martedì 13 luglio 2010

(C 306/09) COOPERAZIONE DI POLIZIA E GIUDIZIARIA IN MATERIA PENALE - MAE - SENTENZA DI CONDANNA EMESSA IN CONTUMACIA - REGIME DI CONSEGNA

(C 306/09) COOPERAZIONE DI POLIZIA E GIUDIZIARIA IN MATERIA PENALE - MAE - SENTENZA DI CONDANNA EMESSA IN CONTUMACIA - REGIME DI CONSEGNA

Interessante è la questione riguardante il mandato di arresto europeo che si appresta a decidere la Corte di giustizia su richiesta delle autorità Belghe. Nel caso di specie, un cittadino rumeno residente in Belgio era stato richiesto in consegna dal suo Stato di origine in vista dell’esecuzione di una sentenza emessa in absentia, ma opponibile dal condannato, secondo il diritto rumeno. I giudici belgi si sono interrogati sull’applicabilità alla fattispecie della disposizione della decisione-quadro che consente di condizionare la consegna ad un eventuale rientro dell’interessato nel territorio dello Stato di esecuzione del m.a.e. affinché possa scontarvi la condanna. Poichè tale tipologia di consegna è prevista solo per il mandato di arresto europeo “processuale”, si trattava di stabilire se tale possa essere considerato il mandato finalizzato all’esecuzione di una sentenza definitiva, ma ancora opponibile.
L’avvocato generale, nelle sue conclusioni, ha ritenuto che un siffatto mandato possa rientrare in entrambe le categorie, in funzione del momento e del comportamento della persona interessata. In altri termini, il mandato è “esecutivo” allorché è emesso dalle autorità giudiziarie, ma può trasformarsi de facto (nel momento in cui la persona interessata chiede di essere giudicata nuovamente) in un mandato diretto all’esercizio di un’azione penale e tale mutamento non può comportare la perdita di nessuna delle garanzie previste dalla decisione quadro per tutte le persone che siano oggetto di un mandato d’arresto. Di conseguenza, ha proposto alla Corte di giustizia di interpretare l’art. 5, n. 3, della decisione quadro nel senso che, qualora sussistano le circostanze di cui all’art. 5, n. 1, della decisione medesima, permette ad uno Stato membro di subordinare l’esecuzione di un mandato d’arresto emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, alla condizione che lo Stato emittente garantisca che l’interessato, qualora sia cittadino o residente dello Stato di esecuzione, sia rinviato in quest’ultimo Stato membro per scontarvi la pena o la misura di sicurezza che eventualmente siano state pronunciate nei suoi confronti.


Testo Completo: Conclusioni dell'Avvocato Generale della Corte CEE Pedro Cruz Villalon presentate il 6 luglio 2010

Causa C‑306/09

I.B.

contro

Conseil des ministres

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dalla Cour Constitutionnelle (Belgio)]

«Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale – Mandato d’arresto europeo – Motivi di non esecuzione facoltativa e garanzie offerte dallo Stato di emissione – Possibilità per lo Stato di esecuzione di subordinare la consegna di una persona residente nel suo territorio alla condizione che l’interessato, dopo essere stato ascoltato nello Stato di emissione del mandato d’arresto, sia rinviato nello Stato di esecuzione per scontare la pena o la misura di sicurezza privativa della libertà che eventualmente gli sia stata inflitta – Influenza sulla decisione delle autorità giurisdizionali dello Stato di esecuzione di un rischio di violazione di diritti fondamentali – Diritto fondamentale alla vita privata e familiare»

1. La presente causa solleva una questione relativa all’interpretazione della decisione quadro 2002/584/GAI, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri(2), con riferimento all’esecuzione delle decisioni pronunciate in contumacia nello Stato di emissione. La Cour Constitutionnelle del Belgio chiede, sostanzialmente, se, ai fini della consegna di una persona condannata in contumacia dalle autorità di uno Stato di esecuzione, il relativo mandato debba essere qualificato come mandato di arresto ai fini dell’azione penale ovvero ai fini dell’esecuzione di una pena. La qualificazione del mandato nell’uno o nell’altro senso è di fondamentale importanza poiché, in base al tenore letterale della citata decisione quadro, in un caso, il tipo di mandato consente allo Stato di esecuzione di subordinare la consegna ad un eventuale rientro dell’interessato nel suo territorio affinché possa scontarvi la condanna, mentre nell’altro caso si può ritenere che ciò non sia ammesso.

