giovedì 8 ottobre 2009

(C-123/08) COOPERAZIONE DI POLIZIA E GIUDIZIARIA IN MATERIA PENALE - MAE - MOTIVI DI RIFIUTO - REGIME APPLICABILE AL RESIDENTE

(C-123/08) COOPERAZIONE DI POLIZIA E GIUDIZIARIA IN MATERIA PENALE - MAE - MOTIVI DI RIFIUTO - REGIME APPLICABILE AL RESIDENTE
La Grande Sezione della Corte di giustizia ha affrontato una questione di particolare interesse, relativa all’interpretazione della decisione quadro sul mandato di arresto europeo, concernente il regime di consegna applicabile alla persona residente nello Stato. In particolare, la questione verteva sull’interpretazione dell’art. 4, par. 6, che prevede il rifiuto facoltativo della esecuzione di un mae, “qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda”, a condizione che tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno; e dell’art. 5, che stabilisce un regime condizionato della consegna “se la persona oggetto del mandato d’arresto europeo ai fini di un’azione penale è cittadino o residente dello Stato membro di esecuzione”, prevedendo in tal caso che “la persona, dopo essere stata ascoltata, sia rinviata nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello Stato membro emittente”. Orbene, molti Stati hanno recepito tali previsioni facoltative nella normativa interna, stabilendo in taluni casi regimi differenziati a seconda si tratti di residente o cittadino (così, ad es. l’Italia per il mae esecutivo), o prevedendo per il residente ulteriori requisiti non previsti dalla decisione quadro (è il caso dell’Olanda, la cui legislazione è stata sottoposta al vaglio della Corte). La Corte ha stabilito:1) Un cittadino di uno Stato membro che risieda legittimamente in un altro Stato membro ha diritto di avvalersi dell’art. 12, primo comma, CE nei confronti di una normativa nazionale, quale la legge sulla consegna di persone (Overleveringswet) del 29 aprile 2004, che stabilisce le condizioni secondo le quali l’autorità giudiziaria competente può rifiutare di eseguire un mandato di arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva.2) L’art. 4, punto 6, della decisione quadro del Consiglio 13 giugno 2002, 2002/584/GAI, relativa al mandato di arresto europeo e alle procedure di consegna fra Stati membri, dev’essere interpretato nel senso che, quando si tratta di un cittadino dell’Unione, lo Stato membro di esecuzione non può, in aggiunta ad una condizione relativa alla durata di soggiorno in detto Stato, subordinare l’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa di un mandato di arresto europeo previsto da tale disposizione ad ulteriori requisiti amministrativi, quali il possesso di un permesso di soggiorno a durata indeterminata. 3) L’art. 12, primo comma, CE dev’essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa dello Stato membro di esecuzione in forza della quale l’autorità giudiziaria competente di detto Stato rifiuta di eseguire un mandato di arresto europeo emesso contro uno dei suoi cittadini ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva, mentre tale rifiuto, quando si tratta di un cittadino di un altro Stato membro avente un diritto di soggiorno basato sull’art. 18, n. 1, CE, è subordinato alla condizione che tale cittadino abbia soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni in detto Stato membro di esecuzione.

