lunedì 16 agosto 2010

La normativa svedese che vieta la produzione dei giochi d'azzardo organizzati on line

La normativa svedese che vieta la produzione dei giochi d'azzardo organizzati on line, a fini di lucro, da operatori privati stabiliti in altri Stati membri è conforme al diritto comunitario
Il diritto comunitario osta, tuttavia, a una normativa nazionale che sanzioni diversamente la promozione di giochi d’azzardo organizzati in Svezia senza autorizzazione rispetto alla promozione di giochi d’azzardo organizzati fuori del territorio di detto Stato membro.

La normativa svedese sui giochi d’azzardo vieta e sanziona la promozione in Svezia dei giochi d’azzardo organizzati all’estero. Essa riserva il diritto di gestire detti giochi ad operatori che perseguano obiettivi di pubblica utilità o di interesse generale.
I sigg. Sjöberg e Gerdin erano redattori capo ed editori responsabili, rispettivamente, dei giornali svedesi Expressen e Aftonbladet. Tra i mesi di novembre 2003 e agosto 2004 essi hanno pubblicato nelle pagine dei loro giornali dedicate allo sport messaggi promozionali per giochi d’azzardo proposti sui siti Internet delle società Expekt, Unibet, Ladbrokes e Centrebet, stabilite a Malta e nel Regno Unito. Per tali fatti, qualificati come reati dalla legge svedese sui giochi d’azzardo, essi sono stati condannati in primo grado, ciascuno a un’ammenda di SEK 50 000 (circa EUR 5 200).
Lo Svea hovrätt (Corte d’appello di Stoccolma, Svezia), che deve pronunciarsi sui ricorsi d’appello proposti dai sigg. Sjöberg e Gerdin, si chiede se siano conformi al diritto comunitario le disposizioni di legge sulla cui base sono state inflitte le condanne, segnatamente le disposizioni che stabiliscono sanzioni penali contro la promozione in Svezia di giochi organizzati all’estero.
Nella sentenza odierna la Corte ricorda anzitutto che il diritto comunitario impone di eliminare qualsiasi restrizione alla libera prestazione dei servizi, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, quando sia tale da vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisce legittimamente servizi analoghi.
La Corte constata che la normativa svedese, che ha l’effetto di vietare la promozione in Svezia tanto dei giochi d’azzardo organizzati lecitamente in altri Stati membri quanto di quelli organizzati senza autorizzazione in Svezia, finisce col restringere la partecipazione a tali giochi da parte del pubblico svedese.
Tuttavia, il diritto comunitario ammette restrizioni giustificate, segnatamente, da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. In assenza di armonizzazione all’interno dell’Unione in materia di giochi d’azzardo, spetta ad ogni singolo Stato membro valutare, in tale settore, alla luce della propria scala di valori, come tutelare gli interessi in questione. Gli Stati membri sono conseguentemente liberi di fissare gli obiettivi della loro politica in materia di giochi d’azzardo e, eventualmente, di definire con precisione il livello di protezione perseguito. Le restrizioni che essi impongono devono, però, soddisfare le condizioni di proporzionalità che risultano dalla giurisprudenza della Corte. Occorre esaminare, in particolare, se la normativa svedese sia idonea a garantire il conseguimento di uno o più obiettivi legittimi perseguiti da detto Stato membro e se non vada oltre quanto necessario per il loro raggiungimento. La Corte rileva come sia pacifico che l’esclusione degli interessi lucrativi privati dal settore dei giochi d’azzardo costituisce, secondo il giudice del rinvio, un principio fondamentale della normativa svedese in materia. Tali attività sono riservate in Svezia ad organismi che perseguono obiettivi di pubblica utilità o di interesse generale e le autorizzazioni per la gestione dei giochi d’azzardo sono state concesse esclusivamente ad enti pubblici o caritativi.
La Corte constata, al riguardo, che considerazioni di ordine culturale, morale o religioso possono giustificare restrizioni alla libera prestazione dei servizi da parte di operatori privati di giochi d’azzardo, in particolare perché potrebbe essere ritenuto inaccettabile permettere che un privato tragga un vantaggio dalla gestione di una piaga sociale o dalla debolezza dei giocatori e dalla loro sfortuna. Secondo la scala di valori propria a ciascuno degli Stati membri, e tenuto conto del potere discrezionale di cui questi godono, uno Stato membro può, dunque, limitare lo sfruttamento del gioco d’azzardo riservandolo ad enti pubblici o caritativi.
Poiché gli operatori che avevano fatto pubblicare gli annunci incriminati sono imprese private a scopo di lucro, le quali non avrebbero mai potuto beneficiare, per la legge svedese, di un’autorizzazione alla gestione di giochi d’azzardo, la Corte conclude che la normativa svedese risponde all’obiettivo di escludere interessi lucrativi privati dal settore dei giochi d’azzardo e può essere considerata necessaria al suo raggiungimento. Il diritto comunitario non osta, quindi, a una normativa siffatta.
La Corte nota, poi, che la legge svedese citata dallo Svea hovrätt prevede sanzioni penali solamente in caso di promozione di giochi d’azzardo organizzati in un altro Stato membro e non qualora tali giochi siano organizzati in Svezia senza autorizzazione, essendo tale ultima infrazione punita unicamente con sanzione amministrativa. Rileva, tuttavia, che tra il governo svedese, da un lato, e i sigg. Sjöberg e Gerdin, dall’altro, c'è disaccordo sulla questione se un’altra legge svedese preveda, per la promozione di giochi d’azzardo organizzati in Svezia senza autorizzazione, sanzioni equivalenti a quelle applicate per la promozione di giochi simili organizzati in un altro Stato membro.
La Corte ricorda che, nell’ambito del presente procedimento, l’interpretazione delle disposizioni nazionali incombe ai giudici degli Stati membri e non alla Corte. Di conseguenza, spetta al giudice del rinvio esaminare se le due infrazioni in causa, quand’anche disciplinate da testi di legge differenti, siano nondimeno oggetto di un trattamento equivalente. Tale giudice dovrà verificare, in particolare, se nei fatti dette infrazioni siano perseguite dalle autorità preposte con la stessa diligenza e se comportino l’imposizione di pene equivalenti da parte dei competenti organi giurisdizionali.
La Corte conclude, così, che, qualora le due infrazioni in questione vengano trattate in modo equivalente, il regime nazionale non può essere considerato discriminatorio. Per contro, qualora le persone che promuovono la partecipazione a giochi d’azzardo organizzati in Svezia senza autorizzazione incorrano in sanzioni meno severe di quelle applicabili a chi pubblicizza giochi simili organizzati in altri Stati membri, il regime svedese comporta una discriminazione che è contraria al diritto comunitario.