domenica 26 dicembre 2010

Il divieto di ammissione dei non residenti all’interno dei «coffeeshop» olandesi è conforme al diritto dell’Unione

Il divieto di ammissione dei non residenti all’interno dei «coffeeshop» olandesi è conforme al diritto dell’Unione
Tale limitazione è giustificata dall’obiettivo di contrastare il turismo della droga e il disturbo da esso provocato, obiettivo riconducibile tanto al mantenimento dell’ordine pubblico quanto alla tutela della salute dei cittadini, e ciò sia a livello degli Stati membri sia a quello dell’Unione.
Nei Paesi Bassi, conformemente alla legge del 1976 sugli stupefacenti (Opiumwet 1976), sono vietati la detenzione, il commercio, la coltivazione, il trasporto, la fabbricazione, l’importazione e l’esportazione di stupefacenti, ivi compresa la cannabis e i suoi derivati. Tale Stato applica tuttavia una politica di tolleranza nei confronti della cannabis. Questa si traduce, in particolare, nell’apertura di coffeeshop dediti principalmente alla vendita e al consumo di tale droga detta «leggera». Le autorità locali possono autorizzare tali esercizi nel rispetto di taluni criteri. In molti coffeeshop sono venduti altresì bevande analcoliche ed alimenti.
Al fine di ridurre il turismo della droga, se non di contrastarlo, il Consiglio comunale di Maastricht, con decisione 20 dicembre 2005, ha introdotto nel regolamento generale del Comune il criterio della residenza e ha quindi vietato ai gestori di coffeeshop di ammettere nel proprio locale persone non aventi la residenza effettiva nei Paesi Bassi.
Il sig. Josemans gestisce a Maastricht il coffeeshop «Easy Going». A seguito di due accertamenti dai quali risultava che all’interno di esso erano state ammesse persone non residenti nei Paesi Bassi, il Burgemeester van Maastricht (sindaco di Maastricht), con ordinanza 7 settembre 2006, ha disposto la chiusura temporanea di tale locale.
Il sig. Josemans ha presentato un reclamo avverso tale ordinanza. Egli sostiene che la regolamentazione in questione comporta una disparità di trattamento ingiustificata tra i cittadini dell’Unione e che, più in particolare, alle persone non residenti nei Paesi Bassi è negata la possibilità di acquistare bevande analcoliche ed alimenti nei coffeeshop, in violazione del diritto dell’Unione. In tale contesto, il Raad van State (Consiglio di Stato), cui è stata sottoposta la controversia, interroga la Corte di giustizia.
La Corte ricorda anzitutto che la nocività degli stupefacenti, compresi quelli a base di canapa, quali la cannabis, è generalmente riconosciuta e che la loro commercializzazione è vietata in tutti gli Stati membri, fatta eccezione per un commercio rigorosamente controllato in vista dell’uso a scopi medici e scientifici. Tale situazione giuridica è in linea con diversi strumenti internazionali, in particolare con svariate Convenzioni delle Nazioni Unite, a cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito, nonché al diritto dell'Unione.
Essendo vietata l'immissione di stupefacenti nel circuito economico e commerciale dell’Unione, un gestore di coffeeshop non può avvalersi delle libertà di circolazione o del principio di non discriminazione, per quanto riguarda l’attività consistente nella commercializzazione di cannabis.
Riguardo alla commercializzazione di bevande analcoliche e di alimenti in tali locali, il sindaco di Maastricht nonché i governi dei Paesi Bassi, belga e francese sostengono che tale attività è del tutto secondaria rispetto alla vendita della cannabis e non può avere alcuna incidenza sulla soluzione della controversia. La Corte non accoglie tale tesi e ritiene che, in tale contesto, le libertà di circolazione possano essere utilmente invocate da un tale gestore.
Secondo la Corte, la commercializzazione di bevande analcoliche e di alimenti nei coffeeshop costituisce un’attività di ristorazione. La regolamentazione deve essere pertanto esaminata con riferimento alla libera prestazione di servizi.
La Corte constata l’esistenza di una limitazione all’esercizio di tale libertà, nei limiti in cui i gestori di coffeeshop non possono commercializzare prodotti legali alle persone residenti in altri Stati membri e queste ultime sono escluse dalla fruizione di tali servizi.
Tale limitazione è tuttavia giustificata dall’obiettivo di contrastare il turismo della droga e il disturbo da esso provocato.
Infatti, tale regolamentazione è diretta a porre fine al disturbo causato dal grande numero di turisti desiderosi di acquistare o consumare cannabis nei coffeeshop nel Comune di Maastricht. Secondo le informazioni fornite dal sindaco, i quattordici coffeeshop del Comune attirerebbero circa 10 000 visitatori al giorno, vale a dire poco più di 3,9 milioni l’anno. Il 70% del totale dei visitatori non risiederebbe nei Paesi Bassi.
Il sindaco di Maastricht e il governo dei Paesi Bassi osservano che i problemi connessi alla vendita di droghe «leggere» che si verificano in tale Comune – le differenti forme di disturbo e di criminalità, il numero crescente di punti vendita illegali di droghe, compresi quelli di droghe «pesanti» – si sono aggravati con il turismo della droga. I governi belga, francese e tedesco fanno riferimento alle turbative all’ordine pubblico che tale fenomeno, ivi compresa l’esportazione illegale di cannabis, provoca negli Stati membri diversi dai Paesi Bassi, in particolare negli Stati con essi confinanti.
A tal riguardo, la Corte osserva che la lotta al turismo della droga e al disturbo che esso provoca si colloca nel contesto della lotta alla droga. Essa è riconducibile sia al mantenimento dell’ordine pubblico sia alla tutela della salute dei cittadini, e ciò tanto a livello degli Stati membri quanto a quello dell’Unione. Tali obiettivi rappresentano un interesse legittimo idoneo a giustificare, in linea di principio, una limitazione degli obblighi imposti dal diritto dell’Unione, ancorché derivanti da una libertà fondamentale quale la libera prestazione di servizi.
La Corte sottolinea che un divieto di ammissione dei non residenti nei coffeeshop costituisce un provvedimento idoneo a limitare in modo sostanziale il turismo della droga e, di conseguenza, a ridurre i problemi da esso causati.
Per quanto concerne la possibilità di adottare provvedimenti meno restrittivi per la libera prestazione di servizi, la Corte constata che, secondo le indicazioni fornite dal sindaco di Maastricht nonché dal governo dei Paesi Bassi, l’attuazione di provvedimenti diversi al fine di contrastare il turismo della droga e il disturbo da esso provocato si è rivelata insufficiente ed inefficace rispetto all’obiettivo perseguito.
Riguardo alla possibilità di consentire ai non residenti l’accesso ai coffeeshop pur negando loro la vendita di cannabis, la Corte osserva che non è facile controllare e sorvegliare con precisione che tale prodotto non venga servito ai non residenti né venga da essi consumato. Inoltre, si potrebbe temere che un siffatto approccio favorisca il commercio illegale o la rivendita di cannabis, da parte dei residenti ai non residenti, all’interno dei coffeeshop.
La Corte osserva peraltro che la regolamentazione olandese non osta affatto a che una persona non residente nei Paesi Bassi si rechi, nel Comune di Maastricht, in altri esercizi di ristorazione per consumare bevande analcoliche ed alimenti. Secondo il governo dei Paesi Bassi, tali locali sarebbero oltre 500.