Testo Completo:
Sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 6 ottobre 2009 Nel procedimento C‑123/08, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi degli artt. 35 UE e 234 CE, dal Rechtbank Amsterdam (Paesi Bassi) con decisione 28 dicembre 2007, pervenuta in cancelleria il 21 marzo 2008, nel procedimento relativo all’esecuzione di un mandato di arresto europeo emesso contro Dominic Wolzenburg, LA CORTE (Grande Sezione), composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, K. Lenaerts e M. Ilešič, presidenti di sezione, dai sigg. A. Tizzano, A. Borg Barthet, J. Malenovský, J. Klučka, U. Lõhmus e L. Bay Larsen (relatore), giudici, avvocato generale: sig. Y. Bot cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale vista la domanda del giudice del rinvio del 17 marzo 2008, pervenuta in cancelleria il 21 marzo 2008, di sottoporre il rinvio pregiudiziale ad una procedura d’urgenza conformemente all’art. 104 ter del regolamento di procedura, vista la decisione della Terza Sezione della Corte 2 aprile 2008 di non sottoporre il rinvio pregiudiziale alla procedura d’urgenza, vista la fase scritta proseguita in forza dell’art. 104 ter, n. 2, quinto comma, del regolamento di procedura e in seguito all’udienza del 17 febbraio 2009, considerate le osservazioni presentate: – per il sig. Wolzenburg, dagli avv.ti D. Wiersum e J. van der Putte, advocaten; – per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re C. Wissels e M. Noort, in qualità di agenti; – per il governo danese, dal sig. C. Pilgaard Zinglersen, in qualità di agente; – per il governo tedesco, dal sig. M. Lumma e dalla sig.ra J. Kemper, in qualità di agenti; – per il governo francese, dai sigg. G. de Bergues e J.-C. Niollet, in qualità di agenti; – per il governo austriaco, dal sig. E. Riedl e dalla sig.ra T. Fülöp, in qualità di agenti; – per il governo polacco, dal sig. M. Dowgielewicz, in qualità di agente; – per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra S. Grünheid e dal sig. R. Troosters, in qualità di agenti, sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 24 marzo 2009, ha pronunciato la seguente Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 4, punto 6, della decisione quadro del Consiglio 13 giugno 2002, 2002/584/GAI, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU L 190, pag. 1), e 12 CE. 2 Detta domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento relativo all’esecuzione, da parte dell’Internationale Rechtshulpkamer del Rechtbank Amsterdam (sezione della cooperazione internazionale del Tribunale di Amsterdam; in prosieguo: l’«autorità giudiziaria di esecuzione olandese»), di un mandato di arresto europeo emesso il 13 luglio 2006 dalla Staatsanwaltschaft Aachen (in prosieguo: l’«autorità giudiziaria di emissione tedesca») contro il sig. Wolzenburg, cittadino tedesco. Contesto normativo Il titolo VI del Trattato UE 3 Dall’informazione relativa alla data di entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 1° maggio 1999 (GU L 114, pag. 56), risulta che il Regno dei Paesi Bassi ha effettuato una dichiarazione ai sensi dell’art. 35, n. 2, UE, con la quale ha accettato la competenza della Corte a pronunciarsi in via pregiudiziale secondo le modalità di cui all’art. 35, n. 3, lett. b), UE. La decisione quadro 2002/584/GAI 4 Il quinto ‘considerando’ della decisione quadro 2002/584 recita: «L’obiettivo dell’Unione di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia comporta la soppressione dell’estradizione tra Stati membri e la sua sostituzione con un sistema di consegna tra autorità giudiziarie. (...) Le classiche relazioni di cooperazione finora esistenti tra Stati membri dovrebbero essere sostituite da un sistema di libera circolazione delle decisioni giudiziarie in materia penale, sia intervenute in una fase anteriore alla sentenza, sia definitive, nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia». 5 Il settimo ‘considerando’ della decisione quadro precisa quanto segue: «Poiché l’obiettivo di sostituire il sistema multilaterale di estradizione creato sulla base della convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957 non può essere sufficientemente realizzato unilateralmente dagli Stati membri e può dunque, a causa della dimensione e dell’effetto, essere realizzato meglio a livello dell’Unione, il Consiglio può adottare misure, nel rispetto del principio di sussidiarietà menzionato all’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea e all’articolo 5 del Trattato che istituisce le Comunità europee (...)». 6 L’ottavo ‘considerando’ della medesima decisione quadro è così formulato: «Le decisioni relative all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo devono essere sottoposte a un controllo sufficiente, il che implica che l’autorità giudiziaria dello Stato membro in cui la persona ricercata è stata arrestata dovrà prendere la decisione relativa alla sua consegna». 