lunedì 16 agosto 2010

La Anheuser-Busch non può far registrare il termine «budweiser» come marchio comunitario per della birra

La Anheuser-Busch non può far registrare il termine «budweiser» come marchio comunitario per della birra
La Budějovický Budvar, che aveva fatto opposizione alla registrazione, non era obbligata a presentare spontaneamente la prova del rinnovo del suo marchio anteriore identico entro il termine imposto per presentare gli elementi di prova a sostegno della sua opposizione
Nel 1996, la birreria americana Anheuser-Busch ha chiesto all'UAMI (l'Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno) la registrazione del segno denominativo «budweiser», come marchio comunitario, per della birra nonché per delle bevande al malto alcoliche e analcoliche.
La birreria ceca Budějovický Budvar ha fatto opposizione alla registrazione del marchio comunitario facendo valere il suo marchio internazionale denominativo anteriore BUDWEISER, tutelato segnatamente in Germania ed in Austria.
La birreria ceca ha fornito la prova del suo status di titolare del marchio anteriore, ma la tutela accordata a tale marchio è scaduta in pendenza del termine imposto dall'UAMI per presentare gli elementi di prova a sostegno della sua opposizione. L’UAMI non ha chiesto alla Budějovický Budvar di fornire la prova del rinnovo del suo marchio anteriore entro detto termine e la società ha presentato tale prova – di propria iniziativa – ma in una fase successiva dell’opposizione.
L'UAMI ha respinto la domanda di marchio comunitario della Anheuser-Busch a causa dell’identità del marchio richiesto con il marchio anteriore della Budějovický Budvar. L'UAMI ha inoltre constatato che i prodotti indicati nella domanda della birreria americana erano essenzialmente identici ai prodotti «birra di ogni genere» oggetto del marchio anteriore. Per le bevande al malto analcoliche, l'UAMI ha del pari accolto l’opposizione della birreria ceca in considerazione dell’identità dei marchi e delle manifeste somiglianze tra i prodotti considerati.
La Anheuser-Busch ha proposto un ricorso contro la decisione dell’UAMI dinanzi al Tribunale. Nella sua sentenza pronunciata nel marzo 2009 1, il Tribunale ha confermato la decisione dell’UAMI ritenendo che il diritto all'uso commerciale del termine «BUDWEISER» per la birra fosse già stato attribuito in Germania e in Austria alla Budějovický Budvar. Il Tribunale ha anche constatato che la birreria ceca non era obbligata a fornire spontaneamente la prova del rinnovo del suo marchio anteriore entro il termine imposto dall'UAMI per presentare gli elementi di prova.
La Anheuser-Busch ha impugnato tale sentenza dinanzi alla Corte di giustizia invocando, in particolare, l’argomento secondo cui, dato che la tutela accordata al marchio anteriore era scaduta prima del termine stabilito per presentare gli elementi di prova, la Budějovický Budvar avrebbe dovuto presentare la prova del suo rinnovo entro tale termine.
In data odierna la Corte dichiara che la Budějovický Budvar non era obbligata a presentare spontaneamente entro tale termine la prova del rinnovo del suo marchio anteriore, benché la tutela risultante da tale marchio fosse scaduta tra la data del deposito dell’atto di opposizione e la fine del detto termine. Infatti, la Budějovický Budvar avrebbe dovuto presentare tale prova solo se l'UAMI ne avesse fatta espressa richiesta. Quest’ultimo non l’ha però invitata a presentare una tale prova.
Per di più, le nuove regole relative alla produzione delle prove, entrate in vigore nel 2005, che ormai prevedono un obbligo esplicito per l’opponente di presentare la prova del rinnovo del suo marchio anteriore, non sono applicabili retroattivamente nel caso di specie.
Pertanto, la Corte dichiara che la Budějovický Budvar, non essendo obbligata a provare il rinnovo del suo marchio durante il termine imposto per presentare gli elementi di prova a sostegno della sua opposizione, ha potuto presentare il certificato del rinnovo di tale marchio dopo la scadenza di detto termine.
Dato che nessuno dei motivi dedotti è fondato, la Corte respinge l’impugnazione della Anheuser-Busch nella sua totalità.
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1 Sentenza del Tribunale 25 marzo 2009, causa T-191/07, Anheuser-Busch/UAMI – Budějovický Budvar (BUDWEISER), v. anche CP 25/09.

L’avvocato generale Yves Bot ritiene che il comune di Maastricht possa vietare l’accesso ai coffee shop delle persone non residenti nei Paesi Bassi

L’avvocato generale Yves Bot ritiene che il comune di Maastricht possa vietare l’accesso ai coffee shop delle persone non residenti nei Paesi Bassi
Questa misura è necessaria per preservare l’ordine pubblico dai problemi causati dal turismo della droga e contribuisce a combattere il traffico illecito di stupefacenti nell’Unione europea
Nei Paesi Bassi i coffee shop sono centri di ristorazione rapida la cui attività principale è tuttavia dedicata alla vendita di «droghe leggere», quali la marijuana e l’hashish, prodotti provenienti dalla cannabis. Il possesso di «droghe leggere» per uso personale è depenalizzato e la loro vendita nei coffee shop, benché vietata dalla legge, è tollerata dalle autorità. Tuttavia, in forza delle direttive del pubblico ministero, essi non possono vendere oltre i 5 gr. di cannabis per persona e per giorno e lo «stock» non deve superare i 500 gr. Inoltre, la vendita di cannabis non deve causare disturbi.
In reazione ai problemi generati dall’afflusso notevole e crescente di turisti della droga, il comune di Maastricht ha deciso di riservare l’accesso ai coffee shop ai soli residenti olandesi.
Il sig. Josemans gestisce a Maastricht un coffee shop in cui sono vendute e consumate «droghe leggere», oltre a bevande analcoliche e alimenti. Tale centro ha costituito oggetto di due controlli di polizia durante i quali si è constatato che cittadini dell’Unione non residenti nei Paesi Bassi vi erano stati ammessi. Il sindaco di Maastricht ha deciso quindi di chiudere temporaneamente il coffee shop.
Il sig. Josemans ha impugnato tale decisione dinanzi al Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi), investito della causa, e ha chiesto alla Corte di giustizia se il diritto dell’Unione europea osti ad una normativa che vieta l’accesso ai coffee shop delle persone non residenti nei Paesi Bassi.
L’avvocato generale Yves Bot ricorda che gli stupefacenti, compreso la cannabis, non sono una merce come le altre e che la loro vendita esula dalle libertà di circolazione garantite dal diritto dell’Unione in quanto la loro vendita è illecita. Osserva al riguardo che soltanto gli stupefacenti che hanno un’applicazione medica o scientifica rientrano nella normativa del mercato interno.
Per quanto riguarda l’illiceità della vendita delle «droghe leggere», l’avvocato generale constata che questa, benché tollerata nei coffee shop, rimane un’attività vietata da tutti gli Stati membri. Inoltre, i clienti di coffee shop non sono tenuti a consumare cannabis in loco, ma possono importarla in altri Stati membri, esponendosi così a procedimenti penali per esportazione o importazione illecite di stupefacenti.
L’avvocato generale considera quindi che la misura adottata dal comune di Maastricht non rientra nel campo di applicazione della libera prestazione di servizi. Tale conclusione non è rimessa in discussione dal fatto che i coffee shop vendono anche prodotti di consumi legali, quali gli alimenti e le bevande analcoliche, in quanto l’attività dei coffee shop è, in pratica, esclusivamente dedicata alla vendita e al consumo di cannabis.
Inoltre, l’avvocato generale osserva che il diritto dell’Unione consente agli Stati membri, che rimangono responsabili della salvaguardia dell’ordine pubblico sul loro territorio, di determinare le misure necessarie per preservare quest’ultimo. Costituendo il turismo della droga una minaccia effettiva e sufficientemente grave all’ordine pubblico a Maastricht, l’esclusione dei non residenti dai coffee shop costituisce quindi una misura necessaria per tutelare gli abitanti del comune dai disturbi causati da tale fenomeno.
Inoltre, il turismo della droga, in quanto nasconde, in realtà, un traffico internazionale di stupefacenti e alimenta le attività criminali organizzate, minaccia la situazione interna stessa dell’Unione. In tale circostanza, gli Stati membri si sono impegnati a combattere il traffico illecito di stupefacenti nell’ambito della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen. L’avvocato generale constata che la normativa adottata dal comune di Maastricht fa parte di tale lotta e deve essere pertanto considerata valida anche a causa del suo contributo alla preservazione dell’ordine pubblico europeo.

La normativa svedese che vieta la produzione dei giochi d'azzardo organizzati on line

La normativa svedese che vieta la produzione dei giochi d'azzardo organizzati on line, a fini di lucro, da operatori privati stabiliti in altri Stati membri è conforme al diritto comunitario
Il diritto comunitario osta, tuttavia, a una normativa nazionale che sanzioni diversamente la promozione di giochi d’azzardo organizzati in Svezia senza autorizzazione rispetto alla promozione di giochi d’azzardo organizzati fuori del territorio di detto Stato membro.

