giovedì 11 novembre 2010

La detenzione da parte del Portogallo di «golden shares» nella Energias de Portugal è in contrasto con il diritto dell'Unione - Sentenza nella causa C-543/08 - Commissione / Portogallo

Sentenza nella causa C-543/08 - Commissione / Portogallo
La detenzione da parte del Portogallo di «golden shares» nella Energias de Portugal è in contrasto con il diritto dell'Unione
Tali «golden shares» configurano una restrizione non giustificata alla libera circolazione dei capitali
La Energias de Portugal (EDP) è stata trasformata in società per azioni nel 1991 a seguito della ristrutturazione del settore dell’energia elettrica portoghese. Tra il 1997 e il 2006 essa è stata privatizzata in sei fasi successive. Attualmente, lo Stato portoghese detiene il 25,73% del capitale sociale.
Secondo la normativa portoghese in materia di privatizzazioni, lo statuto delle società che si è stabilito di privatizzare può prevedere, in via eccezionale e qualora motivi di interesse nazionale lo impongano, azioni privilegiate («golden shares») destinate a restare di proprietà dello Stato. Indipendentemente dal loro numero, questo tipo di azioni attribuisce allo Stato un diritto di veto sulle modifiche statutarie e su altre delibere afferenti ad un determinato settore.
I decreti legge di approvazione della privatizzazione della EDP hanno conferito allo Stato portoghese, oltre al suddetto diritto di veto, quello di opporsi all'elezione degli amministratori e di designare, in tal caso, un amministratore in sostituzione di quello che ha ricevuto il minor numero di voti o che figura all’ultimo posto. In aggiunta, mentre lo statuto della EDP prevede che i voti degli azionisti ordinari titolari di oltre il 5% del capitale sociale non siano computati, lo Stato o le entità equivalenti non sono assoggettati a tale limite massimo.
Con il presente ricorso la Commissione contesta detti diritti speciali, che essa considera contrari alla libera circolazione dei capitali e alla libertà di stabilimento.
Con la sua sentenza odierna, la Corte di giustizia dichiara che il Portogallo, mantenendo nella EDP diritti speciali attribuiti in forza di «golden shares», è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza della libertà di circolazione dei capitali.
Anzitutto, la Corte ritiene che l'esercizio da parte dello Stato portoghese di diritti speciali ad esso attribuiti dalle «golden shares» nel capitale sociale della EDP configuri una restrizione della suddetta libertà fondamentale.
In primo luogo, il diritto di veto di cui esso dispone relativamente a un numero notevole di delibere importanti e, segnatamente, in relazione a qualsivoglia modifica dello statuto della EDP, implica che l'influenza dello Stato portoghese possa essere diminuita solo qualora esso stesso lo consenta. Orbene, tale influenza sulla gestione e sul controllo della EDP, non giustificata dall'ampiezza della sua partecipazione, potrebbe disincentivare gli investimenti diretti da parte degli operatori di altri Stati membri, in quanto questi ultimi non potrebbero concorrere alla gestione e al controllo della società in proporzione al valore della propria partecipazione. Allo stesso modo, il suddetto diritto di veto potrebbe dissuadere gli investimenti di portafoglio, dato che un eventuale rifiuto da parte dello Stato portoghese di approvare una decisione importante per gli interessi dell'impresa potrebbe pesare sul valore delle azioni e, pertanto, sull’appetibilità di un investimento.
In secondo luogo, la limitazione dei diritti di voto di tutti gli azionisti ad un limite massimo del 5%, fatta eccezione per lo Stato, potrebbe ostacolare, al contempo, gli investimenti diretti e gli investimenti di portafoglio. I diritti di voto costituiscono, infatti, uno dei principali strumenti di cui dispongono gli azionisti per partecipare attivamente alla gestione di un’impresa o al suo controllo e qualsiasi misura diretta ad impedire l'esercizio di tali diritti o a subordinarli a condizioni configura, quindi, un ostacolo alla libera circolazione dei capitali. Del resto, i limiti massimi di voto costituiscono uno strumento idoneo a ridurre l'interesse nell'acquisto di una partecipazione nel capitale di una società, in quanto circoscrivono la possibilità degli investitori diretti di creare o mantenere con la società legami economici durevoli e diretti, tali da consentire loro una partecipazione effettiva alla sua gestione o al suo controllo.
In terzo luogo, il diritto di designare un amministratore, previsto unicamente a beneficio dello Stato e ad esclusione di tutti gli altri azionisti, limita, in modo analogo, la possibilità degli azionisti diversi dallo Stato di partecipare effettivamente alla gestione o al controllo della società e potrebbe rendere meno appetibili, agli occhi degli investitori degli altri Stati membri, gli investimenti diretti nel suo capitale.
La Corte dichiara poi che simili restrizioni non possono essere giustificate. Da un lato, se l'obiettivo di garantire la sicurezza dell'approvvigionamento energetico in caso di crisi, di guerra o di terrorismo figura effettivamente tra i motivi imperativi di interesse generale atti a giustificare restrizioni alla libera circolazione dei capitali, tale motivo può essere invocato solo in caso di minaccia effettiva e sufficientemente grave a un interesse della società. La Corte riconosce a questo proposito che l'argomentazione del Portogallo secondo cui una simile minaccia non deve essere immediata non è completamente priva di fondamento. Tuttavia, lo Stato membro non ha precisato le ragioni per le quali i suoi diritti speciali potrebbero evitare un pregiudizio alla pubblica sicurezza. Dall'altro, la missione di interesse economico generale affidata alla EDP non può essere fatta valere per giustificare le disposizioni di cui trattasi. Al riguardo la Corte rammenta che, del presente ricorso, la Commissione non contesta i diritti speciali o esclusivi della EDP, bensì quelli attribuiti allo Stato portoghese nella sua qualità di azionista della società.
Inoltre, la Corte afferma che le disposizioni contestate non definiscono le circostanze specifiche in cui i diritti speciali dello Stato possano essere esercitati e conferiscono, perciò, un margine di discrezionalità estremamente ampio alle autorità nazionali. In tal modo esse creano un'incertezza che comporta un grave pregiudizio alla libera circolazione dei capitali. Conseguentemente, tali misure non potrebbero, in ogni caso, essere proporzionate agli obiettivi perseguiti.
Infine, la Corte rammenta che, essendosi rilevata una violazione alla libera circolazione dei capitali, non occorre valutare se le misure configurino del pari una violazione alla libertà di stabilimento.
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IMPORTANTE: La Commissione o un altro Stato membro possono proporre un ricorso per inadempimento diretto contro uno Stato membro che è venuto meno ai propri obblighi derivanti dal diritto dell’Unione. Qualora la Corte di giustizia accerti l’inadempimento, lo Stato membro interessato deve conformarsi alla sentenza senza indugio.
La Commissione, qualora ritenga che lo Stato membro non si sia conformato alla sentenza, può proporre un altro ricorso chiedendo sanzioni pecuniarie. Tuttavia, in caso di mancata comunicazione delle misure di attuazione di una direttiva alla Commissione, su domanda di quest’ultima, la Corte di giustizia può infliggere sanzioni pecuniarie, al momento della prima sentenza.