venerdì 13 maggio 2011

La Corte conferma la validità della direttiva sui diritti aeroportuali

Sentenza nella causa C-176/09
Lussemburgo / Parlamento europeo e Consiglio dell'Unione europea
La Corte conferma la validità della direttiva sui diritti aeroportuali
L'aeroporto di Lussemburgo-Findel rientra nella direttiva poiché registra il traffico passeggeri annuale più elevato e gode di una posizione privilegiata in quanto punto di entrata in Lussemburgo
Il Lussemburgo ha proposto dinanzi alla Corte di giustizia un ricorso di annullamento parziale della direttiva 2009/12/CE, che stabilisce principi comuni per la riscossione dei diritti aeroportuali1 versati dalle compagnie aeree agli aeroporti dell'Unione europea2. La direttiva si applica agli aeroporti, aperti al traffico commerciale, il cui volume di traffico annuale supera la soglia di 5 milioni di movimenti passeggeri o, nel caso in cui nessun aeroporto raggiunga tale soglia minima in uno Stato membro, all'aeroporto avente il maggior traffico passeggeri annuale, che gode di una posizione privilegiata in quanto punto di entrata in tale Stato.
In forza di detta direttiva, gli Stati membri devono provvedere affinché i diritti aeroportuali non creino discriminazioni tra gli utenti dell’aeroporto (le compagnie aeree). Deve essere istituita una procedura obbligatoria di consultazione (almeno una volta all'anno) tra il gestore dell'aeroporto interessato e gli utenti di quest'ultimo o i rappresentanti o le associazioni degli utenti dell'aeroporto in relazione all’applicazione del sistema, all’ammontare dei diritti aeroportuali e, se del caso, alla qualità del servizio.
Il Lussemburgo ha contestato il fatto che l'aeroporto di Lussemburgo-Findel, unico aeroporto dello Stato, sia soggetto agli obblighi amministrativi e finanziari della direttiva, in quanto il traffico annuale è di 1,7 milioni di passeggeri all'anno, contrariamente ad altri aeroporti regionali limitrofi, che non sono inclusi nell'ambito di applicazione della direttiva sebbene abbiano un traffico maggiore. Il Lussemburgo ha menzionato, per esempio, gli aeroporti di Charleroi (Belgio) e di Hahn (Germania) – il cui traffico annuale ammonta, rispettivamente, a 2,9 milioni e a 4 milioni di passeggeri – e quelli di Bordeaux (Francia) e di Torino (Italia), situati in prossimità di un centro urbano di una certa grandezza o caratterizzati da un certo livello di attività economica – con un movimento annuale, rispettivo, di 3,4 e 3,5 milioni di passeggeri.
Secondo il Lussemburgo, è vero che la direttiva è volta ad evitare qualunque rischio di abuso di posizione dominante degli aeroporti rientranti nel suo ambito di applicazione, ma un rischio siffatto è inesistente per quanto riguarda l'aeroporto di Findel, il quale, invece, si trova in una situazione concorrenziale rispetto agli aeroporti limitrofi che accolgono compagnie «a basso prezzo», situati a Hahn (Germania) o a Charleroi (Belgio) e agli aeroporti che costituiscono centri aeroportuali («hub») come Francoforte (Germania) o Bruxelles (Belgio).
Oltre ad una violazione del principio di parità di trattamento a motivo di un trattamento differenziato di situazioni analoghe – dato che l’aeroporto di Findel è incluso nella direttiva, mentre aeroporti regionali delle stesse dimensioni non lo sono – il Lussemburgo fa valere, peraltro, una violazione del principio di parità di trattamento in quanto l'aeroporto di Lussemburgo-Findel sarebbe trattato in modo identico agli aeroporti che accolgono oltre 5 milioni di passeggeri all'anno, sebbene non abbia né la medesima posizione di forza rispetto alle compagnie aeree né lo stesso potere economico di tali aeroporti.
Nella sentenza emessa in data odierna, la Corte di giustizia dichiara che l'aeroporto di Lussemburgo-Findel gode di una posizione privilegiata in quanto «punto di entrata» in tale Stato membro, ai sensi della direttiva. Di conseguenza, il fatto che esso sia incluso nell'ambito di applicazione della stessa non è contrario al principio di parità di trattamento.
La Corte constata che il legislatore dell'Unione, nell'adottare la direttiva, ha ritenuto che non fosse necessario includere nell'ambito di applicazione della medesima l’insieme degli aeroporti dell'Unione, ma solo due categorie di aeroporti, quelli che superano la soglia minima di cinque milioni di passeggeri all'anno e quelli che, al pari dell'aeroporto di Lussemburgo-Findel, hanno il maggior traffico passeggeri annuale in uno Stato membro in cui nessun aeroporto raggiunge questa soglia minima. Adottando tale quadro comune, il legislatore dell'Unione ha inteso imporre il rispetto di taluni requisiti quali la trasparenza dei diritti aeroportuali, la consultazione delle compagnie aeree e la loro non discriminazione.