La normativa svedese sui giochi d’azzardo vieta e sanziona la promozione in Svezia dei giochi d’azzardo organizzati all’estero. Essa riserva il diritto di gestire detti giochi ad operatori che perseguano obiettivi di pubblica utilità o di interesse generale.
I sigg. Sjöberg e Gerdin erano redattori capo ed editori responsabili, rispettivamente, dei giornali svedesi Expressen e Aftonbladet. Tra i mesi di novembre 2003 e agosto 2004 essi hanno pubblicato nelle pagine dei loro giornali dedicate allo sport messaggi promozionali per giochi d’azzardo proposti sui siti Internet delle società Expekt, Unibet, Ladbrokes e Centrebet, stabilite a Malta e nel Regno Unito. Per tali fatti, qualificati come reati dalla legge svedese sui giochi d’azzardo, essi sono stati condannati in primo grado, ciascuno a un’ammenda di SEK 50 000 (circa EUR 5 200).
Lo Svea hovrätt (Corte d’appello di Stoccolma, Svezia), che deve pronunciarsi sui ricorsi d’appello proposti dai sigg. Sjöberg e Gerdin, si chiede se siano conformi al diritto comunitario le disposizioni di legge sulla cui base sono state inflitte le condanne, segnatamente le disposizioni che stabiliscono sanzioni penali contro la promozione in Svezia di giochi organizzati all’estero.
Nella sentenza odierna la Corte ricorda anzitutto che il diritto comunitario impone di eliminare qualsiasi restrizione alla libera prestazione dei servizi, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, quando sia tale da vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisce legittimamente servizi analoghi.
La Corte constata che la normativa svedese, che ha l’effetto di vietare la promozione in Svezia tanto dei giochi d’azzardo organizzati lecitamente in altri Stati membri quanto di quelli organizzati senza autorizzazione in Svezia, finisce col restringere la partecipazione a tali giochi da parte del pubblico svedese.
Tuttavia, il diritto comunitario ammette restrizioni giustificate, segnatamente, da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. In assenza di armonizzazione all’interno dell’Unione in materia di giochi d’azzardo, spetta ad ogni singolo Stato membro valutare, in tale settore, alla luce della propria scala di valori, come tutelare gli interessi in questione. Gli Stati membri sono conseguentemente liberi di fissare gli obiettivi della loro politica in materia di giochi d’azzardo e, eventualmente, di definire con precisione il livello di protezione perseguito. Le restrizioni che essi impongono devono, però, soddisfare le condizioni di proporzionalità che risultano dalla giurisprudenza della Corte. Occorre esaminare, in particolare, se la normativa svedese sia idonea a garantire il conseguimento di uno o più obiettivi legittimi perseguiti da detto Stato membro e se non vada oltre quanto necessario per il loro raggiungimento. La Corte rileva come sia pacifico che l’esclusione degli interessi lucrativi privati dal settore dei giochi d’azzardo costituisce, secondo il giudice del rinvio, un principio fondamentale della normativa svedese in materia. Tali attività sono riservate in Svezia ad organismi che perseguono obiettivi di pubblica utilità o di interesse generale e le autorizzazioni per la gestione dei giochi d’azzardo sono state concesse esclusivamente ad enti pubblici o caritativi.
La Corte constata, al riguardo, che considerazioni di ordine culturale, morale o religioso possono giustificare restrizioni alla libera prestazione dei servizi da parte di operatori privati di giochi d’azzardo, in particolare perché potrebbe essere ritenuto inaccettabile permettere che un privato tragga un vantaggio dalla gestione di una piaga sociale o dalla debolezza dei giocatori e dalla loro sfortuna. Secondo la scala di valori propria a ciascuno degli Stati membri, e tenuto conto del potere discrezionale di cui questi godono, uno Stato membro può, dunque, limitare lo sfruttamento del gioco d’azzardo riservandolo ad enti pubblici o caritativi.
Poiché gli operatori che avevano fatto pubblicare gli annunci incriminati sono imprese private a scopo di lucro, le quali non avrebbero mai potuto beneficiare, per la legge svedese, di un’autorizzazione alla gestione di giochi d’azzardo, la Corte conclude che la normativa svedese risponde all’obiettivo di escludere interessi lucrativi privati dal settore dei giochi d’azzardo e può essere considerata necessaria al suo raggiungimento. Il diritto comunitario non osta, quindi, a una normativa siffatta.
La Corte nota, poi, che la legge svedese citata dallo Svea hovrätt prevede sanzioni penali solamente in caso di promozione di giochi d’azzardo organizzati in un altro Stato membro e non qualora tali giochi siano organizzati in Svezia senza autorizzazione, essendo tale ultima infrazione punita unicamente con sanzione amministrativa. Rileva, tuttavia, che tra il governo svedese, da un lato, e i sigg. Sjöberg e Gerdin, dall’altro, c'è disaccordo sulla questione se un’altra legge svedese preveda, per la promozione di giochi d’azzardo organizzati in Svezia senza autorizzazione, sanzioni equivalenti a quelle applicate per la promozione di giochi simili organizzati in un altro Stato membro.
La Corte ricorda che, nell’ambito del presente procedimento, l’interpretazione delle disposizioni nazionali incombe ai giudici degli Stati membri e non alla Corte. Di conseguenza, spetta al giudice del rinvio esaminare se le due infrazioni in causa, quand’anche disciplinate da testi di legge differenti, siano nondimeno oggetto di un trattamento equivalente. Tale giudice dovrà verificare, in particolare, se nei fatti dette infrazioni siano perseguite dalle autorità preposte con la stessa diligenza e se comportino l’imposizione di pene equivalenti da parte dei competenti organi giurisdizionali.
La Corte conclude, così, che, qualora le due infrazioni in questione vengano trattate in modo equivalente, il regime nazionale non può essere considerato discriminatorio. Per contro, qualora le persone che promuovono la partecipazione a giochi d’azzardo organizzati in Svezia senza autorizzazione incorrano in sanzioni meno severe di quelle applicabili a chi pubblicizza giochi simili organizzati in altri Stati membri, il regime svedese comporta una discriminazione che è contraria al diritto comunitario.

La detenzione di «golden shares» nella Portugal Telecom da parte dello Stato portoghese

La detenzione di «golden shares» nella Portugal Telecom da parte dello Stato portoghese costituisce una restrizione ingiustificata alla libera circolazione dei capitali
Infatti, tali «golden shares» attribuiscono allo Stato portoghese un’influenza sulle adozioni di decisioni dell’impresa che può scoraggiare gli investimenti da parte di operatori di altri Stati membri

La Portugal Telecom (PT) è stata creata nel 1994 in seguito alla ristrutturazione del settore delle telecomunicazioni portoghesi. Dal 1995 essa è stata privatizzata in cinque fasi successive. In base alla legislazione portoghese in materia di privatizzazioni, lo statuto delle società delle quali era prevista una privatizzazione poteva configurare, a titolo eccezionale e laddove lo esigessero motivi di interesse nazionale, azioni privilegiate destinate a rimanere proprietà dello Stato. Indipendentemente dal loro numero, questo tipo di azioni aveva l’obiettivo di fornire allo Stato un diritto di veto sulle modifiche statutarie e su altre decisioni riguardanti un determinato settore.
Lo statuto della PT è stato adottato nel 1995 quando lo Stato portoghese deteneva il 54,2% del capitale sociale. Esso prevede che il capitale sociale è costituito da 1 025 800 000 azioni ordinarie e da 500 azioni privilegiate («golden shares»). Queste ultime devono essere detenute in maggioranza dallo Stato o da altri azionisti pubblici e sono dotate di taluni privilegi sotto forma di diritti speciali. Alla conclusione della sua privatizzazione, tutte le partecipazioni pubbliche della PT sono state vendute, fatta eccezione per 500 azioni privilegiate.
Con il presente ricorso la Commissione contesta i diritti speciali che lo Stato portoghese detiene nella società Portugal Telecom in forza delle «golden shares».
Con la sua sentenza pronunciata in data odierna, la Corte di giustizia dichiara che, mantenendo nella PT diritti speciali attribuiti da «golden shares», il Portogallo è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza della libera circolazione dei capitali.
In primo luogo, la Corte ritiene che l’esercizio dei diritti speciali conferiti al Portogallo nella PT dalle «golden shares» costituisca una restrizione della libera circolazione dei capitali.
Infatti, la Corte constata che l’approvazione di un numero significativo di decisioni importanti concernenti la PT1 dipende dall’accordo dello Stato portoghese, dato che queste decisioni non possono essere adottate senza la maggioranza dei voti conferiti alle azioni privilegiate. Inoltre, una tale maggioranza è richiesta, in particolare, per qualunque decisione di modifica dello statuto della PT, cosicché l’influenza dello Stato portoghese sulla PT può essere ridotta solo se esso stesso vi acconsente.
Ciò considerato, la detenzione delle azioni privilegiate conferisce al Portogallo un’influenza sulla gestione della PT che non è giustificata dall’importanza della sua partecipazione e può scoraggiare gli investimenti diretti da parte di operatori di altri Stati membri. Infatti, questi ultimi non potrebbero concorrere alla gestione e al controllo di tale società proporzionalmente al valore delle loro partecipazioni. Inoltre, un eventuale rifiuto dello Stato di approvare una decisione importante per la società può avere un’influenza sul valore delle sue azioni e, pertanto, dissuadere gli azionisti dall’effettuarvi investimenti.
In secondo luogo, la Corte dichiara che la restrizione controversa non può essere ammessa sulla base delle giustificazioni fatte valere dal Portogallo.
Riguardo a tale punto, la Corte ricorda che provvedimenti nazionali che limitano la libera circolazione dei capitali possono essere giustificati, in particolare, dai motivi previsti dal Trattato CE (tra i quali figura la pubblica sicurezza), a condizione che essi siano idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e proporzionati rispetto ad esso.
Di conseguenza, per quanto concerne l’obiettivo invocato di garantire la sicurezza della disponibilità della rete delle telecomunicazioni in caso di crisi, di guerra o di terrorismo, la Corte ammette che esso può costituire un motivo di pubblica sicurezza e giustificare una restrizione alla libera circolazione dei capitali. Cionondimeno, la Corte ricorda che la pubblica sicurezza può essere fatta valere solamente in caso di minaccia effettiva e sufficientemente grave ad uno degli interessi fondamentali della collettività. Al riguardo, la Corte constata, tuttavia, che il Portogallo si è limitato ad addurre detto motivo senza precisare in che modo la detenzione di «golden shares» consentirebbe di evitare un pregiudizio alla pubblica sicurezza. Pertanto, una siffatta giustificazione non può essere presa in considerazione.
Infine, quanto alla proporzionalità della restrizione, la Corte rileva che l’esercizio dei diritti speciali da parte dello Stato non è soggetto ad alcuna condizione o circostanza specifica ed obiettiva. Infatti, anche se la legislazione sulle privatizzazioni subordina la creazione di azioni privilegiate alla condizione che la esigano motivi di interesse nazionale, né questa legge né lo statuto della PT fissano criteri in ordine alle circostanze in cui detti poteri speciali possono essere esercitati. In tal senso, un’incertezza siffatta costituisce un grave pregiudizio alla libera circolazione dei capitali. Infatti, essa conferisce alle autorità nazionali un potere talmente discrezionale da non poter essere considerato proporzionato agli obiettivi perseguiti.
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1 Quali, ad esempio, l’acquisizione di partecipazioni superiori al 10% del capitale sociale, la gestione di quest’ultima o la definizione dei principi generali della politica in materia di assunzione di partecipazioni in società o gruppi, di acquisizioni e di cessioni, laddove sia richiesta la previa autorizzazione dell’assemblea generale.