7 L’art. 1, nn. 1 e 2, della decisione quadro 2002/584 definisce il mandato di arresto europeo e l’obbligo di esecuzione del medesimo nei seguenti termini: «1. Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà. 2. Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro». 8 L’art. 2, n. 1, della decisione quadro prevede che, se è stata disposta una condanna ad una pena, un mandato di arresto europeo può essere emesso per condanne pronunciate di durata non inferiore a quattro mesi. 9 L’art. 3 della medesima decisione quadro elenca tre «[m]otivi di non esecuzione obbligatoria del mandato di arresto europeo». 10 L’art. 4 della decisione quadro 2002/584, intitolato «Motivi di non esecuzione facoltativa del mandato di arresto europeo», elenca, in sette punti, tali motivi. Al riguardo il punto 6 dispone quanto segue: «L’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo: (…) 6) se il mandato d’arresto europeo è stato rilasciato ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno». 11 L’art. 5 della detta decisione quadro, intitolato «Garanzie che lo Stato emittente deve fornire in casi particolari», così dispone: «L’esecuzione del mandato di arresto europeo da parte dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione può essere subordinata dalla legge dello Stato membro di esecuzione ad una delle seguenti condizioni: (…) 3) Se la persona oggetto del mandato d’arresto europeo ai fini di un’azione penale è cittadino o residente dello Stato membro di esecuzione, la consegna può essere subordinata alla condizione che la persona, dopo essere stata ascoltata, sia rinviata nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello Stato membro emittente». 12 L’art. 11 della medesima decisione quadro, intitolato «Diritti del ricercato», dispone al n. 1: «Quando il ricercato è arrestato l’autorità giudiziaria dell’esecuzione competente lo informa, in conformità con il proprio diritto interno, del mandato d’arresto europeo e del suo contenuto, nonché della possibilità di acconsentire alla propria consegna all’autorità giudiziaria emittente». La decisione quadro 2008/909/GAI 13 La decisione quadro del Consiglio 27 novembre 2008, 2008/909/GAI, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea (GU L 327, pag. 27), che si applica del pari, mutatis mutandis, all’esecuzione delle condanne nei casi di cui all’art. 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, dovrà, in forza del suo art. 29, essere attuata dagli Stati membri prima del 5 dicembre 2011. 14 L’art. 3, n. 1, della decisione quadro 2008/909 precisa che il suo scopo è stabilire le norme secondo le quali uno Stato membro, al fine di favorire il reinserimento sociale della persona condannata, debba riconoscere una sentenza ed eseguire la pena. 15 L’art. 4, n. 7, lett. a), di detta disposizione quadro contiene una disposizione facoltativa che consente all’autorità competente di uno Stato membro di comunicare una sentenza allo Stato membro di esecuzione se la persona condannata vi vive e vi soggiorna legalmente e ininterrottamente da almeno cinque anni. La direttiva 2004/38/CE 16 La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77, e – rettifiche – GU 2004, L 229, pag. 35; GU 2005, L 197, pag. 34, e GU 2007, L 204, pag. 28), enuncia al suo diciassettesimo ‘considerando’: «Un diritto di un soggiorno permanente per i cittadini dell’Unione che hanno scelto di trasferirsi a tempo indeterminato nello Stato membro ospitante rafforzerebbe il senso di appartenenza alla cittadinanza dell’Unione e costituisce un essenziale elemento di promozione della coesione sociale, che è uno degli obiettivi fondamentali dell’Unione. Occorre quindi istituire un diritto di soggiorno permanente per tutti i cittadini dell’Unione ed i loro familiari che abbiano soggiornato nello Stato membro ospitante per un periodo ininterrotto di cinque anni conformemente alle condizioni previste dalla presente direttiva e senza diventare oggetto di una misura di allontanamento». 17 L’art. 16, n. 1, di detta direttiva dispone: «Il cittadino dell’Unione che abbia soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nello Stato membro ospitante ha diritto al soggiorno permanente in detto Stato (…)». 18 Ai sensi dell’art. 19, n. 1, della medesima direttiva: «Gli Stati membri, dopo aver verificato la durata del soggiorno, su presentazione della domanda rilasciano al cittadino dell’Unione titolare del diritto di soggiorno permanente un documento che attesta tale soggiorno permanente». Il diritto nazionale 19 L’art. 6 della legge sulla consegna di persone (Overleveringswet) del 29 aprile 2004 (Staatsblad 2004, n. 195; in prosieguo: l’«OLW»), attua gli artt. 4, punto 6, e 5, punto 3, della decisione quadro 2002/584 nell’ordinamento giuridico olandese. 