immunità concessa ai deputati europei mira a tutelare la loro libertà di espressione e la loro indipendenza. Pertanto, essa osta a qualsiasi procedimento giudiziario che venisse instaurato a motivo di opinioni e voti siffatti. Ne consegue che, una volta soddisfatti i presupposti di merito per il riconoscimento dell’immunità, quest’ultima non può essere revocata dal Parlamento europeo ed il giudice nazionale competente per la sua applicazione è tenuto a non dar seguito all’azione promossa contro il deputato europeo.
La Corte precisa poi che, sebbene l'immunità parlamentare riguardi essenzialmente le dichiarazioni effettuate nelle aule del Parlamento europeo, non è escluso che anche una dichiarazione effettuata al di fuori di tali luoghi possa costituire un'opinione espressa nell'esercizio delle funzioni parlamentari. Di conseguenza, l'esistenza di un'opinione siffatta deve essere valutata sulla base della natura e del contenuto della dichiarazione e non in base al luogo in cui quest’ultima è stata effettuata.
La Corte ritiene così che l'immunità parlamentare sia strettamente connessa alla libertà di espressione, che è il fondamento essenziale di una società democratica e pluralista e rispecchia i valori sui quali l’Unione si fonda. Tale libertà costituisce inoltre un diritto fondamentale garantito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la quale ha lo stesso valore giuridico dei Trattati istitutivi dell’Unione. Essa è inoltre garantita dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Partendo da tali constatazioni, la Corte ritiene che la nozione di «opinione» tutelabile con l’immunità debba essere intesa in senso ampio, includente cioè i discorsi che, per il loro contenuto, corrispondono ad asserzioni costituenti valutazioni soggettive. Inoltre, per essere coperta dall’immunità, un'opinione deve presentare un nesso con le funzioni parlamentari.
Tuttavia, la Corte constata che il riconoscimento dell'immunità può precludere definitivamente l'esercizio di azioni penali per i reati commessi e privare così i soggetti lesi da tali reati della possibilità di accedere alla giustizia, o addirittura impedire loro di ottenere il risarcimento del danno subito. Tenuto conto di tali conseguenze, la Corte ritiene che l'immunità possa essere concessa soltanto qualora il nesso tra l'opinione espressa e le funzioni parlamentari sia diretto ed evidente.
Di conseguenza, spetta al giudice italiano valutare se la dichiarazione del deputato europeo presenti con evidenza tale nesso e possa dunque essere considerata quale espressione di un'opinione nell'esercizio delle sue funzioni parlamentari e legittimare il riconoscimento dell'immunità.
A questo proposito, la Corte osserva però che, stando alla descrizione dei fatti e del contenuto delle allegazioni del sig. Patriciello, le dichiarazioni di quest'ultimo appaiono relativamente lontane dalle sue funzioni di membro del Parlamento europeo. Infatti, nel caso di specie, le frasi del sig. Patriciello difficilmente possono presentare un nesso diretto con un interesse generale coinvolgente i cittadini.
La Corte ricorda peraltro che la decisione di difesa dell’immunità adottata dal Parlamento europeo costituisce unicamente un parere sprovvisto di qualsiasi effetto vincolante nei confronti dei giudici nazionali.
Infine, nel caso in cui, alla luce dell'interpretazione fornita dalla presente sentenza, il giudice italiano decidesse di discostarsi dal parere del Parlamento europeo, il diritto dell'Unione non imporrebbe a detto giudice alcun obbligo particolare per quanto riguarda la motivazione della sua decisione.
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1 Art. 6, n. 3, del regolamento interno del Parlamento europeo.