Dopo aver esaminato la situazione degli aeroporti principali sotto il profilo della loro posizione rispetto alle compagnie aeree, la Corte afferma che, negli Stati membri ove nessun aeroporto raggiunge la soglia minima prevista dalla direttiva, l'aeroporto con il maggior traffico passeggeri annuale deve essere considerato il punto di entrata nello Stato membro di cui trattasi, il che gli conferisce una posizione privilegiata nei confronti delle compagnie aeree. Infatti, tali aeroporti principali sono situati, in genere, in prossimità di un grande centro politico e/od economico in grado di attirare in gran parte una clientela d’affari per la quale il prezzo dei biglietti è solamente uno dei criteri tra gli altri e che può essere particolarmente sensibile all'ubicazione dell'aeroporto, alle possibilità di connessione con altri mezzi di trasporto, nonché alla qualità dei servizi forniti. Per questo segmento di mercato di media o alta gamma, le compagnie aeree hanno quindi un interesse strategico maggiore a proporre voli da e per un aeroporto principale come quello di Lussemburgo-Findel – piuttosto che voli da e per un aeroporto secondario come quello di Hahn – senza che l'importo dei diritti aeroportuali o il volume concreto di traffico passeggeri annuale possano essere considerati criteri decisivi per tali compagnie.
Pertanto, l'aeroporto di Lussemburgo-Findel, in quanto aeroporto principale, deve essere soggetto agli obblighi della direttiva, in considerazione del rischio di abuso di posizione privilegiata di tale aeroporto in merito alla fissazione dei diritti aeroportuali.
Per contro, gli aeroporti secondari – non soggetti agli obblighi della direttiva – non possono, per principio, essere considerati come il «punto di entrata» ai sensi della direttiva, indipendentemente dal numero annuale di passeggeri, quand’anche taluni di essi siano situati in prossimità di un centro urbano, come gli aeroporti di Bordeaux e di Torino. Inoltre, questi aeroporti secondari, segnatamente quelli che non si trovano in prossimità di un grande centro urbano, possono risultare più attraenti per le compagnie cosiddette «low cost». Infatti, tali compagnie, guidate in via di principio da una strategia diversa, si rivolgono ad una clientela che, contrariamente alla clientela d'affari, è più sensibile ai prezzi dei biglietti e maggiormente disposta ad effettuare tragitti più lunghi tra la città di destinazione e l'aeroporto. Ciò considerato, il legislatore non ha commesso alcun errore manifesto e non ha superato i limiti del suo potere, ritenendo che gli aeroporti secondari non si trovino nella stessa situazione degli aeroporti principali.
Inoltre, il fatto che la situazione di un aeroporto come quello di Findel non sia identica a quella degli aeroporti aventi un traffico passeggeri annuale superiore ai cinque milioni non significa che sia contrario al principio di parità di trattamento sottoporre queste due categorie di aeroporti agli stessi obblighi di trasparenza tariffaria previsti dalla direttiva. Infatti, la circostanza che detti aeroporti godano di una posizione privilegiata rispetto alle compagnie aeree giustifica l'applicazione della direttiva.
In proposito, il quadro dei principi comuni stabilito dalla direttiva è idoneo e necessario a realizzare l'obiettivo della stessa. Quanto alla proporzionalità, gli oneri risultanti dal regime introdotto dalla direttiva non appaiono manifestamente sproporzionati rispetto ai vantaggi che ne derivano. In particolare, non risulta che i costi lamentati dal Lussemburgo, connessi alla procedura di consultazione istituita dalla direttiva e obbligatoria per il Findel, possano comportare l'abbandono di tale aeroporto da parte delle compagnie aeree. Infine, riguardo al principio di sussidiarietà, legittimamente il legislatore dell'Unione ha ritenuto che non fosse necessario includere nell'ambito di applicazione della direttiva gli aeroporti aventi un traffico passeggeri annuale inferiore ai 5 milioni, quando essi non costituiscono l'aeroporto principale del loro Stato membro.
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1 Direttiva 2009/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, concernente i diritti aeroportuali (GU L 70, p. 11). I diritti aeroportuali sono «prelievi riscossi a favore del gestore aeroportuale e pagati dagli utenti dell’aeroporto per l’utilizzo delle infrastrutture e dei servizi che sono forniti esclusivamente dal gestore aeroportuale e che sono connessi all’atterraggio, al decollo, all’illuminazione e al parcheggio degli aeromobili e alle operazioni relative ai passeggeri e alle merci».
2 La direttiva doveva essere trasposta dagli Stati membri entro e non oltre il 15 marzo 2011.