20 L’art. 6, nn. 1-3, dell’OLW riguarda i cittadini olandesi. Se il n. 1 di detto articolo attua l’art. 5, punto 3, della suddetta decisione quadro, i nn. 2 e 3 attuano l’art. 4, punto 6, della stessa. Ai sensi di questi due ultimi paragrafi: «2. La consegna di un cittadino olandese non è consentita se è richiesta ai fini dell’esecuzione di una pena limitativa della libertà a questi imposta con sentenza irrevocabile. 3. In caso di rifiuto della consegna esclusivamente in forza del disposto del n. 2, il pubblico ministero comunica all’autorità giudiziaria emittente la disponibilità a prendersi carico dell’esecuzione della sentenza, secondo la procedura prevista all’art. 11 della Convenzione sul trasferimento dei condannati del 21 marzo 1983 o secondo una diversa convenzione applicabile». 21 L’art. 6, n. 5, dell’OLW, che riguarda le persone diverse dai cittadini olandesi, che essi siano cittadini sia di uno Stato membro sia di uno Stato terzo, così dispone: «I nn. 1-4 si applicano parimenti a uno straniero titolare di un permesso di soggiorno di durata illimitata, sempre che questi possa essere perseguito nei Paesi Bassi per i fatti all’origine del mandato di arresto europeo e sempre che si possa presumere che questi non perderà il suo diritto di soggiorno nei Paesi Bassi in conseguenza di una pena o di una misura inflittagli dopo la consegna». 22 Dall’art. 8, lett. e), della legge sugli stranieri (Vreemdelingenwet) del 23 novembre 2000 (Staatsblad 2000, n. 495; in prosieguo: la «Vw») risulta che uno straniero soggiorna legalmente nei Paesi Bassi in quanto cittadino comunitario unicamente fintantoché egli vi soggiorna in base ad una norma emanata in virtù del Trattato ovvero dell’Accordo 2 maggio 1992 sullo Spazio economico europeo (GU 1994, L 1, pag. 3). 23 L’art. 9, n. 2, della Vw prevede che, quando uno straniero soggiorna legalmente ai sensi dell’art. 8, lett. e), di quest’ultima ed è cittadino comunitario, il Ministro della Giustizia olandese gli accorda un documento attestante la regolarità di detto soggiorno se ha ottenuto il diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’art. 16 della direttiva 2004/38. 24 Dall’art. 20, n. 1, della Vw, intitolato «Autorizzazione di soggiorno a durata indeterminata», risulta che il Ministro della Giustizia olandese è competente a concedere un’autorizzazione di soggiorno a durata indeterminata. 25 L’art. 21, n. 1, lett. a), della Vw prevede che la domanda volta ad ottenere un’autorizzazione di soggiorno a durata indeterminata ai sensi dell’art. 20 di detta legge può essere respinta solo quando lo straniero non ha soggiornato legalmente durante cinque anni ininterrottamente, ai sensi dell’art. 8 della stessa legge, immediatamente prima della presentazione della domanda. Procedimento principale e questioni pregiudiziali 26 Con sentenze emesse nel 2002, due organi giurisdizionali tedeschi hanno inflitto al sig. Wolzenburg, con beneficio della condizionale, due pene detentive per aver commesso, durante il 2001, vari reati, in particolare per aver importato marijuana in Germania. 27 Con sentenza che pronunciava una pena combinata («Gesamtstrafenbeschluss»), emessa il 27 marzo 2003, l’Amtsgericht Aachen (Germania) ha commutato queste due pene in una pena detentiva condizionale di un anno e nove mesi. 28 Il sig. Wolzenburg si è recato nei Paesi Bassi all’inizio del mese di giugno 2005. Vi soggiorna in un appartamento situato a Venlo, in forza di un contratto di locazione stipulato in suo nome e in quello di sua moglie. 29 Con sentenza emessa il 5 luglio 2005, l’Amtsgericht Plettenberg (Germania) ha revocato la sospensione condizionale della pena combinata accordata nel 2003, a causa del fatto che il sig. Wolzenburg aveva violato le condizioni stabilite per beneficiare di tale sospensione. 30 Il 13 luglio 2006 l’autorità giudiziaria di emissione tedesca ha emesso un mandato di arresto europeo contro il sig. Wolzenburg. 31 Il 17 luglio 2006 detta autorità ha segnalato il sig. Wolzenburg nel Sistema di Informazione Schengen (SIS) ai fini dell’esecuzione della sua pena detentiva divenuta definitiva. 32 Il 1° 0agosto 2006 il sig. Wolzenburg è stato arrestato e posto in detenzione provvisoria nei Paesi Bassi in base a tale segnalazione. 33 Il 3 agosto 2006 l’autorità giudiziaria di emissione tedesca ha inviato all’autorità giudiziaria di esecuzione olandese il mandato di arresto europeo, emesso il 13 luglio 2006, chiedendo la consegna del sig. Wolzenburg ai fini dell’esecuzione della pena di un anno e nove mesi cui quest’ultimo era stato condannato. 