(C256/09) SPAZIO DI LIBERTA', SICUREZZA E GIUSTIZIA - DECISIONI IN MATERIA DI RESPONSABILITA' GENITORIALE - REGOLAMENTO N. 2201/2003 - PROVVEDIMENTI

(C256/09) SPAZIO DI LIBERTA', SICUREZZA E GIUSTIZIA - DECISIONI IN MATERIA DI RESPONSABILITA' GENITORIALE - REGOLAMENTO N. 2201/2003 - PROVVEDIMENTI PROVVISORI O CAUTELARI
La Corte ha stabilito che le disposizioni di cui agli artt. 21 e segg. del regolamento (CE) del Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, non si applicano ai provvedimenti provvisori, in materia di diritto di affidamento, rientranti nell’art. 20 di detto regolamento.

Testo Completo: Sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 15 luglio 2010

Nel procedimento C‑256/09,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi degli artt. 68 CE e 234 CE, dal Bundesgerichtshof (Germania), con decisione 10 giugno 2009, pervenuta in cancelleria il 10 luglio 2009, nella causa

Bianca Purrucker

contro

Guillermo Vallés Pérez,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente di sezione, dalla sig.ra P. Lindh, dai sigg. A. Rosas (relatore), U. Lõhmus e A. Arabadjiev, giudici,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 maggio 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del regolamento (CE) del Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU L 338, pag. 1).

2 Tale domanda è stata proposta nell’ambito di un ricorso presentato al Bundesgerichtshof dalla sig.ra Purrucker, madre dei minori Merlín e Samira Purrucker, avverso la decisione dell’Oberlandesgericht Stuttgart (Germania) 22 settembre 2008, nella parte in cui tale decisione concede l’exequatur ad una decisione del Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial (Spagna) che attribuisce l’affidamento dei figli al padre.

Contesto normativo

3 La Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori è stata sottoscritta il 25 ottobre 1980 nel contesto della Conferenza dell’Aia sul diritto internazionale privato (in prosieguo: la «convenzione dell’Aia del 1980»). Essa è entrata in vigore il 1° dicembre 1983. Tutti gli Stati membri dell’Unione europea sono parti contraenti di tale Convenzione.

4 La Convenzione contiene diverse disposizioni finalizzate ad ottenere l’immediato ritorno di un minore illecitamente trasferito o trattenuto.

5 L’art. 16 della Convenzione dell’Aia del 1980 dispone in particolare che dopo aver ricevuto notizia di un trasferimento illecito di un minore o del suo mancato ritorno, le autorità giudiziarie dello Stato contraente nel quale il minore è stato trasferito o è trattenuto non possono deliberare per quanto riguarda il merito dei diritti di affidamento finché non sia accertato l’inadempimento delle condizioni della presente Convenzione per la restituzione del minore.

6 La Convenzione sulla competenza giurisdizionale, la legge applicabile, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni, nonché la cooperazione, in materia di responsabilità genitoriale e di misure per la tutela dei minori, è stata stipulata il 19 ottobre 1996, anch’essa nel contesto della Conferenza dell’Aia sul diritto internazionale privato (in prosieguo: la «Convenzione dell’Aia del 1996»). Essa ha sostituito la Convenzione 5 ottobre 1961, sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori.

7 Taluni Stati membri, in particolare la Repubblica federale di Germania e il Regno di Spagna, non hanno ratificato questa Convenzione. Essi sono autorizzati a farlo dalla decisione del Consiglio 5 giugno 2008, 2008/431/CE, che autorizza alcuni Stati membri a ratificare la convenzione dell’Aia del 1996 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, ovvero ad aderirvi, nell’interesse della Comunità europea e che autorizza alcuni Stati membri a presentare una dichiarazione sull’applicazione delle pertinenti norme interne del diritto comunitario (GU L 151, pag. 36).

8 L’art. 11 della Convenzione dell’Aia del 1996, contenuto nel suo capitolo II, rubricato «Competenza», è redatto nei seguenti termini:

«1. In tutti i casi di urgenza, sono competenti ad adottare le misure di protezione necessarie le autorità di ogni Stato contraente sul cui territorio si trovino il minore o dei beni ad esso appartenenti.

2. Le misure adottate in applicazione del paragrafo precedente nei confronti di un minore che abbia la residenza abituale in uno Stato contraente cessano di avere effetto non appena le autorità competenti ai sensi degli articoli da 5 a 10 hanno adottato le misure imposte dalla situazione.

3. Le misure adottate in applicazione del paragrafo 1 nei confronti di un minore che abbia la sua residenza abituale in uno Stato non contraente cessano di avere effetto in ogni Stato contraente non appena vi sono riconosciute le misure imposte dalla situazione, adottate dalle autorità di un altro Stato».

9 L’art. 23 della Convenzione dell’Aia del 1996, parte del capitolo IV, rubricato «Riconoscimento ed esecuzione», così recita:

«1. Le misure adottate dalle autorità di uno Stato contraente sono riconosciute di pieno diritto negli altri Stati contraenti.

2. Tuttavia, il riconoscimento può essere negato:

a) qualora la misura sia stata adottata da un’autorità la cui competenza non era fondata ai sensi delle disposizioni del capitolo II;

(…)».

10 L’art. 26 di tale Convenzione, compreso nel medesimo capitolo, precisa:

«1. Se le misure adottate in uno Stato contraente e in esso esecutive comportano atti esecutivi in un altro Stato contraente, esse sono dichiarate esecutive o registrate ai fini dell’esecuzione in quest’altro Stato, su richiesta di ogni parte interessata, secondo la procedura stabilita dalla legge di tale Stato.

(…)

3. La dichiarazione di exequatur o la registrazione non possono essere negate se non per uno dei motivi di cui all’articolo 23, paragrafo 2».

11 L’art. 31 del regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU L 12, pag. 1), stabilisce quanto segue:

«I provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato membro possono essere richiesti al giudice di detto Stato anche se, in forza del presente regolamento, la competenza a conoscere nel merito è riconosciuta al giudice di un altro Stato membro».

12 La Convenzione di Bruxelles del 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978, relativa all’adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1, e – testo modificato – pag. 77), dalla Convenzione 25 ottobre 1982, relativa all’adesione della Repubblica ellenica (GU L 388, pag. 1), dalla Convenzione 26 maggio 1989, relativa all’adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese (GU L 285, pag. 1), e dalla Convenzione 29 novembre 1996, relativa all’adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia (GU 1997, C 15, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles») conteneva all’art. 24, una disposizione analoga.

13 Prima dell’entrata in vigore del regolamento n. 2201/2003, il Consiglio dell’Unione europea, con atto 28 maggio 1998, aveva emanato, sulla base dell’art. K.3 del Trattato sull’Unione europea, la convenzione concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni nelle cause matrimoniali (GU C 221, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles II»). Tale convenzione non è entrata in vigore. Nella misura in cui il suo testo ha ispirato quello del regolamento n. 2201/2003, la relazione esplicativa di detta Convenzione (GU 1998, C 221, pag. 27), redatta dalla sig.ra A. Borrás (in prosieguo: la «relazione Borrás»), è stata richiamata per chiarire come interpretare tale regolamento.

14 Il regolamento n. 2201/2003 è stato preceduto dal regolamento (CE) del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1347, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi (GU L 160, pag. 19). Il regolamento n. 1347/2000 è stato abrogato dal regolamento n. 2201/2003, il cui ambito di applicazione è più ampio.

15 Il dodicesimo, sedicesimo, ventunesimo e ventiquattresimo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003 dispongono:

«(12)È opportuno che le regole di competenza in materia di responsabilità genitoriale accolte nel presente regolamento si informino all’interesse superiore del minore e in particolare al criterio di vicinanza. Ciò significa che la competenza giurisdizionale appartiene anzitutto ai giudici dello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente, salvo ove si verifichi un cambiamento della sua residenza o in caso di accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale.

(…)

(16) Il presente regolamento non osta a che i giudici di uno Stato membro adottino, in casi di urgenza, provvedimenti provvisori o cautelari relativi alle persone presenti in quello Stato o ai beni in esso situati.

(…)

(21) Il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni rese in uno Stato membro dovrebbero fondarsi sul principio della fiducia reciproca e i motivi di non riconoscimento dovrebbero essere limitati al minimo indispensabile.

(…)

(24) Il certificato rilasciato allo scopo di facilitare l’esecuzione della decisione non dovrebbe essere impugnabile. Non dovrebbe poter dare luogo a una domanda di rettifica se non in caso di errore materiale, ossia se il certificato non rispecchia correttamente il contenuto della decisione».

16 Ai sensi dell’art. 2 del regolamento n. 2201/2003:

«Ai fini del presente regolamento valgono le seguenti definizioni:

1) “autorità giurisdizionale”: tutte le autorità degli Stati membri competenti per le materie rientranti nel campo di applicazione del presente regolamento a norma dell’articolo 1;

(…)

4) “decisione”: una decisione (…) emessa dal giudice di uno Stato membro (…) relativa [tra l’altro] alla responsabilità genitoriale, a prescindere dalla denominazione usata per la decisione, quale ad esempio decreto, sentenza o ordinanza;

(…)

7) “responsabilità genitoriale”: i diritti e doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i beni di un minore. Il termine comprende, in particolare, il diritto di affidamento e il diritto di visita;

(…)

9) “diritto di affidamento”: i diritti e doveri concernenti la cura della persona di un minore, in particolare il diritto di intervenire nella decisione riguardo al suo luogo di residenza;

(…)

11) “trasferimento illecito o mancato ritorno del minore”: il trasferimento o il mancato rientro di un minore:

a) quando avviene in violazione dei diritti di affidamento derivanti da una decisione, dalla legge o da un accordo vigente in base alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro

e

b) se il diritto di affidamento era effettivamente esercitato, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o lo sarebbe stato se non fossero sopravvenuti tali eventi. L’affidamento si considera esercitato congiuntamente da entrambi i genitori quando uno dei titolari della responsabilità genitoriale non può, conformemente ad una decisione o al diritto nazionale, decidere il luogo di residenza del minore senza il consenso dell’altro titolare della responsabilità genitoriale».

17 L’art. 8, n. 1, di tale regolamento ha il seguente tenore:

«Le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore, se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono adite».