I – Ambito normativo

A – Il diritto dell’Unione

2. La decisione quadro 2002/584/GAI, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (in prosieguo: la «decisione quadro»), pone in rilievo, nel preambolo, la finalità di tale strumento, nonché l’importanza di garantire la tutela dei diritti fondamentali:

«(5) L’obiettivo dell’Unione di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia comporta la soppressione dell’estradizione tra Stati membri e la sua sostituzione con un sistema di consegna tra autorità giudiziarie. Inoltre l’introduzione di un nuovo sistema semplificato di consegna delle persone condannate o sospettate, al fine dell’esecuzione delle sentenze di condanna in materia penale o per sottoporle all’azione penale, consente di eliminare la complessità e i potenziali ritardi inerenti alla disciplina attuale in materia di estradizione. Le classiche relazioni di cooperazione finora esistenti tra Stati membri dovrebbero essere sostituite da un sistema di libera circolazione delle decisioni giudiziarie in materia penale, sia intervenute in una fase anteriore alla sentenza, sia definitive, nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

(…)

(10) Il meccanismo del mandato d’arresto europeo si basa su un elevato livello di fiducia tra gli Stati membri. L’attuazione di tale meccanismo può essere sospesa solo in caso di grave e persistente violazione da parte di uno Stato membro dei principi sanciti all’articolo 6, paragrafo 1, del trattato sull’Unione europea, constatata dal Consiglio in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, dello stesso trattato, e con le conseguenze previste al paragrafo 2 dello stesso articolo.

(…)

(12) La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea e contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, segnatamente il capo VI. Nessun elemento della presente decisione quadro può essere interpretato nel senso che non sia consentito rifiutare di procedere alla consegna di una persona che forma oggetto di un mandato d’arresto europeo qualora sussistano elementi oggettivi per ritenere che il mandato d’arresto europeo sia stato emesso al fine di perseguire penalmente o punire una persona a causa del suo sesso, della sua razza, religione, origine etnica, nazionalità, lingua, opinione politica o delle sue tendenze sessuali oppure che la posizione di tale persona possa risultare pregiudicata per uno di tali motivi. La presente decisione quadro non osta a che gli Stati membri applichino le loro norme costituzionali relative al giusto processo, al rispetto del diritto alla libertà di associazione, alla libertà di stampa e alla libertà di espressione negli altri mezzi di comunicazione».

3. L’art. 1 della decisione quadro definisce il mandato d’arresto europeo e ribadisce ancora una volta l’importanza di salvaguardare i diritti fondamentali delle persone che ne sono oggetto:

«1. Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.

2. Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro.

3. L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea non può essere modificata per effetto della presente decisione quadro».

4. L’art. 4 della decisione quadro enuncia i motivi di non esecuzione facoltativa di cui dispone il giudice dello Stato di esecuzione, tra i quali merita ricordare quello previsto al n. 6:

«L’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo:

(…)

6) se il mandato d’arresto europeo è stato rilasciato ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno;

(…)».

5. L’art. 5 della decisione quadro stabilisce le garanzie che lo Stato emittente deve fornire e che, qualora non siano rispettate, possono giustificare il rifiuto della consegna. Per quanto interessa ai fini del presente procedimento, è necessario porre in rilievo la parte relativa alla garanzia attinente alle sentenze pronunciate «in absentia», che recita:

«L’esecuzione del mandato d’arresto europeo da parte dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione può essere subordinata dalla legge dello Stato membro di esecuzione ad una delle seguenti condizioni:

1) Se il mandato di arresto europeo è stato emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza comminate mediante decisione pronunciata “in absentia”, e se l’interessato non è stato citato personalmente né altrimenti informato della data e del luogo dell’udienza che ha portato alla decisione pronunciata in absentia, la consegna può essere subordinata alla condizione che l’autorità giudiziaria emittente fornisca assicurazioni considerate sufficienti a garantire alle persone oggetto del mandato d’arresto europeo la possibilità di richiedere un nuovo processo nello Stato membro emittente e di essere presenti al giudizio.

(…)

3) Se la persona oggetto del mandato d’arresto europeo ai fini di un’azione penale è cittadino o residente dello Stato membro di esecuzione, la consegna può essere subordinata alla condizione che la persona, dopo essere stata ascoltata, sia rinviata nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello Stato membro emittente».

B – Il diritto nazionale

6. Il Regno del Belgio ha recepito la decisione quadro 2002/584 con la legge 19 dicembre 2003, relativa al mandato di arresto europeo, il cui oggetto è definito all’art. 2, n. 3, nei seguenti termini:

«3. Il mandato di arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa dall’autorità giudiziaria competente di uno Stato membro dell’Unione europea, denominata autorità giudiziaria emittente, in vista dell’arresto e della consegna da parte dell’autorità giudiziaria competente di un altro Stato membro, denominata autorità dell’esecuzione, di una persona ricercata ai fini dell’esercizio dell’azione penale o dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privativa della libertà».

7. L’art. 4 di detta legge, che prevede un motivo di non esecuzione basato sulla protezione dei diritti fondamentali, è del seguente tenore:

«L’esecuzione di un mandato d’arresto europeo è negata nei casi seguenti:

(…)

5º se sussistono fondati motivi per ritenere che l’esecuzione del mandato d’arresto europeo produrrebbe l’effetto di ledere i diritti fondamentali dell’interessato sanciti dall’art. 6 del Trattato sull’Unione europea».

8. Tra i motivi di non esecuzione facoltativa, l’art. 6 dispone, inter alia, come segue:

«L’esecuzione può essere negata nei casi seguenti:

(…)

4º se il mandato d’arresto europeo è stato rilasciato ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, quando l’interessato sia belga o risieda in Belgio e le autorità belghe competenti si impegnino ad eseguire tale pena o misura di sicurezza conformemente alla legge belga.

