martedì 14 settembre 2010

Nel campo del diritto della concorrenza, gli scambi nell'ambito di un'impresa con un avvocato interno non beneficiano della riservatezza

Nel campo del diritto della concorrenza, gli scambi nell'ambito di un'impresa con un avvocato interno non beneficiano della riservatezza delle comunicazioni tra clienti ed avvocati
Con una decisione in data 10 febbraio 2003 1, la Commissione ha ordinato ad Akzo Nobel Chemicals e alla sua filiale Akzo Chemicals di sottoporsi ad accertamenti diretti alla ricerca di prove relative ad eventuali pratiche anticoncorrenziali. Tale accertamento è stato effettuato da funzionari della Commissione, assistiti da rappresentanti dell'Office of Fair Trading (OFT, autorità britannica garante della concorrenza) nei locali di Akzo Nobel e di Akcros nel Regno Unito.
Durante l'esame dei documenti raccolti, è sorta una controversia relativamente a due messaggi di posta elettronica scambiati tra il direttore generale e il coordinatore dell'Akzo Nobel competente per il diritto della concorrenza, un avvocato iscritto all'ordine forense olandese e membro del servizio giuridico di Akzo Nobel e dunque dipendente di tale impresa. Dopo aver analizzato questi documenti, la Commissione ha considerato che essi non erano tutelati dalla riservatezza delle comunicazioni tra avvocati e clienti.
Con decisione 8 maggio 2003 2, la Commissione ha respinto la domanda presentata dalle due imprese diretta ad ottenere la tutela dei documenti controversi a titolo del principio della riservatezza delle comunicazioni tra avvocati e clienti.
Contro queste due decisioni Akzo Nobel e Akcros hanno presentato due ricorsi dinanzi al Tribunale, che quest'ultimo ha respinto con sentenza 17 settembre 2007 3. Le imprese hanno allora impugnato questa sentenza dinanzi alla Corte.
A sostegno della loro impugnazione, Akzo Nobel e Akcros fanno valere in sostanza che il Tribunale di primo grado della Comunità europea (ora Tribunale dell’Unione europea) ha erroneamente negato ai due messaggi di posta elettronica scambiati con il loro avvocato interno la tutela della riservatezza delle comunicazioni tra avvocati e clienti.
La Corte ha avuto l'occasione di pronunciarsi sull'estensione di questa tutela nella sentenza AM & S Europa / Commissione 4 dichiarando che questa è subordinata a due condizioni cumulative. Da un lato, lo scambio con l'avvocato deve essere connesso all'esercizio del «diritto alla difesa del cliente» e, dall'altro, si deve trattare di uno scambio proveniente da «avvocati indipendenti», vale a dire «avvocati non legati al cliente da un rapporto d'impiego».
Per quanto riguarda questa seconda condizione, la Corte, nella sua sentenza in data odierna, osserva che il requisito relativo alla qualità di avvocato indipendente deriva dalla concezione della funzione di quest'ultimo come collaborazione all'amministrazione della giustizia e attività intesa a fornire, in piena indipendenza e nell'interesse superiore della giustizia, l'assistenza legale di cui il cliente ha bisogno. Ne deriva che il requisito di indipendenza implica l'assenza di qualsiasi rapporto d'impiego tra l'avvocato e il suo cliente, e che pertanto la tutela in base al principio della riservatezza non si estende agli scambi all'interno di un'impresa o di un gruppo con avvocati interni.
La Corte considera che l'avvocato interno, nonostante la sua iscrizione all'ordine forense e i vincoli professionali che ne conseguono, non gode dello stesso grado di indipendenza dal suo datore di lavoro di cui gode un avvocato che lavora in uno studio legale esterno. Nonostante la disciplina professionale applicabile, l'avvocato interno non può, indipendentemente dalle garanzie di cui gode l'esercizio della sua professione, essere equiparato ad un avvocato esterno a causa della situazione di lavoratore subordinato in cui si trova. Questa per sua stessa natura, non consente all'avvocato interno di discostarsi dalle strategie commerciali perseguite dal suo datore di lavoro e che dunque influisce sulla sua capacità di agire con indipendenza professionale. Peraltro, l'avvocato interno può essere chiamato a svolgere altri compiti, (come nella fattispecie, quello di coordinatore per il diritto della concorrenza, che possono incidere sulla politica commerciale dell'impresa. Orbene, simili funzioni non possono che rafforzare gli stretti legami dell'avvocato con il suo datore di lavoro.
In tale contesto, la Corte dichiara che, tanto per la sua dipendenza economica quanto per i suoi stretti legami con il suo datore di lavoro, l'avvocato interno non gode di un'indipendenza professionale paragonabile a quella di un avvocato esterno. Ne deriva che il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto relativamente al secondo requisito del principio della riservatezza enunciato nella sentenza AM & S Europa / Commissione.
Inoltre, la Corte considera che questa interpretazione non viola il principio di parità di trattamento in quanto l'avvocato interno si trova in una posizione sostanzialmente diversa da quella di un avvocato esterno.
Peraltro, la Corte, rispondendo all'argomento dell'Akzo Nobel e dell'Akcros secondo cui i diritti nazionali in materia sarebbero evoluti, ritiene che nessuna tendenza preponderante a favore di una tutela della riservatezza delle comunicazioni nell'ambito di un'impresa o di un gruppo con avvocati interni possa essere rilevata per quanto riguarda gli ordinamenti giuridici degli Stati membri. Di conseguenza, la situazione giuridica attuale nell'ambito degli Stati membri non giustifica un'evoluzione della giurisprudenza nel senso di un riconoscimento, agli avvocati interni, del beneficio della tutela della riservatezza. Inoltre, l'evoluzione dell'ordinamento giuridico dell'Unione e la modifica delle norme di procedura 5 in materia di diritto della concorrenza, non può fondare un capovolgimento della giurisprudenza della Corte risultante dalla sentenza AM & S Europa / Commissione.
Poiché l'Akzo Nobel e l'Akcros hanno fatto inoltre valere che l'interpretazione effettuata dal Tribunale abbassa il livello della tutela dei diritti della difesa delle imprese. La Corte considera che ogni soggetto che intende avvalersi della consulenza di un avvocato deve accettare le restrizioni e condizioni associate all'esercizio della professione. Le modalità della tutela della riservatezza delle comunicazioni tra avvocati e clienti rientrano tra queste restrizioni e condizioni.
Infine per quanto riguarda il mancato rispetto del principio della certezza del diritto, fatto valere da Akzo Nobel e Akcros, la Corte ritiene che quest'ultimo non impone il ricorso, per i procedimenti d'indagine a livello nazionale e per quelli condotti dalla Commissione, a criteri identici per quanto riguarda la riservatezza delle comunicazioni tra avvocati e clienti. Di conseguenza, il fatto che, nell'ambito di un accertamento condotto dalla Commissione, la tutela è limitata agli scambi con gli avvocati esterni non determina alcuna lesione di tale principio.
Di conseguenza, la Corte respinge l'impugnazione proposta da Akzo e Akcros.
___________
1 Decisione della Commissione C (2003) 559/4 del 10 febbraio 2003.
2 Decisione della Commissione C (2003) 1533 dell'8 maggio 2003.
3 Sentenza del Tribunale 17 settembre 2007, Akzo Nobel Chemicals e Akcros / Commissione, v. anche CP 62/07.
4 Sentenza della Corte 18 maggio 1982, AM & S Europa / Commissione.