18 Secondo l’art. 9, n. 1, di detto regolamento:

«In caso di lecito trasferimento della residenza di un minore da uno Stato membro ad un altro che diventa la sua residenza abituale, la competenza delle autorità giurisdizionali dello Stato membro della precedente residenza abituale del minore permane in deroga all’articolo 8 per un periodo di 3 mesi dal trasferimento, per modificare una decisione sul diritto di visita resa in detto Stato membro prima del trasferimento del minore, quando il titolare del diritto di visita in virtù della decisione sul diritto di visita continua a risiedere abitualmente nello Stato membro della precedente residenza abituale del minore».

19 L’art. 10 dello stesso regolamento dispone quanto segue:

«In caso di trasferimento illecito o mancato rientro del minore, l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro conserva la competenza giurisdizionale fino a che il minore non abbia acquisito la residenza in un altro Stato membro (…)».

20 L’art. 19, n. 2, del regolamento n. 2201/2003 così recita:

«Qualora dinanzi a autorità giurisdizionali di Stati membri diversi siano state proposte domande sulla responsabilità genitoriale su uno stesso minore, aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, l’autorità giurisdizionale successivamente adita sospende d’ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita».

21 L’art. 20 di tale regolamento, rubricato «Provvedimenti provvisori e cautelari», stabilisce quanto segue:

«1. In casi d’urgenza, le disposizioni del presente regolamento non ostano a che le autorità giurisdizionali di uno Stato membro adottino i provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge interna, relativamente alle persone presenti in quello Stato o ai beni in esso situati, anche se, a norma del presente regolamento, è competente a conoscere nel merito l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro.

2. I provvedimenti adottati in esecuzione del paragrafo 1 cessano di essere applicabili quando l’autorità giurisdizionale dello Stato membro competente in virtù del presente regolamento a conoscere del merito abbia adottato i provvedimenti ritenuti appropriati».

22 Gli artt. 21 e segg. di detto regolamento riguardano il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni. Detto art. 21, n. 1, prevede in particolar modo che le decisioni pronunciate in uno Stato membro siano riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento.

23 L’art. 24 del regolamento n. 2201/2003 dispone che non si può procedere al riesame della competenza giurisdizionale del giudice dello Stato membro d’origine.

24 L’art. 39 di tale regolamento prevede il rilascio di un certificato. Come emerge dall’allegato II di detto regolamento, che indica le menzioni che figurano in tale certificato, esso precisa diversi elementi del procedimento, in particolare l’attestato di esecutività e notificazione di una decisione giudiziaria.

25 Secondo l’art. 46 del medesimo regolamento:

«Gli atti pubblici formati e aventi efficacia esecutiva in uno Stato membro nonché gli accordi tra le parti aventi efficacia esecutiva nello Stato membro di origine sono riconosciuti ed eseguiti alle stesse condizioni previste per le decisioni».

26 L’art. 60 del regolamento n. 2201/2003 stabilisce che detto regolamento prevale, tra l’altro, sulla Convenzione dell’Aia del 1980. L’art. 61 del citato regolamento riguarda le relazioni tra quest’ultimo e la Convenzione dell’Aia del 1996.

Fatti della causa principale e procedimento in corso

27 Dalla decisione di rinvio risulta che verso la metà del 2005 la sig.ra Purrucker si era trasferita in Spagna con il sig. Vallés Pérez. Essa dava alla luce due gemelli, nati prematuramente nel maggio 2006. Il maschio, Merlín, poteva lasciare l’ospedale nel settembre 2006, mentre la femmina, Samira, poteva farlo solamente nel marzo 2007, a causa di complicazioni sopravvenute nel frattempo.

28 In precedenza, la relazione tra la sig.ra Purrucker e il sig. Vallés Pérez si era deteriorata in quanto la sig.ra Purrucker voleva tornare in Germania con i figli mentre il sig. Vallés Pérez, inizialmente, si era opposto a tale progetto. Il 30 gennaio 2007 le parti concludevano un accordo notarile che doveva essere approvato da un giudice per divenire esecutivo. Le clausole 2 e 3 di tale accordo sono formulate nei seguenti termini:

«II – Si stabilisce che i figli minori della coppia sono soggetti alla potestà genitoriale del padre e della madre, i quali sono entrambi titolari del diritto di affidamento, fatto salvo il diritto di visita di cui dispone il padre nei confronti dei figli, diritto di cui quest’ultimo può liberamente avvalersi in ogni momento e a suo piacimento, fermo restando che le parti si accordano per fissare il luogo di residenza nel modo specificato al seguente punto 3.

III – Quanto al luogo di residenza della madre e dei minori, si stabilisce che la sig.ra Purrucker si trasferisce con questi ultimi in Germania, dove fissa il suo luogo di residenza permanente che comunica al padre dei minori, il quale esprime espressamente il suo assenso al trasferimento della madre con i minori in detto paese, fermo restando che la madre riconosce il diritto di visita del padre e che gli consente di visitare i minori in qualsiasi momento e a suo piacimento, previa comunicazione alla madre delle date della visita. Il luogo di residenza sarà per una durata indeterminata e ciò fatte salve le decisioni che i figli della coppia possono prendere alla loro maggiore età».

29 La sig.ra Purrucker intendeva rientrare in Germania con il figlio D., nato da una precedente relazione, nonché con i minori Merlín e Samira.

30 A causa di complicazioni e della necessità di subire un intervento chirurgico, la figlia Samira non poteva lasciare l’ospedale. Pertanto, la sig.ra Purrucker partiva per la Germania con il figlio Merlín il 2 febbraio 2007. Secondo le dichiarazioni della sig.ra Purrucker dinanzi al giudice del rinvio, anche la figlia Samira doveva essere condotta in Germania dopo essere stata dimessa dall’ospedale.

31 Tra le parti principali sono pendenti 3 procedimenti:

– il primo, in Spagna, proposto dal sig. Vallés Pérez, riguarda la concessione di provvedimenti provvisori. Sembra che, a talune condizioni, tale procedimento possa essere ritenuto un procedimento nel merito volto al riconoscimento dei diritti di affidamento dei minori Merlín e Samira;

– il secondo, in Germania, proposto dalla sig.ra Purrucker, riguarda la concessione dei diritti di affidamento degli stessi minori;

– il terzo, in Germania, proposto dal sig. Vallés Pérez, concerne l’exequatur della decisione del Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial che concedeva provvedimenti provvisori. Si tratta del procedimento che ha dato origine alla domanda di pronuncia pregiudiziale.

Il procedimento avviato in Spagna per la concessione di provvedimenti provvisori

32 Non sentendosi più vincolato dall’accordo notarile, il sig. Vallés Pérez nel giugno 2007 ha avviato un procedimento diretto alla concessione di provvedimenti provvisori e, in particolare, del diritto di affidamento dei minori Samira e Merlín, dinanzi al Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial.

33 L’udienza si è svolta il 26 settembre 2007. La sig.ra Purrucker vi era rappresentata e ha presentato osservazioni scritte.

34 Con sentenza 8 novembre 2007 il Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial ha adottato provvedimenti urgenti e provvisori.

35 In tale sentenza, allegata alle osservazioni presentate dalla sig.ra Purrucker dinanzi alla Corte, tale giudice spagnolo rileva:

«Oltre al diritto sostanziale spagnolo rilevante, il ricorso è fondato sulla [Convenzione dell’Aia del 1980] (artt. 1 e 2) nonché sul regolamento (…) n. 2201/2003 e sull’accordo tra il Regno di Spagna e la Repubblica federale di Germania del 14 novembre 1983, relativo alla competenza dei giudici spagnoli (art. 8)».

36 Al punto 3 della motivazione, detta sentenza contiene le seguenti considerazioni:

«III – In primo luogo, in considerazione del diritto europeo invocato e delle convenzioni ratificate dal Regno di Spagna e dalla Repubblica federale di Germania in materia di diritto di famiglia, di diritto di affidamento e di assegno alimentare per i figli minorenni, questo tribunale risulta perfettamente competente, posto che i genitori hanno risieduto in Spagna e che l’ultimo domicilio familiare era ivi fissato (art. 769, terzo comma, del [Codice di procedura civile spagnolo (Ley de Enjuiciamiento Civil)]; art. 1 della [Convenzione dell’Aia del 1980] – il giudice competente è quello della residenza abituale del minore – il censimento ha accertato la presenza in Colmenarejo di Merlín e la sua residenza abituale era in Spagna fino alla sua partenza per la Germania il 2 febbraio 2007).

Inoltre, il ricorrente è spagnolo, risiede abitualmente in Spagna e si tratta del primo procedimento avviato in questa causa in Spagna. Questo tribunale ha dichiarato la sua competenza il 28 giugno nell’ordinanza di ammissibilità del ricorso e nella successiva ordinanza del 20 settembre. Pertanto, se del caso, dovrà essere il Tribunale di Albstadt a dichiarare d’ufficio, in conformità all’art. 19 del [regolamento n. 2201/2003] la propria incompetenza a favore del giudice spagnolo. La dichiarazione di incompetenza d’ufficio potrà essere pronunciata unicamente se le parti hanno presentato dinanzi ad autorità giurisdizionali di Stati membri diversi domande sulla responsabilità genitoriale nei confronti di un minore aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo. Ebbene, risulta che il procedimento successivamente avviato in Germania da Bianca Purrucker è un procedimento semplificato diretto ad ottenere dal padre, Guillermo Vallés, il versamento di un assegno alimentare per il minore Merlín. Tale procedimento è stato registrato a ruolo dal Tribunale per le questioni familiari di Albstadt con il numero 8FH13/07.

In udienza il procuratore legale di Bianca Purrucker ha eccepito l’incompetenza di questo tribunale in quanto, da un lato, Merlín risiedeva regolarmente in Germania e, pertanto, gli interessi di tale minore dovevano essere trattati in Germania e, dall’altro, esisteva un accordo privato tra le parti.

Il ricorrente si oppone [al rinvio della causa al giudice tedesco] in quanto ignora il reale stato di salute di Merlín, non si sa se la madre tornerà mai in Spagna e la madre è partita quando Samira si trovava in grave pericolo di morte. L’accordo privato, inoltre, non è stato ratificato giudizialmente, non è stato approvato dal pubblico ministero, ed è stato fatto sottoscrivere sotto pressione e mediante l’inganno.