34 Il 20 settembre 2006 il sig. Wolzenburg si è presentato al servizio di immigrazione e di naturalizzazione olandese per farsi iscrivere come cittadino dell’Unione nei Paesi Bassi. 35 Prima di dedicarsi, a partire dal settembre 2008, ad un tirocinio, il sig. Wolzenburg ha svolto un’attività subordinata nei Paesi Bassi a partire dall’ultimo trimestre del 2005. 36 Dal fascicolo presentato alla Corte risulta che il sig. Wolzenburg non ha acconsentito alla sua consegna da parte dell’autorità giudiziaria di esecuzione olandese all’autorità giudiziaria di emissione tedesca secondo la procedura abbreviata prevista dall’OLW. 37 Il giudice del rinvio dichiara che i fatti che sono all’origine dell’emissione di un mandato di arresto europeo contro il sig. Wolzenburg sono punibili in diritto olandese e che questi non può perdere il suo diritto di soggiorno nei Paesi Bassi a causa delle infrazioni per le quali è stato condannato in Germania. 38 Detto organo giurisdizionale osserva del pari che il sig. Wolzenburg non soddisfa i requisiti per ottenere un’autorizzazione di soggiorno a durata indeterminata sul territorio olandese, in quanto non ha ancora soggiornato ininterrottamente per un periodo di cinque anni nei Paesi Bassi, ma che i cittadini dell’Unione che soggiornano legalmente in uno Stato membro in forza del diritto comunitario non scelgono sempre di chiedere tale autorizzazione. 39 In tal circostanze, il Rechtbank Amsterdam ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1) Se per persone che dimorano o che sono residenti dello Stato membro di esecuzione, ai sensi dell’art. 4, punto 6, della decisione quadro [2002/584], si debbano intendere persone che non possiedono la cittadinanza dello Stato membro di esecuzione, ma quella di un altro Stato membro, e che, in forza dell’art. 18, n. 1, CE, soggiornano legalmente nello Stato membro di esecuzione, senza riguardo alla durata di detto soggiorno legale. 2) a) In caso di soluzione negativa della prima questione: se le nozioni di cui alla prima questione debbano essere interpretate nel senso che esse si riferiscono a persone che non possiedono la cittadinanza dello Stato membro di esecuzione, ma quella di un altro Stato membro, e che, prima del loro arresto in forza di un mandato di arresto europeo, hanno soggiornato legalmente nello Stato membro di esecuzione per almeno un periodo determinato, in forza dell’art. 18, n. 1, CE. b) In caso di soluzione affermativa della seconda questione, lett. a), quali siano le condizioni che possono essere poste alla durata del soggiorno legale. 3) In caso di soluzione affermativa della seconda questione, lett. a), se lo Stato membro di esecuzione possa porre, oltre al requisito relativo alla durata del soggiorno legale, ulteriori requisiti amministrativi, come il possesso di un permesso di soggiorno a durata illimitata. 4) Se una misura nazionale che ponga condizioni, in presenza delle quali l’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione respinge un mandato di arresto europeo ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà, rientri nell’ambito di applicazione (ratione materiae) del Trattato CE. 5) Tenendo presente che – l’art. 6, nn. 2 e 5, dell’OLW prevede un regime che equipara ai cittadini olandesi le persone che non possiedono la cittadinanza olandese, ma dispongono di un permesso di soggiorno olandese a durata illimitata, e – siffatto regime comporta che per questo gruppo di persone la consegna deve essere negata, se il mandato di arresto europeo riguarda l’esecuzione di una pena limitativa della libertà divenuta definitiva, se l’art. 6, nn. 2 e 5, dell’OLW configuri una discriminazione vietata ai sensi dell’art. 12 CE, in quanto siffatta equiparazione non è prevista anche nei confronti dei cittadini di altri Stati membri aventi un diritto di soggiorno in forza dell’art. 18, n. 1, CE, che non perderanno siffatto diritto di soggiorno in conseguenza della pena limitativa della libertà che viene loro irrogata in via definitiva, ma che non dispongono di un permesso di soggiorno olandese a durata illimitata». Sulle questioni pregiudiziali 40 In via preliminare, occorre, in primo luogo, ricordare che, come risulta dal punto 3 della presente sentenza, la Corte è nella fattispecie competente a statuire sull’interpretazione della decisione quadro 2002/584 a norma dell’art. 35 UE. 41 In secondo luogo, occorre precisare che, ai sensi dall’art. 32 della decisione quadro, questa si applica alle richieste relative a fatti che, come quelli nella causa principale, sono stati commessi prima del 1° gennaio 2004, a condizione che lo Stato membro di esecuzione non abbia fatto una dichiarazione secondo cui continuerà a trattare queste richieste conformemente al sistema di