(…)».

9. La procedura di riconsegna allo Stato di esecuzione è regolata dall’art. 18, n. 2, della legge 23 maggio 1990, sul trasferimento fra Stati di persone condannate, la consegna e il trasferimento della sorveglianza su persone condannate con sospensione condizionale della pena o in libertà condizionata, nonché la consegna e il trasferimento dell’esecuzione di pene e di misure di sicurezza privative della libertà, che dispone quanto segue:

«La decisione giudiziaria adottata in applicazione dell’art. 6, n. 4, della legge 19 dicembre 2003, relativa al mandato di arresto europeo, riprende l’esecuzione della pena o della misura privativa della libertà prevista in detta decisione giudiziaria. La pena o la misura detentiva viene eseguita conformemente alle disposizioni della presente legge».

10. L’art. 18 della legge 23 maggio 1990 è inserito nel capo VI, intitolato «Dell’esecuzione in Belgio di pene e misure privative della libertà disposte all’estero». Tale disposizione deve essere interpretata alla luce dell’art. 25 della medesima legge, che così recita:

«Le disposizioni dei capi V e VI non sono applicabili alle condanne penali pronunciate in contumacia, fatti salvi i casi di cui all’art. 18, n. 2, sempreché si tratti di una condanna in contumacia passata in giudicato».

11. L’art. 25 della legge 23 maggio 1990 non consente di applicare l’art. 6, n. 4, della legge del 2003, ad un procedimento di esecuzione di un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esecuzione di una condanna comminata mediante decisione pronunciata in absentia, contro cui il condannato possa ancora esperire un ricorso al quale non abbia rinunciato

12. Riguardo alle garanzie che lo Stato emittente deve rispettare, nella citata legge del 2003 il legislatore belga ha stabilito quanto segue:

«Se il mandato d’arresto europeo è stato emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza comminate mediante decisione pronunciata in absentia, e se l’interessato non è stato citato personalmente né altrimenti informato della data e del luogo dell’udienza che ha portato alla decisione pronunciata in absentia, la consegna è subordinata alla condizione che l’autorità giudiziaria emittente fornisca assicurazioni considerate sufficienti a garantire alle persone oggetto del mandato d’arresto europeo la possibilità di richiedere un nuovo processo nello Stato emittente e di essere presenti all’udienza.

L’esistenza, nell’ordinamento giuridico dello Stato emittente, di una disposizione che preveda una possibilità di ricorso e l’indicazione di condizioni per la sua proposizione dalle quali risulti che l’interessato può effettivamente avvalersene devono essere considerate assicurazioni sufficienti ai sensi del primo comma».

13. L’art. 8 della legge del 2003 contiene una clausola di consegna condizionata applicabile ai mandati d’arresto emessi ai fini di un’azione penale:

«Quando la persona oggetto di un mandato d’arresto europeo ai fini di un’azione penale sia belga o risieda in Belgio, la consegna può essere subordinata alla condizione che detta persona, dopo essere stata giudicata, venga rinviata nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena o la misura di sicurezza comminatale nello Stato emittente».

II – Fatti e procedimento dinanzi ai giudici belgi

14. Nel giugno 2000 il Tribunale di Bucarest ha condannato il sig. I.B., cittadino romeno, a quattro anni di reclusione per il reato di traffico di materiale nucleare e radioattivo. È stato stabilito che alla sentenza, confermata in appello nell’aprile del 2001, sarebbe stata data esecuzione in regime di libertà vigilata. Il 15 gennaio 2002 la Corte suprema della Romania ha confermato la pena comminata al sig. I.B., decidendo che dovesse essere scontata in prigione. Tale decisione dell’alta Corte è stata pronunciata in contumacia, senza che I.B. fosse informato personalmente della data né del luogo dell’udienza che ha dato luogo alla sentenza.

15. Il sig. I.B. sostiene che le successive decisioni giudiziarie sono state emanate in presenza di gravi violazioni delle garanzie processuali. Il sig. I.B. dichiara che tale circostanza lo ha costretto a lasciare il suo paese ed a stabilirsi in Belgio, paese in cui ha mantenuto ininterrottamente la residenza fino ad oggi, senza mai scontare la pena che gli era stata inflitta.

16. Il 14 febbraio 2006, il sig. I.B. ha ottenuto dalle autorità belghe un permesso di soggiorno di durata superiore a tre mesi. Inoltre, dal fascicolo risulta che il sig. I.B. risiede in Belgio dal 2002 insieme alla moglie ed ai tre figli. Secondo quanto si legge nell’ordinanza di rinvio, la moglie del sig. I.B. è una lavoratrice autonoma stabilita in Belgio.

17. L’11 dicembre 2007, il sig. I.B. è stato fermato dalla polizia belga e messo agli arresti sulla base di un mandato dell’INTERPOL del 10 febbraio 2006. Il mandato disponeva il fermo del sig. I.B e la sua consegna alle autorità romene, al fine di eseguire la sentenza pronunciata dalla Corte Suprema di tale paese, ricordata poc’anzi. Dopo essere stato sentito dal giudice istruttore, il sig. I.B. è stato posto in libertà condizionata il 12 dicembre, in attesa della pronuncia di una sentenza definitiva in merito alla sua consegna.