In udienza il pubblico ministero ha dichiarato competente questo tribunale in quanto l’accordo tra le parti non è stato omologato giudizialmente ed è necessario adottare urgentemente provvedimenti provvisori. Esso ricorda la competenza del giudice spagnolo del domicilio abituale del ricorrente in Spagna, il documento contenente l’accordo privato siglato in Spagna e la nascita del minore Merlín in Spagna. Nutre dubbi sulla regolarità dell’uscita di Merlín dal territorio spagnolo.

Pertanto, confermiamo la competenza di questo tribunale a pronunciarsi sull’istanza di provvedimenti provvisori».

37 Come riportato dal Bundesgerichtshof nella decisione di rinvio, i provvedimenti provvisori adottati hanno il seguente tenore:

«In via precauzionale il tribunale, pronunciandosi sull’istanza del sig. Guillermo Vallés Pérez contro la sig.ra Bianca Purrucker, adotta il seguente provvedimento provvisorio urgente ed immediato:

1. Attribuzione al padre, sig. Guillermo Vallés Pérez, del diritto di affidamento comune per i due minori Samira e Merlín Vallés Purrucker; fermo restando che entrambi i genitori conservano la responsabilità genitoriale.

In ottemperanza al presente provvedimento, la madre deve restituire il figlio minore Merlín al padre domiciliato in Spagna. Sono adottate le misure idonee a consentire alla madre di viaggiare con il figlio e di visitare Samira e Merlín ogniqualvolta ne abbia intenzione. A tale scopo, un’abitazione che funga da luogo di incontro familiare deve essere messa a sua disposizione o può essere messa a sua disposizione da un familiare o dalla persona di fiducia che deve essere presente nel corso delle visite per tutto il tempo che la madre passa con i minori, fermo restando che tale abitazione può essere quella del padre qualora le parti si accordino su questo punto.

2. Divieto di lasciare il territorio spagnolo con i minori senza previa autorizzazione del giudice.

3. Consegna dei passaporti di ciascuno dei minori al genitore titolare del diritto di affidamento.

4. Qualsiasi cambiamento di domicilio dei minori Samira e Merlín è subordinato alla previa autorizzazione del giudice.

5. A carico della madre non è stabilito alcun obbligo di prestare gli alimenti.

Non è pronunciata alcuna condanna alle spese.

In caso di presentazione di un procedimento di merito, questa ordinanza è registrata nei corrispondenti atti processuali.

La presente ordinanza deve essere notificata alle parti e al pubblico ministero secondo le disposizioni prescritte e con la menzione che indichi che essa non può essere impugnata».

38 Come emerge dai documenti allegati alle osservazioni della sig.ra Purrucker, la sentenza del Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial 8 novembre 2007 è stata oggetto di una sentenza di rettifica il 28 novembre 2007. Il punto 1 del dispositivo è stato rettificato nella parte in cui attribuisce al padre il «diritto di affidamento» e non più il «diritto di affidamento comune».

39 L’11 gennaio 2008 il Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial ha rilasciato un certificato ai sensi dell’art. 39, n. 1, del regolamento n. 2201/2003, che attestava che la sua decisione era esecutiva ed era stata notificata.

40 Sembra che il sig. Vallés Pérez abbia presentato un ricorso nel merito, che il giudice adito si sia pronunciato su tale ricorso il 28 ottobre 2008 e che la decisione resa su tale ricorso sia stata impugnata.

Il procedimento avviato in Germania per l’ottenimento del diritto di affidamento

41 Il 20 settembre 2007, ossia prima che fosse pronunciata la decisione del Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial, la sig.ra Purrucker, con un ricorso nel merito proposto dinanzi all’Amtsgericht Albstadt (tribunale di primo grado di Albstadt, Germania), aveva chiesto che le fosse assegnato il diritto di affidamento dei minori Merlín e Samira. A norma dell’art. 16 della Convenzione dell’Aia del 1980, il procedimento sul diritto di affidamento è stato sospeso dal 19 marzo al 28 maggio 2008, e successivamente assegnato all’Amtsgericht Stuttgart (Germania), ai termini dell’art. 13 della legge tedesca sull’esecuzione e l’applicazione di taluni mezzi giuridici in materia di diritto internazionale di famiglia (Gesetz zur Aus- und Durchführung bestimmter Rechtsinstrumente auf dem Gebiet des internationalen Familienrechts). L’Amtsgericht Stuttgart ha negato l’adozione di un nuovo provvedimento provvisorio sul diritto di affidamento per i due minori interessati. Esso non si è pronunciato sul merito della causa, ma ha espresso dubbi quanto alla sua competenza internazionale. Con decisione 8 dicembre 2008, menzionata al punto 40 di questa sentenza, il Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial si è dichiarato organo giurisdizionale preventivamente adito ai sensi degli artt. 16 e 19, n. 2, del regolamento n. 2201/2003. L’Amtsgericht Stuttgart ha quindi sospeso il procedimento a norma dell’art. 19, n. 2 di detto regolamento fino a quando la decisione del Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial non avesse acquisito autorità di giudicato.

42 La sig.ra Purrucker ha impugnato la decisione dell’Amtsgericht Stuttgart. Il 14 maggio 2009 l’Oberlandesgericht Stuttgart l’ha annullata e ha rinviato la causa all’Amtsgericht Stuttgart affinché adottasse una nuova decisione. L’Oberlandesgericht Stuttgart ha ritenuto che ciascun giudice fosse tenuto a verificare la propria competenza e che l’art. 19 del regolamento n. 2201/2003 non conferisse ad alcuna delle autorità giurisdizionali adite la competenza esclusiva a determinare quale fosse il tribunale preventivamente adito. L’Oberlandesgericht Stuttgart ha rilevato che la domanda relativa al diritto di affidamento proposta in Spagna nel giugno 2007 dal sig. Vallés Pérez rientrava nel contesto di un procedimento volto alla concessione di provvedimenti provvisori, mentre la domanda relativa al diritto di affidamento proposta in Germania il 20 settembre 2007 dalla sig.ra Purrucker costituiva un ricorso nel merito. Siffatto ricorso, da un lato, e una procedura volta alla concessione di provvedimenti provvisori, dall’altro, avrebbero ad oggetto controversie diverse o domande diverse.

43 Con ordinanza 8 giugno 2009 l’Amtsgericht Stuttgart ha chiesto alle parti di comunicargli in che fase si trovasse il procedimento avviato in Spagna e le ha invitate a prendere posizione in merito alla possibilità di sottoporre alla Corte la questione pregiudiziale relativa alla determinazione dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita, ai sensi dell’art. 104 ter del regolamento di procedura della Corte.

Il procedimento avviato in Germania ai fini dell’ottenimento dell’exequatur della decisione emanata dal giudice spagnolo

44 Si tratta del procedimento che ha dato origine alla presente domanda di pronuncia pregiudiziale. Il sig. Vallés Pérez aveva inizialmente richiesto, tra l’altro, la restituzione del figlio Merlín e presentato, in via cautelare, un ricorso inteso a far riconoscere l’esecutività della decisione emessa dal Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial. In un secondo tempo, ha richiesto con priorità l’exequatur di tale decisione. Di conseguenza, l’Amtsgericht Stuttgart, con decisione 3 luglio 2008, e l’Oberlandesgericht Stuttgart, con decisione in appello 22 settembre 2008, hanno concesso l’exequatur della decisione del giudice spagnolo e hanno informato la madre che in caso di inottemperanza le poteva essere inflitta un’ammenda.

45 Il Bundesgerichtshof riassume la decisione dell’Oberlandesgericht Stuttgart nei seguenti termini:

«Non ci sono motivi che ostino all’esecutività della decisione del tribunale spagnolo. Sebbene si tratti di un provvedimento provvisorio del tribunale spagnolo, l’art. 2, punto 4, del regolamento n. 2201/2003 non stabilisce alcuna differenza in funzione della forma della decisione nel contesto del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni di altri Stati membri e richiede unicamente una “decisione giudiziaria”. Nonostante i figli comuni non siano stati sentiti dal tribunale spagnolo, la mancata audizione non viola alcuna norma processuale fondamentale del diritto tedesco, e ciò a maggior ragione considerato che i minori avevano solo un anno e mezzo di età alla data della decisione. Il certificato del tribunale spagnolo rilasciato ai sensi dell’art. 39 del regolamento n. 2201/2003 dissipa i dubbi, suscitati dalla presentazione tardiva del ricorso nel merito, formulati dalla convenuta in ordine all’esecutività della decisione spagnola. Non esistono neppure motivi di non riconoscimento ex art. 23 del regolamento n. 2201/2003. In particolare, non è stata rilevata alcuna violazione dell’ordine pubblico tedesco; i diritti della difesa sono stati rispettati grazie alla convocazione della convenuta all’udienza. La circostanza che essa non abbia assistito personalmente all’udienza, ma si sia limitata a farsi rappresentare dal suo avvocato, è il risultato di una sua scelta. Nel contesto del procedimento di riconoscimento e di esecuzione, questo tribunale non può procedere ad una revisione nel merito della causa relativa al diritto di affidamento decisa in Spagna».

46 Nel ricorso di impugnazione presentato dinanzi al Bundesgerichtshof la sig.ra Purrucker contesta la decisione dell’Oberlandesgericht Stuttgart 22 settembre 2008 in quanto, ai sensi dell’art. 2, punto 4, del regolamento n. 2201/2003, il riconoscimento e l’esecuzione di decisioni pronunciate da giudici di altri Stati membri non si applicano ai provvedimenti provvisori ai sensi dell’art. 20 di detto regolamento, in quanto questi ultimi non possono essere qualificati come decisioni in materia di responsabilità genitoriale.

Decisione di rinvio e questione pregiudiziale

47 Il Bundesgerichtshof rileva che la questione dell’applicabilità delle disposizioni di cui agli artt. 21 e seguenti del regolamento n. 2201/2003 anche ai provvedimenti provvisori ex art. 20 di tale regolamento, oppure solo alle decisioni di merito, forma oggetto di dibattito in dottrina e non è stata ancora definitivamente risolta dalla giurisprudenza.