estradizione applicabile prima di tale data. È pacifico che il Regno dei Paesi Bassi non ha fatto una tale dichiarazione. Sulla quarta questione 42 Con la quarta questione, che occorre esaminare in primo luogo, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se un cittadino di uno Stato membro che risiede legittimamente in un altro Stato membro abbia il diritto di avvalersi dell’art. 12, primo comma, CE nei confronti di una normativa nazionale, quale l’OLW, che stabilisce le condizioni secondo le quali l’autorità giudiziaria competente può rifiutare di eseguire un mandato di arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva. 43 Al riguardo va constatato che, anche se l’art. 12, primo comma, CE vieta, nella sfera di applicazione del Trattato CE, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dello stesso previste, ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità, la decisione quadro 2002/584 è stata adottata in base al Trattato UE e non al Trattato CE. 44 Tuttavia, da tale constatazione non si può dedurre che le disposizioni nazionali adottate da uno Stato membro al fine di attuare un atto rientrante nel Trattato UE esulerebbero da qualsiasi controllo della loro legittimità con riguardo al diritto comunitario. 45 Infatti, gli Stati membri non possono, nell’ambito dell’attuazione di una decisione quadro, recare pregiudizio al diritto comunitario, in particolare alle disposizioni del Trattato CE relative alla libertà riconosciuta a qualsiasi cittadino dell’Unione di circolare e di soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri. 46 Nella fattispecie occorre constatare che la situazione di una persona come il sig. Wolzenburg rientra nel diritto alla libera circolazione e al libero soggiorno dei cittadini dell’Unione negli Stati membri e rientra quindi nella sfera di applicazione del Trattato CE. Stabilendo la sua residenza nei Paesi Bassi, l’interessato ha esercitato il diritto, riconosciuto ad ogni cittadino dell’Unione dall’art. 18, n. 1, CE, di circolare e soggiornare liberamente nel territorio di uno Stato membro diverso da quello di cui è cittadino. 47 Si deve pertanto risolvere la quarta questione nel senso che un cittadino di uno Stato membro che risieda legittimamente in un altro Stato membro ha diritto di avvalersi dell’art. 12, primo comma, CE nei confronti di una normativa nazionale, quale l’OLW, che stabilisce le condizioni secondo le quali l’autorità giudiziaria competente può rifiutare di eseguire un mandato di arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva. Sulla terza questione 48 Con la terza questione, che va esaminata in secondo luogo, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretato nel senso che lo Stato membro di esecuzione può, in aggiunta ad una condizione relativa alla durata di soggiorno in detto Stato, subordinare l’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa di un mandato di arresto europeo previsto da tale disposizione a requisiti amministrativi supplementari, quali il possesso di un permesso di soggiorno a durata indeterminata. 49 Al riguardo, l’art. 16, n. 1, della direttiva 2004/38 prevede espressamente che il cittadino dell’Unione che abbia soggiornato legalmente e in via continuativa per cinque anni nello Stato membro ospitante ha diritto al soggiorno permanente in detto Stato. 50 L’art. 19 di detta direttiva non impone ai cittadini dell’Unione che abbiano acquisito detto diritto di soggiorno permanente in un altro Stato membro ai sensi dell’art. 16 della stessa direttiva di essere titolari di un permesso di soggiorno a durata indeterminata. 51 Dette disposizioni prevedono nei confronti dei cittadini dell’Unione che abbiano soggiornato legalmente in un altro Stato membro in via continuativa per cinque anni soltanto il rilascio, dietro loro richiesta, di un documento attestante la permanenza del loro soggiorno, senza imporre tale formalità. Il valore di tale documento è dichiarativo e probatorio, ma questo non può avere un valore costitutivo (v., in tal senso, sentenza 12 maggio 1998, causa C-85/96, Martínez Sala, Racc. pag. I‑2691, punto 53). 52 Ne consegue che un requisito amministrativo supplementare, quale un permesso di soggiorno a durata indeterminata ai sensi dell’art. 21 della Vw, non può, quando si tratta di un cittadino dell’Unione, costituire una condizione preliminare all’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa di un mandato di arresto europeo di cui all’art. 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584. 53 Occorre pertanto risolvere la terza questione nel senso che l’art. 