18. Il 13 dicembre 2007 il Tribunale di Bucarest ha spiccato un mandato di arresto europeo nei confronti del sig. I.B. ai fini dell’esecuzione della pena di quattro anni di reclusione comminatagli in Romania.

19. Il 19 dicembre 2007 il sig. I.B. ha presentato una domanda di asilo presso l’Ufficio stranieri, che è stata accolta l’11 marzo 2008. Ciononostante, il 7 luglio dello stesso anno il Comisariat Géneral aux Réfugiés et Apatrides [commissariato generale per i rifugiati e gli apolidi] ha respinto la domanda di asilo. Quest’ultima decisione è stata impugnata dal sig. I.B con un ricorso dinanzi al Conseil d’Etat che si trova attualmente in attesa di pronuncia.

20. Il 29 febbraio 2008 il pubblico ministero belga ha presentato al Tribunale di primo grado di Nivelles una richiesta di esecuzione del mandato di arresto emesso dalla giurisdizione romena. Il 22 luglio dello stesso anno detto Tribunale ha dichiarato che il mandato soddisfaceva tutti i requisiti stabiliti dalla legge. Tuttavia, tale giudice ha osservato che la consegna dell’interessato è stata richiesta al fine di eseguire una decisione giudiziaria pronunciata in absentia, non ancora definitiva. Alla luce di tali circostanze, il giudice in parola ha constatato che, ai sensi del diritto processuale romeno, il sig. I.B., in quanto è stato condannato in contumacia, ha diritto ad essere giudicato nuovamente dall’organo che era stato investito della controversia in primo grado.

21. Il Tribunale di primo grado di Nivelles si è posto alcuni dubbi circa la qualificazione del mandato di arresto emesso dal giudice romeno. Da un lato, tale richiesta potrebbe essere considerata un mandato diretto all’esecuzione di una pena, concretamente, quella comminata nel 2002 e poi confermata dalla Corte Suprema romena. Dall’altro, ed in quanto il sig. I.B. ha diritto ad un nuovo processo, poiché è stato condannato in contumacia, la richiesta de qua potrebbe essere considerata un mandato diretto all’esercizio dell’azione penale. La qualificazione del mandato nell’uno o nell’altro senso produce conseguenze rilevanti: qualora lo si considerasse un mandato diretto all’esecuzione di una pena, il sig. I.B. non potrebbe chiedere di scontare la pena in Belgio, in quanto non si tratta dell’esecuzione di una sentenza definitiva; per contro, qualora si trattasse di un mandato emesso ai fini dell’esercizio di un’azione penale, le autorità belghe potrebbero subordinare la consegna al successivo ritorno del sig. I.B. in Belgio, suo paese di residenza.

22. Detto tribunale ha ritenuto che si trattasse di un mandato emesso ai fini dell’esecuzione di una pena, e pertanto non ha trovato alcuna base legale per giustificare un rifiuto dell’esecuzione o per subordinare quest’ultima al successivo ritorno dell’interessato in Belgio.

23. Tali dubbi, che si fondano su un’interpretazione sistematica della legge belga, sono alla base dell’eccezione di incostituzionalità sollevata dal Tribunale di primo grado di Nivelles dinanzi alla Corte costituzionale, che è del seguente tenore:

«Se l’art. 8 della legge 19 dicembre 2003, relativa al mandato di arresto europeo, interpretato nel senso che si applica solo al mandato di arresto europeo emesso ai fini dell’azione penale, e non a quello emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privativa della libertà, contravvenga agli artt. 10 e 11 della Costituzione, nella parte in cui osta a che la consegna all’autorità giudiziaria emittente di una persona di nazionalità belga o residente in Belgio e oggetto di un mandato di arresto europeo ai fini dell’esecuzione di una pena comminata con una decisione resa in contumacia nei suoi confronti sia subordinata alla condizione che, dopo avere proposto ricorso avverso tale decisione e avere beneficiato del nuovo procedimento, sui quali l’autorità giudiziaria emittente deve aver fornito garanzie ritenute sufficienti ai sensi dell’art. 7 di detta legge, la persona in parola venga rinviata in Belgio per scontarvi la pena o la misura di sicurezza comminatale nello Stato emittente».

24. La Corte costituzionale ha ritenuto che tale questione vertesse su una materia che, sostanzialmente, richiedeva un’interpretazione della decisione quadro 2002/584. Ascoltate le parti nel corso del citato procedimento incidentale di costituzionalità, detto organo giurisdizionale ha deciso di proporre una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di giustizia.

III – Il procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

25. La domanda di pronuncia pregiudiziale della Cour Constitutionnelle è pervenuta presso la cancelleria della Corte di giustizia il 31 luglio 2009, e pone le seguenti questioni:

«1) Se il mandato d’arresto europeo rilasciato ai fini dell’esecuzione di una condanna, pronunciata in contumacia senza che il condannato sia stato informato del luogo e della data dell’udienza e contro la quale quest’ultimo dispone ancora di un ricorso, debba essere considerato non un mandato d’arresto ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, ai sensi dell’art. 4, n. 6, della decisione quadro del Consiglio dell’Unione europea 13 giugno 2002, 2002/584/GAI, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, bensì un mandato d’arresto ai fini di un’azione penale, ai sensi dell’art. 5, n. 3, della medesima decisione quadro.