48 Secondo una prima tesi, i provvedimenti provvisori ex art. 20 del regolamento n. 2201/2003 andrebbero in linea di principio esclusi dalla sfera di applicazione delle disposizioni sul riconoscimento e sull’esecuzione, come quelle previste dagli artt. 21 e segg. di detto regolamento. L’art. 20 di quest’ultimo conterrebbe una mera regola di competenza. La sentenza 2 aprile 2009, causa C‑523/07, A (Racc. pag. I‑2805, punti 46 e segg.), potrebbe suffragare questa tesi, in quanto dichiara che i provvedimenti provvisori ex art. 20 del regolamento n. 2201/2003 devono avere natura temporanea e che la loro attuazione e il loro carattere imperativo devono risultare dalla normativa nazionale. Se così fosse, l’impugnazione della sig.ra Purrucker dovrebbe essere accolta.

49 Secondo talune tesi, la sfera di applicazione dell’art. 2, punto 4, del regolamento n. 2201/2003 si estenderebbe ai provvedimenti provvisori adottati da un tribunale competente nel contesto di un ricorso nel merito, a condizione che siano salvaguardati, per lo meno a posteriori, i diritti della difesa. Tale principio corrisponderebbe alla giurisprudenza della Corte, secondo cui un’audizione a posteriori è sufficiente per garantire un processo equo (sentenza 16 giugno 1981, causa 166/80, Klomps, Racc. pag. 1593). Altre tesi limiterebbero l’applicazione del regolamento n. 2201/2003 ai provvedimenti provvisori adottati, all’occorrenza, nel contesto di un procedimento in contraddittorio, nel rispetto dei diritti della difesa.

50 In queste due ultime ipotesi l’esito favorevole dell’impugnazione dipenderebbe da se, nel corso del procedimento che ha originato il provvedimento provvisorio, la sig.ra Purrucker abbia o meno effettivamente goduto del diritto ad essere sentita. Ebbene, secondo il giudice del rinvio a favore di una risposta affermativa a tale questione depone la circostanza che l’interessata è stata convocata all’udienza, vi era rappresentata da un avvocato e i suoi figli avevano un’età tale che non ci si potevano aspettare informazioni supplementari da una loro audizione.

51 Infine, ci sarebbe anche chi propugna la tesi per cui tutti i provvedimenti provvisori sono disciplinati dal sistema del regolamento n. 2201/2003. Da un lato, i provvedimenti provvisori adottati a norma dell’art. 20 di tale regolamento sarebbero considerati decisioni ai sensi del suo art. 2, punto 4, per le quali valgono le disposizioni degli artt. 21 e segg. del medesimo regolamento, relative al riconoscimento e all’esecuzione. Dall’altro, i sostenitori di questa tesi addurrebbero altresì l’argomento in base al quale anche se i provvedimenti provvisori ex art. 20 del regolamento n. 2201/2003 non ricadessero nella definizione della nozione di «decisione» che appare nel suo art. 2, punto 4, le disposizioni previste dagli artt. 21 e segg. di tale regolamento, relative al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni pronunciate in altri Stati membri, andrebbero tuttavia applicate a tali provvedimenti. Secondo questa tesi, detti artt. 21 e segg. andrebbero certamente applicati al provvedimento provvisorio emanato dal giudice spagnolo, e l’impugnazione dovrebbe essere respinta.

52 Il Bundesgerichtshof rileva che la decisione del giudice spagnolo non viola l’ordine pubblico tedesco.

53 Alla luce di tali elementi, il Bundesgerichtshof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se le disposizioni di cui agli artt. 21 e segg. del regolamento [n. 2201/2003], concernenti il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni di altri Stati membri ai sensi dell’art. 2, n. 4, del regolamento [n. 2201/2003], siano applicabili anche ai provvedimenti provvisori esecutivi concernenti il diritto di affidamento ai sensi dell’art. 20 del regolamento [n. 2201/2003]».

Procedimento dinanzi alla Corte

54 In conformità all’art. 54 bis del regolamento di procedura della Corte, il giudice relatore e l’avvocato generale hanno chiesto alla sig.ra Purrucker di far pervenire alla Corte le decisioni 8 dicembre 2008, 14 maggio 2009 e 8 giugno 2009 menzionate ai punti 41‑43 di questa sentenza e alle quali la sig.ra Purrucker aveva fatto allusione nelle sue osservazioni.

55 Dalle osservazioni presentate è emerso che, verosimilmente, solo la sig.ra Purrucker e il governo spagnolo erano a conoscenza della motivazione della sentenza del Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial 8 novembre 2007, segnatamente per quanto attiene alla competenza del giudice spagnolo. Vari governi che hanno presentato osservazioni hanno proposto una soluzione alla questione pregiudiziale fondata sulla loro ipotesi quanto alla competenza, mentre la Commissione europea ha prospettato diverse ipotesi.

56 Allorché tale sentenza, allegata alle osservazioni della sig.ra Purrucker, è stata notificata agli interessati previsti dall’art. 23 dello statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte ha invitato questi ultimi a prendere nuovamente posizione per iscritto sulla questione pregiudiziale, tenendo conto del punto 3 di detta sentenza, riprodotto al punto 36 di questa sentenza. Essa ha inoltre invitato il governo spagnolo a fornire svariate precisazioni sul procedimento di concessione dei provvedimenti provvisori in cause come quella principale.

Sulla questione pregiudiziale

57 Con la sua questione, il Bundesgerichtshof chiede se le disposizioni. degli artt. 21 e segg. del regolamento n. 2201/2003 si applichino anche a provvedimenti provvisori esecutivi in materia di diritti di affidamento ai sensi dell’art. 20 di tale regolamento.

58 La pertinenza di tale questione è stata contestata, da un lato, perché i provvedimenti provvisori oggetto della causa principale non rientrerebbero nell’art. 20 di detto regolamento in quanto sarebbero stati adottati da un giudice competente nel merito e, dall’altro, perché anche se tali misure fossero state adottate da un giudice non competente nel merito, esse non potrebbero in ogni caso rientrare in tale disposizione per quanto attiene al minore Merlín, visto che quest’ultimo non era presente in Spagna nel momento in cui il Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial si è pronunciato.

59 Queste contestazioni contraddittorie dimostrano la necessità di non limitare l’interpretazione dell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 agli effetti di una decisione rientrante in tale disposizione, ma di esaminare anche quali siano le decisioni che rientrano in essa.

60 L’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 è l’ultimo del suo capitolo II, relativo alla competenza. Esso non fa parte degli articoli che riguardano specificamente la competenza in materia di responsabilità genitoriale, i quali costituiscono la sezione 2 di tale capitolo, ma rientra nella sezione 3 di questo, intitolata «Disposizioni comuni».

61 Dalla collocazione di questa disposizione nell’architettura del regolamento n. 2201/2003 si evince che tale art. 20 non può essere considerato una disposizione che attribuisce competenza di merito ai sensi di questo regolamento.

62 Questa deduzione è corroborata dal tenore di detto art. 20, che si limita ad indicare come, in casi di urgenza, le disposizioni del regolamento n. 2201/2003 «non ostano» a che le autorità giurisdizionali di uno Stato membro adottino taluni provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge interna anche se, a norma di tale regolamento, è competente a conoscere nel merito l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro. Parimenti, il sedicesimo ‘considerando’ di detto regolamento recita che questo «non osta» all’adozione di siffatti provvedimenti.

63 Ne consegue che l’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 copre solo provvedimenti adottati da giudici che non fondino la loro competenza, per quanto attiene alla responsabilità genitoriale, su uno degli articoli compresi nel capitolo II, sezione 2, di tale regolamento.

64 Pertanto, non è unicamente la natura dei provvedimenti che il giudice può adottare – provvedimenti provvisori o cautelari contrapposti a decisioni di merito – che determina se tali provvedimenti possono rientrare nell’art. 20 di detto regolamento ma piuttosto, in particolare, la circostanza che siano stati adottati da un giudice la cui competenza non è fondata su un’altra disposizione di detto regolamento.

65 La causa principale dimostra come non sia sempre agevole, alla lettura di una sentenza, qualificare sotto questo profilo la decisione adottata da un giudice ai sensi dell’art. 2, punto 1), del regolamento n. 2201/2003. Infatti, il Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial dichiara che il ricorso è fondato sul diritto sostanziale spagnolo rilevante, sulla Convenzione dell’Aia del 1980 nonché sul detto regolamento e sull’Accordo tra il Regno di Spagna e la Repubblica federale di Germania 14 novembre 1983, relativo alla competenza dei giudici spagnoli. Tra queste disposizioni, egli sembra fondare la sua competenza più specificamente sull’art. 769, n. 3, del codice di procedura civile spagnolo e sull’art. 1 della Convenzione dell’Aia del 1980. Quanto ai fatti che possono giustificare questa competenza alla luce di tali disposizioni, il Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial richiama, al contempo, la residenza dei genitori, l’ultimo domicilio familiare, la residenza abituale del minore fino alla sua partenza per la Germania, la nazionalità del ricorrente, la sua residenza abituale in Spagna e la circostanza che si tratta del primo procedimento avviato in questa causa in Spagna. Infine, tale giudice menziona l’opinione del pubblico ministero che, a prescindere dagli elementi già enunciati, prende in considerazione il fatto che l’atto notarile è stato stipulato in Spagna e la circostanza che il minore Merlín è nato in Spagna.

66 Sembra che la maggior parte dei fatti elencati dal Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial non corrisponda a criteri atti a fondare una competenza ai sensi degli artt. 8‑14 del regolamento n. 2201/2003. Per quanto riguarda fatti corrispondenti ai criteri di cui agli artt. 8, 9 e 10 di detto regolamento, idonei a fondare siffatta competenza, ossia la residenza abituale del minore e la precedente residenza di quest’ultimo, essi non consentono di individuare in forza di quale di queste disposizioni tale giudice si sarebbe riconosciuto competente, ammesso che lo abbia fatto, a norma di questo regolamento.

67 Come dimostrano le osservazioni depositate presso la Corte e le difficoltà incontrate dagli interessati che hanno presentato osservazioni nel proporre una soluzione alla questione pregiudiziale, dal complesso di questi elementi discende una grande incertezza, alla lettura della decisione del Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial, quanto al riconoscimento da parte di quest’ultimo del primato del regolamento n. 2201/2004 sulle altre disposizioni menzionate in detta decisione e all’applicazione di quest’ultimo ai fatti di specie.