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 dev’essere interpretato nel senso che, quando si tratta di un cittadino dell’Unione, lo Stato membro di esecuzione non può, in aggiunta ad una condizione relativa alla durata di soggiorno in detto Stato, subordinare l’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa di un mandato di arresto europeo previsto da tale disposizione ad ulteriori requisiti amministrativi, quali il possesso di un permesso di soggiorno a durata indeterminata. Sulla quinta questione 54 Alla luce della soluzione data alla terza questione, si deve considerare che il giudice del rinvio chiede se l’art. 12, primo comma, CE debba essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa dello Stato membro di esecuzione che, attuando l’art. 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, obbliga l’autorità giudiziaria competente di detto Stato a rifiutare di eseguire un mandato di arresto europeo emesso nei confronti dei suoi cittadini, mentre tale rifiuto, quando si tratta di un cittadino di un altro Stato membro che abbia un diritto di soggiorno basato sull’art. 18, n. 1, CE, è subordinato alla condizione che la persona ricercata abbia soggiornato legalmente e in via continuativa per cinque anni in detto Stato membro di esecuzione. 55 Per risolvere tale questione occorre, anzitutto, formulare talune osservazioni relative al sistema di consegna istituito dalla decisione quadro 2002/584 e, in particolare, all’art. 4, punto 6, di quest’ultima. 56 Risulta in particolare dall’art. 1, nn. 1 e 2, di detta decisione quadro nonché dai suoi ‘considerando’ quinto e settimo che essa è intesa a sostituire il sistema multilaterale di estradizione tra gli Stati membri con un sistema di consegna tra autorità giudiziarie di persone condannate o sospettate, al fine dell’esecuzione di sentenze o dell’instaurazione di azioni penali, fondato sul principio del reciproco riconoscimento (v. sentenza 17 luglio 2008, causa C-66/08, Kozłowski, Racc. pag. I-6041, punto 31). 57 Il principio del riconoscimento reciproco, cui è improntata l’economia generale della decisione quadro 2002/584, implica, a norma dell’art. 1, n. 2, di quest’ultima, che gli Stati membri siano in linea di principio tenuti a dar corso ad un mandato di arresto europeo. Infatti, eccettuati i casi di non esecuzione obbligatoria previsti dall’art. 3 della stessa decisione quadro, gli Stati membri possono rifiutare l’esecuzione di un mandato siffatto soltanto nei casi elencati all’art. 4 di questa (v. sentenza 1° dicembre 2008, causa C-388/08 PPU, Leymann e Pustovarov, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 51). 58 Ne consegue che un legislatore nazionale il quale, in base alle possibilità accordategli dall’art. 4 di detta decisione quadro, opera la scelta di limitare le situazioni nelle quali la sua autorità giudiziaria di esecuzione può rifiutare di consegnare una persona ricercata non fa che rafforzare il sistema di consegna istituito da detta decisione quadro a favore di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia. 59 Infatti, limitando le situazioni nelle quali l’autorità giudiziaria di esecuzione può rifiutare di eseguire un mandato di arresto europeo, tale legislazione non fa che agevolare la consegna delle persone ricercate, conformemente al principio del reciproco riconoscimento sancito dall’art. 1, n. 2, della decisione quadro 2002/584, il quale costituisce il principio fondamentale istituito da quest’ultima. 60 Con riguardo a tale principio fondamentale, l’art. 4 della detta decisione quadro enuncia motivi di non esecuzione facoltativa del mandato di arresto europeo in base ai quali si può giustificare che, nello Stato membro di esecuzione, l’autorità competente rifiuta di eseguire tale mandato. 61 Gli Stati membri dispongono necessariamente, nell’attuazione dell’art. 4 della decisione quadro 2002/584 e, in particolare, del suo punto 6, considerato dall’ordinanza di rinvio, di un potere discrezionale certo. 62 A questo proposito occorre sottolineare che, anche se il motivo di non esecuzione facoltativa stabilito all’art. 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, al pari dell’art. 5, punto 3, della stessa, mira segnatamente a permettere di accordare una particolare importanza alla possibilità di accrescere le opportunità di reinserimento sociale della persona ricercata una volta scontata la pena cui essa è stata condannata (v. sentenza Kozłowski, cit., punto 45), tale scopo, anche se importante, non può escludere che gli Stati membri, nell’attuazione di detta decisione quadro, limitino, nel senso indicato dal principio fondamentale enunciato al suo art. 1, n. 2, le situazioni in cui dovrebbe essere possibile rifiutare di consegnare una persona rientrante nella sfera di applicazione di detto art. 4, punto 6. 