2) In caso di soluzione negativa della prima questione, se gli artt. 4, n. 6, e 5, n. 3, della medesima decisione quadro debbano essere interpretati nel senso che non consentono agli Stati membri di subordinare la consegna alle autorità giudiziarie dello Stato emittente di una persona residente nel loro territorio, la quale sia oggetto, nelle circostanze descritte nella prima questione, di un mandato d’arresto ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, alla condizione che detta persona venga rinviata nello Stato dell’esecuzione per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privativa della libertà comminatale in via definitiva nello Stato emittente.

3) In caso di soluzione affermativa della seconda questione, se i menzionati articoli contravvengano all’art. 6, n. 2, del Trattato sull’Unione europea, e, più specificamente, al principio di uguaglianza e non discriminazione.

4) In caso di soluzione negativa della prima questione, se gli artt. 3 e 4 della medesima decisione quadro debbano essere interpretati nel senso che ostano a che le autorità giudiziarie di uno Stato membro rifiutino l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo qualora sussistano seri motivi per ritenere che la sua esecuzione determinerebbe una lesione dei diritti fondamentali dell’interessato sanciti dall’art. 6, n. 2, del Trattato sull’Unione europea».

26. Hanno presentato osservazioni scritte il sig. I.B., i governi del Regno del Belgio, dell’Austria, della Germania, della Polonia, della Svezia e del Regno Unito, nonché la Commissione e il Consiglio.

27. Nel corso dell’udienza, tenutasi l’11 maggio 2010, hanno svolto osservazioni i governi del Belgio e della Svezia, nonché la Commissione.

IV – Analisi preliminare

28. La presente causa solleva una questione riguardante l’interpretazione della decisione quadro 2002/584. La Cour Constitutionnelle pone in evidenza che la citata decisione quadro può essere interpretata nel senso che una persona condannata in contumacia in uno Stato membro può essere privata della possibilità che lo Stato di esecuzione subordini la sua consegna ad un successivo ritorno in tale Stato, al fine di scontare la pena nel territorio di quest’ultimo.

29. Siffatto risultato è frutto della seguente interpretazione.

30. L’art. 4, n. 6, della decisione quadro 2002/584, permette all’autorità giudiziaria di esecuzione di rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo se questo sia stato rilasciato nello Stato emittente «ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà», qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda. In tale caso, e qualora lo Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza, il giudice competente può rifiutare di eseguire il mandato. Si tratta, a termini della direttiva quadro, di un «motivo di non esecuzione facoltativa».

31. D’altra parte, l’art. 5 prevede una serie di garanzie che i giudici emittenti devono rispettare se vogliono far sì che le loro decisioni siano eseguite conformemente alle procedure stabilite dalla decisione quadro 2002/584. Tra le altre, merita di essere ricordata la garanzia prevista al n. 1, che consente di subordinare la consegna a condizione qualora, in presenza di una sentenza di condanna pronunciata «in absentia» dell’accusato, l’autorità giudiziaria emittente non fornisca assicurazioni considerate sufficienti a garantire alla persona oggetto del mandato la possibilità di richiedere un nuovo processo (3). Analogamente, il n. 3 aggiunge che la consegna può altresì essere condizionata quando venga emesso un mandato d’arresto ai fini di un’azione penale e la persona interessata è cittadino o residente dello Stato membro di esecuzione. In tale ipotesi, la condizione impone unicamente che lo Stato emittente si impegni a rinviare la persona allo Stato di esecuzione per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello Stato membro emittente.

32. Di conseguenza, la decisione quadro 2002/584, protegge, da un lato, le persone che siano cittadini o residenti dello Stato di esecuzione, al fine di salvaguardare il nesso che li collega ad un determinato territorio. In definitiva, si tratta di una specie di eccezione al mandato d’arresto basata sulla tutela di determinati legami affettivi che uniscono una persona al suo ambiente più intimo, facilitando, inoltre, un suo eventuale reinserimento. Dall’altro, viene tutelata anche la persona che sia stata giudicata in absentia nello Stato emittente, in quanto, in tale caso, la consegna è subordinata alla garanzia che l’interessato possa essere nuovamente giudicato.

33. Tuttavia, come ha rilevato il Conseil Constitutionnelle, la convergenza dei suddetti due obiettivi produce un risultato incoerente. Ciò accade quando risulti necessario proteggere una persona che rientra simultaneamente in entrambe le fattispecie. Questo è precisamente il caso del sig. I.B.: un cittadino romeno che risiede legalmente ed ha costituito un nucleo familiare nello Stato di esecuzione, il Belgio, ma che deve far rientro in Romania per eseguire una sentenza pronunciata in absentia, di cui contesta gli effetti chiedendo un nuovo processo che gli spetta di diritto. In tali circostanze, che tipo di mandato hanno emesso le autorità emittenti romene? Si tratta di un mandato emesso ai fini dell’esecuzione di una pena, o di un mandato ai fini dell’azione penale? Potrebbe trattarsi del primo tipo, ma in tal caso i giudici belgi non sarebbero espressamente autorizzati, né dalla decisone quadro né dalla propria legislazione nazionale, a subordinare la consegna del sig. I.B. alla condizione che l’interessato sia eventualmente rinviato in Belgio per scontare in tale paese la condanna inflittagli.