68 Secondo il governo ceco, in ossequio al principio della fiducia reciproca, che sottende il regolamento n. 2201/2003, in mancanza di un’esplicita menzione secondo cui una decisione rientra nell’art. 20 di tale regolamento è d’uopo presumere che un giudice che adotta una decisione sia competente ai sensi di quest’ultimo. Ad avviso della sig.ra Purrucker e del governo tedesco, invece, la mancata precisazione dell’esistenza di una competenza ai sensi del regolamento n. 2201/2003 dovrebbe al contrario implicare l’applicazione di una presunzione secondo cui detta decisione è un provvedimento che ricade nell’art 20 di questo regolamento.

69 In proposito va rammentato che il regolamento n. 2201/2003, facendo parte del diritto dell’Unione, prevale sul diritto nazionale. Peraltro, esso prevale sulla maggior parte delle convenzioni internazionali vertenti sulle materie che disciplina, alle condizioni sancite dai suoi artt. 59‑63.

70 Come emerge dal secondo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003, il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie è la pietra d’angolo della creazione di un vero spazio giudiziario.

71 A tenore del ventunesimo ‘considerando’ di detto regolamento, tale riconoscimento dovrebbe fondarsi sul principio della fiducia reciproca.

72 È questa fiducia reciproca che ha consentito la creazione di un sistema obbligatorio di competenze, che tutti i giudici cui si applica il regolamento n. 2201/2003 sono tenuti a rispettare, e la correlativa rinuncia da parte degli Stati membri alle loro norme interne di riconoscimento e di delibazione a favore di un meccanismo semplificato di riconoscimento e di esecuzione delle decisioni pronunciate nell’ambito di procedure in materia di responsabilità genitoriale (v. per analogia, a proposito di procedure di insolvenza, sentenza 2 maggio 2006, causa C‑341/04, Eurofood IFSC, Racc. pag. I‑3813, punto 40).

73 È conseguenza di tale principio di fiducia reciproca che il giudice di uno Stato membro investito di una domanda in materia di responsabilità genitoriale si accerti della propria competenza ai sensi degli artt. 8‑14 del regolamento n. 2201/2003 (v. per analogia, sentenza Eurofood IFSC, cit., punto 41) e che risulti chiaramente dalla decisione pronunciata da tale giudice che esso ha inteso assoggettarsi alle regole di competenza direttamente applicabili, previste da tale regolamento o che si è pronunciato in conformità a queste.

74 Per converso, come precisa l’art. 24 di detto regolamento, i giudici degli altri Stati membri non possono sindacare la valutazione svolta dal primo giudice in ordine alla sua competenza.

75 Questo divieto non preclude ad un giudice cui sia sottoposta una decisione che non contiene elementi attestanti senza ombra di dubbio la competenza nel merito dell’autorità giurisdizionale d’origine di verificare se da tale decisione emerge che quest’ultimo giudice ha inteso fondare la propria competenza su una disposizione del regolamento n. 2201/2003. Infatti, come ha sottolineato l’avvocato generale al paragrafo 139 delle conclusioni, tale verifica non costituisce tanto un controllo della competenza dell’autorità giurisdizionale d’origine, bensì unicamente l’accertamento del fondamento sul quale il giudice ha basato la sua competenza.

76 Da questi elementi si evince che quando la competenza di merito, ai sensi del regolamento n. 2201/2003, di un giudice che ha disposto provvedimenti provvisori non risulta, con tutta evidenza, dagli elementi della decisione adottata, o quando tale decisione non contiene una motivazione scevra da qualsivoglia ambiguità, relativa alla competenza di merito di questo giudice, mediante il riferimento ad uno dei criteri di competenza previsti dagli artt. 8‑4 di questo regolamento, si può concludere che detta decisione non è stata adottata nel rispetto delle regole di competenza sancite da detto regolamento. Tuttavia, questa decisione può essere vagliata alla luce dell’art. 20 di tale regolamento, per verificare se ricade in detta disposizione.

77 L’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 postula infatti l’osservanza di svariate condizioni. Come sottolineato dalla Corte, le autorità giurisdizionali considerate dall’art. 20, n. 1, di detto regolamento sono autorizzate a concedere provvedimenti provvisori o cautelari unicamente nei limiti in cui sono rispettate tre condizioni cumulative, ossia:

– i provvedimenti considerati devono essere urgenti;

– essi devono essere disposti nei confronti di persone situate o di beni presenti nello Stato membro di tali autorità giurisdizionali, e

– devono avere natura provvisoria (sentenze A, cit., punto 47, e 23 dicembre 2009, causa C‑403/09 PPU, Detiček, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 39).

78 Ne consegue che qualsiasi decisione che non risulti essere stata adottata da un giudice competente o asseritamente competente nel merito non rientra necessariamente nell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003, ma ricade invece nella sfera di questa disposizione solamente quando soddisfa le condizioni da essa previste.

79 Quanto agli effetti di un provvedimento che rientra nell’art. 20 di detto regolamento, la Corte ha dichiarato che, poiché tale provvedimento era stato adottato in base a disposizioni del diritto nazionale, il suo carattere imperativo doveva risultare dalla normativa nazionale in questione (sentenza A, cit., punto 52).

80 L’art. 20, n. 2, del regolamento n. 2201/2003 precisa peraltro che i provvedimenti adottati in esecuzione dell’art. 20, n. 1, di tale regolamento cessano di essere applicabili quando l’autorità giurisdizionale dello Stato membro competente in virtù di detto regolamento a conoscere del merito abbia adottato i provvedimenti ritenuti appropriati.

81 Dal carattere vincolante del regolamento n. 2201/2003, dalla sua diretta applicabilità e dalla formulazione del suo art. 20 risulta che nello Stato membro dell’autorità giurisdizionale che ha adottato la decisione un provvedimento rientrante in tale disposizione può essere opposto ad una decisione precedente presa da un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro competente nel merito. Viceversa, una decisione che non ricada nell’art. 20 di detto regolamento in quanto non soddisfa le condizioni che esso stabilisce non può prevalere su siffatta decisione precedente (v. la situazione oggetto della sentenza Detiček, cit., punto 49).

82 Quanto agli effetti di una decisione che ricade nell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 negli Stati membri diversi da quello dell’autorità giurisdizionale che l’ha adottata, la Commissione e diversi Stati membri hanno affermato che per i provvedimenti rientranti in tale articolo dovrebbe valere il sistema di riconoscimento e di esecuzione predisposto da detto regolamento. Essi hanno richiamato l’ipotesi di uno spostamento delle persone o dei beni dopo che il giudice si sia pronunciato, o quella di un incidente o di una malattia del minore che rendano necessaria un’autorizzazione da parte di una persona che si trova in un altro Stato membro.

83 Tuttavia, come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 172‑175 delle conclusioni, il sistema di riconoscimento e di esecuzione predisposto dal regolamento n. 2201/2003 non è applicabile a provvedimenti rientranti nel suo art. 20.

84 In realtà, il legislatore dell’Unione non ha voluto siffatta applicabilità. Come emerge dalla motivazione della proposta della Commissione del 2002, sfociata nell’adozione del regolamento n. 2201/2003 [documento COM(2002) 222 def.], l’art. 20, n. 1, di tale regolamento trae la sua origine dall’art. 12 del regolamento n. 1347/2000, che a sua volta riprende l’art. 12 della Convenzione di Bruxelles II. La motivazione della proposta della Commissione del 1999 che ha condotto all’adozione del regolamento n. 1347/2000 [documento COM(1999) 220 def.] e la relazione Borrás sulla Convenzione di Bruxelles II indicano entrambi, in termini identici, per quanto riguarda tali articoli, che «[l]a norma contenuta in questo articolo si limita a stabilire effetti territoriali nello Stato in cui sono adottati i provvedimenti».

85 La relazione Borrás sottolinea in proposito la differenza di redazione tra l’art. 12 della Convenzione di Bruxelles II e l’art. 24 della Convenzione di Bruxelles nel senso che «i provvedimenti di cui all’articolo 24 [di quest’ultima] si limitano alle materie che rientrano nella sfera della convenzione [e] producono invece effetti extraterritoriali». Da tale confronto con la Convenzione di Bruxelles si evince che i redattori della Convenzione di Bruxelles II intendevano stabilire un nesso tra le materie su cui potevano vertere i provvedimenti provvisori e l’effetto territoriale di tali provvedimenti.

86 Questo nesso può trovare una spiegazione nel rischio di elusione di regole contenute in altre normative dell’Unione, in particolare nel regolamento n. 44/2001. Infatti, come evidenzia sia la motivazione della proposta della Commissione del 1999 sfociata nell’adozione del regolamento n. 1347/2000 sia la relazione Borrás, i provvedimenti provvisori contemplati dall’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 si riferiscono sia alle persone sia ai beni e comprendono pertanto materie non coperte da quest’ultimo regolamento. Quindi l’applicazione del sistema di riconoscimento e di esecuzione predisposto dal regolamento n. 2201/2003 consentirebbe il riconoscimento e l’esecuzione in altri Stati membri di provvedimenti che intervengono in materie non coperte da questo regolamento e che potrebbero essere stati disposti, ad esempio, violando norme che prevedono la competenza speciale o esclusiva di altri giudici ai sensi del regolamento n. 44/2001.

87 Dal testo del regolamento n. 2201/2003 non si evince in alcun modo una volontà di confutare le spiegazioni contenute in tali lavori preparatori per quanto riguarda gli effetti di provvedimenti rientranti nell’art. 20 di questo regolamento. Al contrario, la collocazione di questa disposizione in detto regolamento e le espressioni «non ostano» e «non osta», che appaiono in tale art. 20, n. 1 e nel suo sedicesimo ‘considerando’, dimostrano come i provvedimenti che ricadono in detto art. 20 non rientrino nel novero delle decisioni adottate secondo le regole di competenza previste dallo stesso regolamento e che beneficiano, pertanto, del sistema di riconoscimento e di esecuzione da esso predisposto.

88 Per confutare questa conclusione non si può addurre l’argomento tratto dall’art. 11, n. 1, della Convenzione dell’Aia del 1996. Secondo questa disposizione «[i]n tutti i casi di urgenza, sono competenti ad adottare le misure di protezione necessarie le autorità di ogni Stato contraente sul cui territorio si trovino il minore o dei beni ad esso appartenenti».

