lunedì 16 agosto 2010

La detenzione di «golden shares» nella Portugal Telecom da parte dello Stato portoghese

La detenzione di «golden shares» nella Portugal Telecom da parte dello Stato portoghese costituisce una restrizione ingiustificata alla libera circolazione dei capitali
Infatti, tali «golden shares» attribuiscono allo Stato portoghese un’influenza sulle adozioni di decisioni dell’impresa che può scoraggiare gli investimenti da parte di operatori di altri Stati membri

La Portugal Telecom (PT) è stata creata nel 1994 in seguito alla ristrutturazione del settore delle telecomunicazioni portoghesi. Dal 1995 essa è stata privatizzata in cinque fasi successive. In base alla legislazione portoghese in materia di privatizzazioni, lo statuto delle società delle quali era prevista una privatizzazione poteva configurare, a titolo eccezionale e laddove lo esigessero motivi di interesse nazionale, azioni privilegiate destinate a rimanere proprietà dello Stato. Indipendentemente dal loro numero, questo tipo di azioni aveva l’obiettivo di fornire allo Stato un diritto di veto sulle modifiche statutarie e su altre decisioni riguardanti un determinato settore.
Lo statuto della PT è stato adottato nel 1995 quando lo Stato portoghese deteneva il 54,2% del capitale sociale. Esso prevede che il capitale sociale è costituito da 1 025 800 000 azioni ordinarie e da 500 azioni privilegiate («golden shares»). Queste ultime devono essere detenute in maggioranza dallo Stato o da altri azionisti pubblici e sono dotate di taluni privilegi sotto forma di diritti speciali. Alla conclusione della sua privatizzazione, tutte le partecipazioni pubbliche della PT sono state vendute, fatta eccezione per 500 azioni privilegiate.
Con il presente ricorso la Commissione contesta i diritti speciali che lo Stato portoghese detiene nella società Portugal Telecom in forza delle «golden shares».
Con la sua sentenza pronunciata in data odierna, la Corte di giustizia dichiara che, mantenendo nella PT diritti speciali attribuiti da «golden shares», il Portogallo è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza della libera circolazione dei capitali.
In primo luogo, la Corte ritiene che l’esercizio dei diritti speciali conferiti al Portogallo nella PT dalle «golden shares» costituisca una restrizione della libera circolazione dei capitali.
Infatti, la Corte constata che l’approvazione di un numero significativo di decisioni importanti concernenti la PT1 dipende dall’accordo dello Stato portoghese, dato che queste decisioni non possono essere adottate senza la maggioranza dei voti conferiti alle azioni privilegiate. Inoltre, una tale maggioranza è richiesta, in particolare, per qualunque decisione di modifica dello statuto della PT, cosicché l’influenza dello Stato portoghese sulla PT può essere ridotta solo se esso stesso vi acconsente.
Ciò considerato, la detenzione delle azioni privilegiate conferisce al Portogallo un’influenza sulla gestione della PT che non è giustificata dall’importanza della sua partecipazione e può scoraggiare gli investimenti diretti da parte di operatori di altri Stati membri. Infatti, questi ultimi non potrebbero concorrere alla gestione e al controllo di tale società proporzionalmente al valore delle loro partecipazioni. Inoltre, un eventuale rifiuto dello Stato di approvare una decisione importante per la società può avere un’influenza sul valore delle sue azioni e, pertanto, dissuadere gli azionisti dall’effettuarvi investimenti.
In secondo luogo, la Corte dichiara che la restrizione controversa non può essere ammessa sulla base delle giustificazioni fatte valere dal Portogallo.
Riguardo a tale punto, la Corte ricorda che provvedimenti nazionali che limitano la libera circolazione dei capitali possono essere giustificati, in particolare, dai motivi previsti dal Trattato CE (tra i quali figura la pubblica sicurezza), a condizione che essi siano idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e proporzionati rispetto ad esso.
Di conseguenza, per quanto concerne l’obiettivo invocato di garantire la sicurezza della disponibilità della rete delle telecomunicazioni in caso di crisi, di guerra o di terrorismo, la Corte ammette che esso può costituire un motivo di pubblica sicurezza e giustificare una restrizione alla libera circolazione dei capitali. Cionondimeno, la Corte ricorda che la pubblica sicurezza può essere fatta valere solamente in caso di minaccia effettiva e sufficientemente grave ad uno degli interessi fondamentali della collettività. Al riguardo, la Corte constata, tuttavia, che il Portogallo si è limitato ad addurre detto motivo senza precisare in che modo la detenzione di «golden shares» consentirebbe di evitare un pregiudizio alla pubblica sicurezza. Pertanto, una siffatta giustificazione non può essere presa in considerazione.
Infine, quanto alla proporzionalità della restrizione, la Corte rileva che l’esercizio dei diritti speciali da parte dello Stato non è soggetto ad alcuna condizione o circostanza specifica ed obiettiva. Infatti, anche se la legislazione sulle privatizzazioni subordina la creazione di azioni privilegiate alla condizione che la esigano motivi di interesse nazionale, né questa legge né lo statuto della PT fissano criteri in ordine alle circostanze in cui detti poteri speciali possono essere esercitati. In tal senso, un’incertezza siffatta costituisce un grave pregiudizio alla libera circolazione dei capitali. Infatti, essa conferisce alle autorità nazionali un potere talmente discrezionale da non poter essere considerato proporzionato agli obiettivi perseguiti.
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1 Quali, ad esempio, l’acquisizione di partecipazioni superiori al 10% del capitale sociale, la gestione di quest’ultima o la definizione dei principi generali della politica in materia di assunzione di partecipazioni in società o gruppi, di acquisizioni e di cessioni, laddove sia richiesta la previa autorizzazione dell’assemblea generale.