34. L’impossibilità per i giudici belgi di subordinare la consegna ad un successivo ritorno del sig. I.B. perché sconti la pena nel suo Stato di residenza è precisamente la conseguenza che viene messa in discussione tanto dal Tribunale di primo grado di Nivelles quanto dalla Cour Constitutionnelle.

V – Sulla prima e sulla seconda questione pregiudiziale

35. Con la prima questione la Cour Constitutionnelle chiede alla Corte di giustizia di stabilire se un mandato emesso ai fini dell’esecuzione di una sentenza pronunciata in absentia, il cui carattere definitivo può essere messo in questione in conseguenza dell’esercizio del diritto di chiedere un nuovo processo, costituisca un mandato diretto all’esecuzione di una pena oppure un mandato emesso ai fini dell’esercizio dell’azione penale. D’altra parte, con la seconda questione si chiede se, nel caso in cui quello emesso dalle autorità romene fosse un mandato diretto all’esecuzione di una pena, il tribunale di primo grado di Nivelles sia autorizzato, in base alla decisione quadro, a subordinare la consegna del sig. I.B. alla condizione che questi sia rinviato allo Stato di esecuzione per eseguire in tale paese la pena o la misura di sicurezza privative della libertà che gli siano eventualmente inflitte con decisione definitiva nello Stato emittente.

36. Nonostante che le suddette questioni sembrino riguardare interrogativi diversi, ritengo di poter formulare una risposta congiunta. Come esporrò di seguito, il nocciolo di tale questione consiste nell’interpretazione da dare agli artt. 4, n. 6 e 5, n. 3, della decisione quadro, quando un mandato d’arresto ha lo scopo di far tornare una persona nello Stato emittente, dove verrà sottoposta ad un nuovo processo. La qualificazione specifica del mandato è una questione secondaria, in quanto, come illustrerò nei paragrafi successivi, la decisione quadro può essere interpretata in modo tale da assicurare, in ogni caso, che una persona possa avvalersi delle garanzie conferitele dalle citate disposizioni, ossia il rifiuto della consegna o la consegna condizionata, a prescindere dalla veste formale del mandato d’arresto.

37. Come punto di partenza è necessario rilevare che la decisione quadro è intesa a sostituire il sistema multilaterale di estradizione tra gli Stati membri con un sistema di consegna tra autorità giudiziarie di persone condannate o sospettate, ai fini dell’esecuzione di sentenze o per sottoporle all’azione penale, fondato sul principio del reciproco riconoscimento (4). Con tale obiettivo, l’art. 1, n. 2, della decisione quadro dichiara che gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della decisione quadro.

38. Sulla base di tale premessa la Corte di giustizia ha potuto dichiarare che qualsiasi disposizione nazionale che limiti i motivi di non esecuzione «non fa che rafforzare il sistema di consegna istituito da detta decisione quadro a favore di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia» (5). Ciò significa che quanto minore è il potere discrezionale attribuito dal legislatore nazionale ai propri giudici per decidere di non eseguire un mandato d’arresto europeo, tanto più si rafforza il sistema di cooperazione istituito dalla decisione quadro. Usando i termini della Corte di giustizia: «limitando le situazioni nelle quali l’autorità giudiziaria di esecuzione può rifiutare di eseguire un mandato di arresto europeo, tale legislazione non fa che agevolare la consegna delle persone ricercate, conformemente al principio del reciproco riconoscimento sancito dall’art. 1, n. 2, della decisione quadro 2002/584, il quale costituisce il principio fondamentale istituito da quest’ultima» (6).

39. L’analisi della scarsa giurisprudenza pronunciata finora in questa materia invita pertanto a concludere nel senso che gli Stati membri devono interpretare restrittivamente i motivi di non esecuzione facoltativa previsti dall’art. 4 della decisione quadro, nonché le garanzie esigibili ai sensi del successivo art. 5. In tal modo, qualsiasi interpretazione estensiva che conduca ad estendere una condizione di non esecuzione, come quella di cui all’art. 5, n. 3, prevista per i mandati d’arresto emessi ai fini dell’azione penale, ai mandati emessi ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, dovrebbe essere esclusa.

40. Tale argomento trova conforto nel testo letterale dell’art. 5, n. 1, della decisione quadro, che permette alla giurisdizione di esecuzione di subordinare la consegna alla condizione che una persona condannata in absentia abbia diritto ad un nuovo processo. Siffatta disposizione riprende la giurisprudenza in materia pronunciata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (7) e sarebbe idonea ad assicurare il rispetto delle garanzie di una persona come il sig. I.B., nei limiti in cui conferisce all’interessato la possibilità di essere giudicato ancora una volta, ma con tutte le garanzie.