89 Come ha evidenziato il governo tedesco nelle sue osservazioni scritte, due significative differenze distinguono l’art. 11, n. 1, della Convenzione dell’Aia del 1996 dall’art. 20 del regolamento n. 2201/2003. Innanzitutto, l’art. 11 di tale Convenzione è manifestamente concepito come una regola di competenza e dal punto di vista sistematico è incluso nel novero delle disposizioni di questo genere, il che, come illustrato al punto 61 di questa sentenza, non si verifica per l’art. 20 di tale regolamento.

90 Peraltro, sebbene la Convenzione dell’Aia del 1996 preveda il riconoscimento e l’esecuzione dei provvedimenti disposti ai sensi del suo art. 11, occorre rammentare che le norme stabilite da tale Convenzione, nello specifico il suo art. 23, n. 2, lett. a), relativo al riconoscimento, ed il suo art. 26, n. 3, relativo all’esecuzione, che rinvia a detto art. 23, n. 2, consentono il riesame della competenza giurisdizionale internazionale del giudice che ha disposto il provvedimento. Così non è nel sistema di riconoscimento e di esecuzione istituito dal regolamento n. 2201/2003, poiché l’art. 24 di questo vieta il riesame della competenza giurisdizionale dello Stato membro d’origine.

91 Come ha sottolineato il governo del Regno Unito in sede di udienza, ammettere il riconoscimento e l’esecuzione di provvedimenti rientranti nell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 in ogni altro Stato membro, compreso lo Stato competente nel merito, creerebbe inoltre un rischio di elusione delle regole di competenza stabilite da tale regolamento nonché un rischio di «forum shopping», circostanza che sarebbe in contrasto con gli obiettivi perseguiti da detto regolamento e, segnatamente, con la considerazione dell’interesse superiore del minore grazie all’adozione delle decisioni che lo riguardano da parte del giudice geograficamente vicino alla sua residenza abituale, considerato dal legislatore dell’Unione alla stregua del giudice che si trova nella situazione più favorevole per valutare i provvedimenti da disporre dell’interesse del minore.

92 La circostanza che provvedimenti rientranti nell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 non fruiscano del sistema di riconoscimento e di esecuzione che esso istituisce, tuttavia, non impedisce qualsiasi riconoscimento ed esecuzione di questi provvedimenti in un altro Stato membro, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 176 delle conclusioni. Ci si può infatti avvalere, nel rispetto di detto regolamento, di altri strumenti internazionali o di altre normative nazionali.

93 Peraltro, il regolamento n. 2201/2003 non prevede solo regole relative alla competenza delle autorità giurisdizionali e al riconoscimento ed all’esecuzione delle loro decisioni, ma anche una cooperazione tra le autorità centrali degli Stati membri in materia di responsabilità genitoriale. Siffatta cooperazione deve poter essere attuata per prestare assistenza, nell’osservanza di detto regolamento e delle normative nazionali, in casi eccezionali di urgenza come quelli considerati al punto 82 di questa sentenza.

94 Al punto 42 della sentenza Detiček, cit., la Corte ha definito la nozione di «urgenza» contenuta nell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 come correlata, al tempo stesso, alla situazione in cui si trova il minore e all’impossibilità pratica di presentare la domanda relativa alla responsabilità genitoriale dinanzi al giudice competente a conoscere del merito.

95 A tale riguardo si deve ricordare che anche se le concrete modalità del diritto del convenuto ad essere sentito possono variare in funzione dell’eventuale urgenza della decisione, ogni restrizione all’esercizio di tale diritto deve essere adeguatamente giustificata e corredata di garanzie procedurali che assicurino ai soggetti interessati da una tale procedura l’effettiva possibilità di contestare i provvedimenti adottati in via di urgenza (v., per analogia, in tema di procedure d’insolvenza, sentenza Eurofood IFSC, cit., punto 66).

96 È pacifico che nella causa principale la sig.ra Purrucker è stata sentita dal Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial prima che quest’ultimo disponesse i provvedimenti provvisori. Per contro, dalle spiegazioni del governo spagnolo sulla causa principale fornite in risposta alle domande della Corte, risulta che:

– contro la decisione che istituisce i provvedimenti provvisori non pende nessun ricorso, di modo che il convenuto può far modificare la decisione che dispone tali provvedimenti solo nell’ambito del procedimento di merito successivo o introdotto contemporaneamente all’istanza di provvedimenti provvisori;

– ciascuna parte può presentare al giudice una domanda nel merito, sia quella che ha richiesto provvedimenti provvisori sia quella che non lo ha fatto;

– in caso di provvedimenti provvisori precedenti ad una domanda nel merito, i loro effetti persistono solo se la domanda principale è presentata entro 30 giorni dalla loro adozione;

– quando siano stati richiesti provvedimenti provvisori previamente ad una domanda nel merito, la domanda principale viene presentata al tribunale territorialmente competente, che può o meno essere lo stesso che ha disposto previ provvedimenti provvisori;

– è possibile sottoporre la questione della competenza ad un altro giudice solo eventualmente interponendo appello avverso la decisione che decide nel merito in primo grado, e

– è difficile prevedere il tempo che può mediamente trascorrere tra la decisione che dispone i provvedimenti provvisori e una decisione su ricorso dinanzi ad un giudice diverso.

97 Alla luce dell’importanza dei provvedimenti provvisori – a prescindere dal fatto che siano disposti o meno da un giudice competente nel merito – che possono essere ordinati in materia di responsabilità genitoriale, e in particolare delle loro possibili conseguenze su minori in tenera età (v., in questo senso, sentenza 11 luglio 2008, causa C‑195/08 PPU, Rinau, Racc. pag. I‑5271, punto 81), in modo particolare per quanto riguarda gemelli separati l’uno dall’altra, e del fatto che il giudice che ha disposto i provvedimenti, se del caso, ha rilasciato un certificato ai sensi dell’art. 39 del regolamento n. 2201/2003, nei casi in cui la validità dei provvedimenti provvisori contemplati da tale certificato sia condizionata dalla presentazione di un ricorso di merito entro 30 giorni, è importante che una persona interessata da siffatto procedimento, anche se è stata sentita dal giudice che ha disposto i provvedimenti, possa assumere l’iniziativa di presentare un ricorso avverso la decisione che istituisce i detti provvedimenti provvisori per contestare, dinanzi ad un giudice distinto da quello che ha adottato tali provvedimenti e che si pronunci entro breve, in particolare, la competenza nel merito che si sarebbe assunto il giudice che ha disposto i provvedimenti provvisori o, se dalla decisione non risulta che il giudice sia competente o si sia ritenuto tale nel merito in forza di detto regolamento, il rispetto delle condizioni stabilite dall’art. 20 di tale regolamento e ricordate al punto 77 della presente sentenza.

98 Dovrebbe essere possibile presentare tale ricorso senza che sia pregiudicata una qualsiasi accettazione, da parte del ricorrente, della competenza di merito che il giudice che ha disposto i provvedimenti provvisori si sia eventualmente riconosciuto.

99 È compito del giudice nazionale applicare, in via di principio, il suo diritto nazionale adoperandosi al contempo affinché sia garantita la piena efficacia del diritto comunitario, il che può indurlo a disapplicare, ove occorra, una norma nazionale che vi si opponga o ad interpretare una norma nazionale adottata unicamente in vista di una situazione puramente interna al fine di applicarla alla situazione transfrontaliera di cui trattasi (v. in particolare, in tal senso, sentenze 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal, Racc. pag. 629, punto 16; 19 giugno 1990, causa C‑213/89, Factortame e a., Racc. pag. I‑2433, punto 19; 20 settembre 2001, causa C‑453/99, Courage e Crehan, Racc. pag. I‑6297, punto 25, 17 settembre 2002, causa C‑253/00, Muñoz e Superior Fruiticola, Racc. pag. I‑7289, punto 28 e 8 novembre 2005, causa C‑443/03, Leffler, Racc. pag. I‑9611, punto 51).

100 Alla luce del complesso di tali considerazioni, occorre risolvere la questione sottoposta nel senso che le disposizioni stabilite dagli artt. 21 e segg. del regolamento n. 2201/2003 non si applicano a provvedimenti provvisori, in materia di diritto di affidamento, rientranti nell’art. 20 di detto regolamento.

Sulle spese

101 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

Le disposizioni stabilite dagli artt. 21 e segg. del regolamento (CE) del Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, non si applicano a provvedimenti provvisori, in materia di diritto di affidamento, rientranti nell’art. 20 di detto regolamento.

(CAUSA C-264/10) SPAZIO DI LIBERTA', SICUREZZA E GIUSTIZIA - MAE - CONSEGNA CONDIZIONATA DEL CITTADINO O RESIDENTE NELLO STATO - REQUISITI: CONSENSO

(CAUSA C-264/10) SPAZIO DI LIBERTA', SICUREZZA E GIUSTIZIA - MAE - CONSEGNA CONDIZIONATA DEL CITTADINO O RESIDENTE NELLO STATO - REQUISITI: CONSENSO
La Corte di Cassazione rumena ha sottoposto un’interessante questione alla Corte di giustizia, concernente il mandato di arresto europeo. Si è chiesto se il regime di consegna previsto dall’art. 5, punto 3, della decisione quadro (consegna del residente o cittadino dello Stato di esecuzione, ai fini di un'azione penale, condizionato al suo ritrasferimento, una volta condannato) sia vincolato o meno al consenso della persona. La questione è stata già affrontata dalla nostra Suprema Corte che ha stabilito il principio che la condizione del reinvio prevista dall'art. 19 lett. c) L. n. 69 del 2005 costituisce un requisito di legittimita' della decisione di consegna, ogniqualvolta “non vi sia una espressa diversa richiesta dell'interessato” (Cass. Sez. VI, n. 7108, 12/02/2009 - 18/02/2009, Rv. 243077).

Testo Completo: Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie (Romania) il 28 maggio 2010

Procedimento penale a carico di Gheorghe Kita

(Causa C-264/10)

Lingua processuale: il rumeno

Giudice del rinvio

Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie

Parti

Gheorghe Kita

Questioni pregiudiziali

Se l'art. 5, punto 3, della decisione quadro del Consiglio dell'Unione europea 13 giugno 2002, 2002/584/GAI 1, debba essere interpretato nel senso che il ritorno (trasferimento) della persona condannata, precedentemente consegnata in forza di un mandato d'arresto europeo ai fini di un'azione penale, nello Stato di cui ha la cittadinanza, ha luogo automaticamente anche in mancanza del suo consenso, consenso che è una condizione imposta dalla Convenzione europea sul trasferimento delle persone condannate.