venerdì 16 aprile 2010

Sentenza nella causa C-511/08 - Consumatore - Recesso contratto a distanza

Sentenza nella causa C-511/08
Qualora un consumatore receda da un contratto concluso a distanza, non possono essergli addebitate le spese di consegna di un bene

In tal caso, solo le spese di spedizione al mittente possono essere poste a carico del consumatore
La direttiva riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza1 dispone che il consumatore ha diritto di recedere da un contratto concluso a distanza entro un termine di almeno sette giorni lavorativi, senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo. Qualora il consumatore eserciti il suo diritto di recesso, il fornitore è tenuto al rimborso delle somme versate, che dovrà avvenire gratuitamente. Le uniche spese eventualmente a carico del consumatore dovute all’esercizio del suo diritto di recesso sono le spese dirette di spedizione dei beni al mittente.
La Heinrich Heine, una società di vendita per corrispondenza, prevede nelle sue condizioni generali di vendita che il consumatore paghi, a titolo di spese di consegna, un forfait di EUR 4,95. Tale somma resta acquisita al fornitore anche nel caso in cui il consumatore eserciti il suo diritto di recesso. La Verbraucherzentrale Nordrhein-Westfalen, un’associazione di consumatori tedesca, ha intrapreso nei confronti della Heinrich Heine un’azione inibitoria in quanto ritiene che le spese di consegna dei beni non vadano addebitate, in caso di recesso, al consumatore. A parere del Bundesgerichtshof (Corte di cassazione, Germania), investito della controversia in ultima istanza, il diritto tedesco non conferisce esplicitamente all’acquirente alcun diritto al rimborso delle spese di consegna dei beni ordinati. Nutrendo, tuttavia, taluni dubbi sulla compatibilità con la direttiva della fatturazione al consumatore delle spese di consegna dei beni anche quando questi ha esercitato il suo diritto di recesso, tale giudice ha chiesto alla Corte di giustizia di interpretare la direttiva.
Nella sentenza pronunciata in data odierna, la Corte statuisce che la direttiva è contraria ad una normativa nazionale che consente al fornitore, nell’ambito di un contratto concluso a distanza, di addebitare al consumatore le spese di consegna dei beni qualora questi eserciti il suo diritto di recesso.
Le disposizioni della direttiva relative alle conseguenze giuridiche del recesso perseguono chiaramente lo scopo di evitare che il consumatore sia scoraggiato dall’esercitare il suo diritto di recesso. Sarebbe pertanto contrario a detto scopo interpretare tali disposizioni nel senso che esse autorizzerebbero gli Stati membri a consentire che le spese di consegna siano addebitate a tale consumatore in caso di recesso. Peraltro, il fatto di addebitare al consumatore le spese di consegna, oltre alle spese dirette di spedizione dei beni al mittente, potrebbe compromettere l’equilibrata ripartizione dei rischi tra le parti nei contratti conclusi a distanza, accollando al consumatore tutte le spese connesse al trasporto dei beni.