41. Non posso condividere tale interpretazione, nonostante il fatto che essa goda di un’autorevolezza che le deriva dalla fedeltà alla lettera della decisione quadro. Ritengo, al contrario, che non si possa ammettere un’eccezione al diritto di scontare la pena nello Stato di residenza allorché viene chiesto un secondo processo.

42. In primo luogo, è importante osservare che in nessuna occasione la giurisprudenza della Corte di giustizia ha affermato che i motivi di non esecuzione e di subordinazione a condizioni previsti, rispettivamente, agli artt. 4 e 5, della decisione quadro debbano essere interpretati restrittivamente. Al contrario, la sentenza Wolzenburg risulta assai esplicita proprio per la riluttanza ad imporre una determinata interpretazione di tali disposizioni, riconoscendo perfino che «[g]li Stati membri dispongono necessariamente, nell’attuazione dell’art. 4 (…), di un potere discrezionale certo» (8). Così, la Corte di giustizia non solo ha evitato di parlare di un’interpretazione restrittiva, però non ha neppure riconosciuto che gli Stati membri godono di un ampio potere di interpretazione. Al contrario, il loro potere discrezionale è «certo», ma tutt’altro che ampio.

43. In secondo luogo, e alla luce di quanto ho esposto in precedenza, ritengo che una corretta interpretazione del tenore e delle finalità della decisione quadro debba prendere in considerazione tutti gli obiettivi perseguiti dal testo. Se è vero che il mutuo riconoscimento è uno strumento che rafforza lo spazio di sicurezza, di libertà e di giustizia, è altrettanto vero che la salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali costituisce un prius che legittima l’esistenza e lo sviluppo di tale spazio. La decisione quadro si esprime ripetutamente in tal senso nei ‘considerando’ 10, 12, 13 e 14, nonché all’art. 1, n. 3. Pertanto, sebbene l’art. 5, n. 1, riprenda una garanzia riconosciuta dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo per quanto riguarda le sentenze rese in absentia, si deve ugualmente ricordare che anche gli artt. 4, n. 6 e 5, n. 3, riflettono un’esigenza riconosciuta dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali nonché dalla giurisprudenza della suddetta Corte (9). La possibilità che il condannato possa scontare la pena nel luogo ove abbia stabilito i propri legami personali e affettivi, è una garanzia derivata dall’art. 8 della Convenzione che la decisione quadro ha inteso riflettere. Analogamente, si tratta di eccezioni che mirano altresì a «permettere all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di accordare una particolare importanza alla possibilità di accrescere le opportunità di reinserimento sociale della persona ricercata una volta scontata la pena cui essa è stata condannata» (10), un valore che in alcuni Stati membri costituisce la finalità ultima del diritto penale (11).

44. Inoltre, l’esigenza di interpretare la decisione quadro alla luce dei diritti fondamentali è diventata più impellente dopo l’entrata in vigore della Carta dei diritti fondamentali che, all’art. 7, tutela il diritto alla vita privata e familiare (12). La giurisprudenza della Corte di giustizia pronunciata fino ad oggi in materia si è riferita specificamente alla libera circolazione delle persone, ma non ha affrontato direttamente la relazione tra tale diritto fondamentale e la cooperazione giudiziaria in materia penale. Il fatto che le sentenze Kozlowski e Wolzenburg siano state pronunciate prima dell’entrata in vigore della Carta ha logicamente influito su tale risultato. Ciononostante, a partire dal 1º dicembre 2009 gli artt. 4, n. 6 e 5, n. 3, della decisione quadro devono imperativamente essere interpretati alla luce del citato art. 7 della Carta. In tali circostanze l’interpretazione restrittiva esposta nei paragrafi 38‑40 di queste conclusioni non può essere accolta.

45. In terzo luogo, la volontà del legislatore europeo non può essere interpretata in modo tale da sfociare in un risultato incompatibile con gli obiettivi perseguiti. Non sto proponendo alla Corte di giustizia di adottare un’interpretazione conforme agli obiettivi della decisione quadro, ma, piuttosto, di evitare un’interpretazione che si ponga in contrasto con tali obiettivi. Siffatta conclusione presupporrebbe riconoscere che l’interpretazione restrittiva poc’anzi esposta (e che propongo di scartare) risulterebbe incompatibile non solo con la decisione quadro, ma anche con i diritti fondamentali che tale normativa intende riflettere.

46. Analogamente, gli argomenti appena svolti dimostrano chiaramente che, quando la decisione quadro omette manifestamente la possibilità di subordinare a condizioni l’esecuzione di un mandato emesso ai fini dell’esecuzione di una pena in circostanze come quelle del caso di specie, tale omissione non riflette una decisione esplicita del legislatore, frutto di una volontà politica chiara e precisa. Al contrario, ritengo che tale silenzio sia piuttosto il risultato di una tecnica normativa lacunosa, alla quale si può e si deve porre rimedio attraverso l’interpretazione, senza che sia necessario creare un nuovo motivo di non esecuzione.

