sabato 10 settembre 2011

Gli Stati membri possono stabilire, in linea di principio, limiti massimi per le emissioni acustiche misurate al suolo, che le compagnie aeree devono rispettare quando sorvolano aree situate in prossimità di un aeroporto

Sentenza nella causa C-120/10
European Air Transport SA /
Collège d’environnement de la Région de Bruxelles-Capitale,
Région de Bruxelles-Capitale
Gli Stati membri possono stabilire, in linea di principio, limiti massimi per le emissioni acustiche misurate al suolo, che le compagnie aeree devono rispettare quando sorvolano aree situate in prossimità di un aeroporto
Tuttavia, se la legislazione nazionale ha l'effetto di obbligare le compagnie aeree a rinunciare all'esercizio della loro attività economica, essa può essere adottata solo nel rispetto delle condizioni stabilite dal diritto dell'Unione
Al fine di ridurre i rumori molesti provocati dagli aerei negli aeroporti dell'Unione, la direttiva 2002/30 1 autorizza gli Stati membri ad adottare restrizioni denominate «restrizioni operative». Esse sono consentite solo in caso di superamento dei livelli acustici certificati, livelli che vanno misurati alla fonte2 - ossia, presso lo stesso aereo.
L'aeroporto di Bruxelles-National (Belgio) è situato nel territorio della Regione fiamminga, benché i voli ivi effettuati sorvolino anche, a bassa quota, la regione di Bruxelles-Capitale.
La presente causa trae origine da una controversia tra la compagnia aerea European Air Transport (EAT) − specializzata nel trasporto aereo di merci (gruppo DHL) − da un lato, e la Regione di Bruxelles-Capitale (Belgio) con il Collège d'environnement (commissione ambientale) di detta regione, dall'altro.
Il 19 ottobre 2007 l'autorità regionale competente ha inflitto alla EAT una sanzione amministrativa pari a EUR 56 113 per superamento, durante la notte, dei limiti stabiliti dalla normativa della regione di Bruxelles. Ai sensi di questa normativa, questi limiti vengono misurati al livello del suolo.
La compagnia aerea EAT ha proposto un ricorso per l'annullamento di tale decisione. Essa sostiene che la normativa regionale su cui si fondano le infrazioni che le sono contestate sarebbe contraria al diritto dell'Unione, poiché utilizza valori acustici massimi misurati a livello del suolo (e non alla fonte), in contrasto con la direttiva.
Alla luce di ciò, il Conseil d'État (Belgio), che deve decidere la controversia, ha disposto di investire la Corte di una domanda di pronuncia pregiudiziale. La giurisdizione belga chiede alla Corte di chiarire se la normativa della regione di Bruxelles, che punisce i rumori molesti provocati dal traffico aereo, possa essere considerata una «restrizione operativa» soggetta alle norme della direttiva 2002/30 e, in particolare, al metodo di misurazione dei livelli acustici alla fonte.
Nella sua sentenza odierna la Corte ricorda preliminarmente che, per affrontare il problema dei rumori molesti provocati dagli aerei, l'Unione ha adottato il metodo dell'approccio equilibrato. Quest'ultimo – definito dall'International Civil Aviation Organisation (ICAO) − si articola in quattro elementi essenziali e richiede un'attenta valutazione delle diverse soluzioni possibili per attenuare le emissioni acustiche, in particolare la riduzione alla fonte del rumore prodotto dagli aerei, la pianificazione e gestione del territorio, le procedure operative per l'«abbattimento del rumore» e le restrizioni operative.
Quest'approccio equilibrato presuppone che le restrizioni operative possono essere ammesse solo quando ogni altra misura di gestione del rumore non abbia consentito di raggiungere gli obiettivi della direttiva.
A questo proposito, la Corte giudica che una «restrizione operativa», ai sensi della direttiva, costituisce una misura di divieto, assoluto o temporaneo, di accesso di un aereo a un aeroporto di uno Stato membro dell'Unione.
Pertanto, una normativa ambientale, come quella ora in questione, che impone limiti massimi alle emissioni acustiche misurate al suolo, che devono essere rispettati quando si sorvolano aree situate in prossimità dell'aeroporto, non costituisce, in quanto tale, una «restrizione operativa» dal momento che essa non vieta l'accesso all'aeroporto interessato.
In ogni caso, la Corte precisa che, sebbene l'applicazione di un metodo consistente nel misurare, a livello del suolo, il rumore prodotto da un aeromobile in volo possa rientrare nella cornice dell'approccio equilibrato, non si può però escludere che una normativa ambientale, come quella ora in questione, a causa del contesto economico, tecnico e giuridico pertinente possa produrre gli stessi effetti di un divieto di accesso all'aeroporto. Ebbene, qualora risulti che i limiti imposti da una normativa nazionale sono talmente restrittivi da finire per obbligare in concreto i gestori di compagnie aeree a rinunciare all'esercizio della loro attività economica, una siffatta normativa equivarrebbe a un divieto di accesso e costituirebbe, di conseguenza, una «restrizione operativa», ai sensi della direttiva 2002/30. Pertanto, una normativa del genere dovrebbe essere adottata nel rispetto delle condizioni stabilite dalla direttiva.
È compito della giurisdizione belga verificare se le misure adottate dalla Regione di Bruxelles-Capitale producano effetti del genere.
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1 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 marzo 2002, 2002/30/CE, che istituisce norme e procedure per l'introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti della Comunità (GU L 85, pag. 40).
2 In concreto, la direttiva 2002/30/CE prende sostanzialmente in considerazione i livelli certificati di rumore di un aereo. Questa certificazione acustica è effettuata sulla base di valori di riferimento teorici relativi alle condizioni meteorologiche, geofisiche e operative. Detti valori di riferimento prendono in considerazione parametri quali il livello del mare, la temperatura ambiente, il tasso di umidità, le caratteristiche del suolo in regola con le norme, l'altezza del microfono, nonché la traiettoria e i parametri di volo.