mercoledì 17 novembre 2010

Il giudice nazionale che emette un mandato d’arresto europeo è autorizzato a dichiarare che una decisione precedentemente emanata nell’ambito del suo ordinamento giuridico non riguarda gli stessi fatti oggetto del suo mandato Sentenza nella causa C-261/09

Sentenza nella causa C-261/09
Gaetano Mantello
Il giudice nazionale che emette un mandato d’arresto europeo è autorizzato a dichiarare che una decisione precedentemente emanata nell’ambito del suo ordinamento giuridico non riguarda gli stessi fatti oggetto del suo mandato
L’autorità giudiziaria che ha proceduto all’arresto dell’imputato non può quindi, di regola, negarne la consegna
La decisione quadro 1 relativa al mandato d’arresto europeo è volta a semplificare e ad accelerare le procedure di consegna tra Stati membri, eliminando la complessità e i potenziali ritardi inerenti alle procedure politiche e amministrative di estradizione mediante l’istituzione di un sistema di libera circolazione delle decisioni giudiziarie fondato sul principio del reciproco riconoscimento. Il meccanismo del mandato d’arresto europeo si fonda su un elevato grado di fiducia tra gli Stati membri. La sua attuazione può essere sospesa solamente in caso di violazione grave e persistente, da parte di uno Stato membro, dei principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali. Peraltro, l’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione del mandato d’arresto ne rifiuta l’esecuzione qualora, in base alle informazioni in suo possesso, risulti che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da uno Stato membro. Inoltre, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, qualora ritenga che le informazioni comunicatele dallo Stato membro emittente non siano sufficienti per consentirle di decidere in merito alla consegna, richiede urgentemente informazioni complementari all’autorità che ha emesso il mandato.
Il sig. Gaetano Mantello veniva condannato nel 2005 dal Tribunale di Catania per possesso illegale di cocaina destinata alla rivendita, scontando successivamente una pena di reclusione effettiva di dieci mesi e 20 giorni.
Nel 2008, lo stesso Tribunale emetteva un mandato di arresto europeo nei suoi confronti per aver questi partecipato – tra il 2004 e il 2005 – ad una rete organizzata di traffico di stupefacenti in varie città italiane nonché in Germania.
Alla fine del 2008, le autorità tedesche, essendo giunte a conoscenza del mandato d’arresto in base al sistema informativo previsto dall’Accordo di Schengen (SIS), disponevano l’arresto del sig. Mantello. Il Tribunale di Catania – nella sua qualità di autorità giudiziaria emittente del mandato – informava l’Oberlandesgericht (Corte d’appello regionale) di Stoccarda (Germania) che la sentenza pronunciata nel 2005 non ostava all’esecuzione del mandato.
L’Oberlandesgericht si è tuttavia rivolto alla Corte di giustizia, chiedendo se possa opporsi all’esecuzione di detto mandato d’arresto in ossequio al principio del ne bis in idem, tenuto conto che, al momento dell’inchiesta da cui è scaturita la condanna del sig. Mantello per detenzione di cocaina, le autorità inquirenti italiane disponevano già di prove sufficienti per incriminarlo per traffico organizzato di stupefacenti. Dette autorità non avrebbero comunicato al giudice per le indagini preliminari tutte le informazioni e le prove in loro possesso, né avrebbero chiesto, all’epoca, l’avvio di un procedimento penale per tali fatti, nell’interesse della conduzione delle indagini.
Interrogata in primo luogo in merito all’interpretazione della nozione di «stessi fatti», la Corte rileva che l’interpretazione accolta nella giurisprudenza relativa alla Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen 2 si applica parimenti nel contesto della decisione quadro. Tuttavia, la Corte ritiene che i quesiti del giudice del rinvio vertano, in realtà, più sulla nozione di «sentenza definitiva». La controversia in esame solleva, pertanto, la questione se la circostanza che le autorità inquirenti italiane disponessero, al momento dell’emanazione della sentenza relativa al possesso di sostanze stupefacenti (nel 2005), di elementi probatori relativi alla partecipazione dell’imputato all’organizzazione criminale, che non hanno peraltro sottoposto al giudizio del Tribunale di Catania per non nuocere al proficuo svolgimento dell’inchiesta, consenta di ritenere che sussiste già una decisione assimilabile ad una sentenza definitiva per i fatti esposti nel mandato di arresto medesimo.
La Corte rileva che si ritiene che una persona ricercata sia stata oggetto di una sentenza definitiva per gli stessi fatti quando, in esito ad un procedimento penale, l’azione penale sia definitivamente estinta ovvero qualora la persona sia stata definitivamente prosciolta. La natura «definitiva» di una sentenza rientra nella sfera del diritto dello Stato membro in cui tale sentenza è stata pronunciata. Conseguentemente, una decisione che, secondo il diritto dello Stato membro che ha avviato un procedimento penale, non estingua definitivamente l’azione penale a livello nazionale per taluni fatti, non costituisce un ostacolo procedurale all’avvio o al proseguimento di un procedimento penale, per gli stessi fatti, in un altro Stato membro dell’Unione.
Nel caso in cui, in risposta ad una richiesta di informazioni proveniente dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione, l’autorità emittente il mandato d’arresto abbia espressamente dichiarato, in base al proprio diritto nazionale, che la sentenza precedentemente pronunciata nel proprio ordinamento giuridico non costituisce una sentenza definitiva per gli stessi fatti oggetto del proprio mandato d’arresto, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può, in linea di principio, rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo.
______________
1 Decisione quadro del Consiglio 13 giugno 2002, 2002/584/GAI, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU L 190, pag. 1).
______________
IMPORTANTE: Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell'ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.