47. Sebbene l’interpretazione che ho appena esposto consenta di risolvere direttamente il quesito formulato dalla Cour Constitutionnelle, non si può negare che sussista una certa ambiguità rispetto alla qualificazione del mandato di arresto in circostanze come quelle della fattispecie. Al riguardo, sia il Belgio che la Polonia hanno asserito che l’esecuzione di una sentenza pronunciata in absentia, avverso la quale sia possibile esperire un ricorso straordinario, configura un mandato diretto all’esercizio di un’azione penale ai sensi dell’art. 5, n. 3, della decisione quadro. D’altra parte, il sig. I.B., la Svezia, la Germania, l’Austria e la Commissione concordano nel ritenere che si tratti di un mandato emesso ai fini dell’esecuzione di una pena, ai sensi dell’art. 4, n. 6, della decisione quadro.

48. In via preliminare, anticiperò che tutti gli intervenienti hanno, in un certo senso, ragione, poiché il sig. I.B. sarà consegnato alla Romania in vista dell’esecuzione di una pena che, per il fatto di essere stata decisa in absentia, serve da fondamento al fine di richiedere lo svolgimento di un secondo processo con tutte le garanzie che inizialmente non erano state rispettate. Tuttavia, non credo che il mandato di arresto spiccato nei confronti del sig. I.B. debba essere per forza qualificato nell’uno o nell’altro modo. Ritengo piuttosto che un mandato come quello di cui trattasi possa rientrare in entrambe le categorie, in funzione del momento e del comportamento della persona interessata.

49. Infatti, un mandato d’arresto che dia esecuzione ad una sentenza resa in contumacia sarà sempre rilasciato dallo Stato emittente ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza detentive. Il carattere transnazionale del mandato d’arresto implica che tale circostanza può prodursi in svariate occasioni, e la decisione quadro ne è cosciente quando incorpora le garanzie di cui all’art. 5, n. 1, proprio per evitare l’impossibilità di difendersi, prodotta dalle decisioni pronunciate in absentia. Nel momento in cui viene emesso un mandato d’arresto, è evidente che lo Stato emittente adotta tale strumento al fine di dare esecuzione ad una pena, e non può essere altrimenti, perché ancora non si può sapere se la persona interessata si opporrà o meno alla consegna, o se richiederà un nuovo processo. Tali sviluppi dipenderanno precisamente dall’interessato che, nel momento in cui riceverà la notifica del mandato, potrà avvalersi della procedura di cui agli artt. 11 e 13 della decisione quadro, potendo altresì chiedere al giudice dello Stato di esecuzione, qualora quest’ultimo non lo abbia già fatto, di vigilare affinché vengano rispettate le garanzie previste dagli artt. 3‑5 del citato testo normativo.

50. Sulla scorta dei precedenti argomenti, si osserva che il mandato d’arresto che consente all’imputato di essere sottoposto ad un nuovo processo nello Stato emittente, costituisce formalmente un mandato diretto all’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza che, nel momento in cui la persona interessata chiede di essere giudicata nuovamente si trasforma, de facto, in un mandato diretto all’esercizio di un’azione penale. Tale mutamento non può comportare la perdita di nessuna delle garanzie previste dalla decisione quadro per tutte le persone che siano oggetto di un mandato d’arresto. Al contrario, l’applicazione dell’art. 5, n. 1, che è inteso a risolvere la problematica delle sentenze pronunciate in absentia, pur cambiando la fisionomia del mandato d’arresto, non incide sui diritti conferiti alla persona interessata dall’ordinamento dell’Unione.

51. Di conseguenza, propongo alla Corte di giustizia di interpretare l’art. 5, n. 3, della decisione quadro nel senso che, qualora sussistano le circostanze di cui all’art. 5, n. 1, della decisione medesima, permette ad uno Stato membro di subordinare l’esecuzione di un mandato d’arresto emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, alla condizione che lo Stato emittente garantisca che l’interessato, qualora sia cittadino o residente dello Stato di esecuzione, sia rinviato in quest’ultimo Stato membro per scontarvi la pena o la misura di sicurezza che eventualmente siano state pronunciate nei suoi confronti.

VI – Terza e quarta questione pregiudiziale

52. In virtù degli argomenti svolti nei precedenti paragrafi, la seconda e la terza questione rimangono prive di oggetto. Le soluzioni proposte per le prime due questioni non solo mi sembrano corrette in vista degli obiettivi perseguiti dalla decisione quadro, ma anche se interpretiamo quest’ultima alla luce dei diritti fondamentali. Ritengo pertanto che non sia necessario analizzare le restanti questioni poste dalla Cour Constitutionnelle.

VII – Conclusione

53. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di giustizia di risolvere le questioni pregiudiziali proposte dalla Cour Constitutionnelle nel seguente modo:

«L’art. 5, n. 3, della decisione quadro deve essere interpretato nel senso che, qualora sussistano le circostanze di cui all’art. 5, n. 1, della decisione medesima, permette ad uno Stato membro di subordinare l’esecuzione di un mandato d’arresto emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza alla condizione che lo Stato emittente garantisca che l’interessato, qualora sia cittadino o residente dello Stato di esecuzione, sia rinviato in quest’ultimo Stato membro per scontarvi la pena o la misura di sicurezza che eventualmente siano state pronunciate nei suoi confronti».