63 Per quanto attiene inoltre alla questione se una condizione di soggiorno in via continuativa per cinque anni, quale quella prevista dalla normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale, sia in contrasto con il principio di non discriminazione basato sulla cittadinanza, va ricordato che questo principio impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v., in particolare, sentenza 3 maggio 2007, causa C-303/05, Advocaten voor de Wereld, Racc. pag. I-3633, punto 56). 64 Dall’ordinanza di rinvio risulta che, ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva inflitta con una pronuncia giudiziaria divenuta irrevocabile, la consegna dei cittadini olandesi all’autorità giudiziaria di emissione è rifiutata, mentre per i cittadini di Stati membri diversi dal Regno dei Paesi Bassi tale rifiuto è subordinato alla condizione che questi abbiano soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni nei Paesi Bassi. Si deve quindi esaminare se il trattamento differenziato dei cittadini degli altri Stati membri sia oggettivamente giustificato. 65 A questo proposito, il governo dei Paesi Bassi osserva che, avendo constatato, nella prassi della consegna di persone che non sono cittadine del Regno dei Paesi Bassi, una grande inventiva quanto agli argomenti dedotti da questi ultimi al fine di provare l’esistenza di un collegamento con la società olandese, il legislatore nazionale ha voluto, con l’art. 6, nn. 2 e 5, dell’OLW, esprimere concretamente, mediante criteri oggettivi, il requisito secondo il quale il soggiorno di dette persone deve rivestire carattere duraturo. 66 Secondo lo stesso governo, è legittimo che uno Stato membro si assicuri, mediante il requisito di una durata di soggiorno continuo di almeno cinque anni, che si rifiuti soltanto l’esecuzione di mandati di arresto europei emessi contro persone ricercate che abbiano un’effettiva prospettiva futura nei Paesi Bassi. Sarebbe quindi legittimo esigere tale collegamento effettivo fra la persona ricercata e la società nella quale essa vuole essere reinserita dopo avervi scontato la pena. 67 Occorre sottolineare, come si è già rilevato al punto 62 della presente sentenza, che il motivo di non esecuzione facoltativa enunciato all’art. 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 mira in particolare a consentire di accordare una particolare importanza alla possibilità di aumentare le opportunità del reinserimento sociale della persona ricercata alla scadenza della pena cui quest’ultima è stata condannata. È quindi legittimo per lo Stato membro di esecuzione perseguire siffatto obiettivo soltanto nei confronti delle persone che abbiano dimostrato un sicuro grado di inserimento nella società di detto Stato membro. 68 Nella fattispecie, la mera condizione di cittadinanza per i propri cittadini, da un lato, e la condizione di soggiorno in via continuativa per cinque anni per i cittadini degli altri Stati membri, dall’altro, possono essere considerate tali da garantire che la persona ricercata sia sufficientemente integrata nello Stato membro di esecuzione. Per contro, un cittadino comunitario che non ha la cittadinanza dello Stato membro di esecuzione e non è risieduto ininterrottamente in detto Stato per un determinato periodo di tempo presenta, in genere, più collegamenti con il proprio Stato membro di origine che con la società dello Stato membro di esecuzione. 69 La giustificazione rispetto al diritto comunitario della differenza di trattamento prevista dalla normativa olandese esige inoltre che essa sia proporzionata all’obiettivo legittimamente perseguito dal diritto nazionale. Essa non può andare oltre quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo (v., in particolare, sentenza 18 novembre 2008, causa C‑158/07, Förster, non ancora pubblicata nella raccolta, punto 53). 70 A questo proposito è lecito considerare che il principio secondo cui un mandato di arresto europeo non è eseguito contro un cittadino nazionale non risulta eccessivo. Infatti, tale cittadino presenta con il proprio Stato membro di origine un collegamento tale da garantire il suo reinserimento sociale dopo che la pena cui è stato condannato vi sarà stata scontata. Peraltro, una condizione di soggiorno in via continuativa per cinque anni per i cittadini degli altri Stati membri non può neanche essere considerata eccessiva tenuto conto, in particolare, dei requisiti richiesti per rispondere all’esigenza dell’inserimento dei non cittadini nello Stato membro di esecuzione. 71 A questo proposito va rilevato, come hanno fatto in particolare i governi dei Paesi Bassi e austriaco, che tale condizione di un soggiorno ininterrotto per una durata di cinque anni, come risulta dal diciassettesimo ‘considerando’ e dall’art. 16 della direttiva 2004/38, è stata appunto fissata come la durata oltre la quale i cittadini dell’Unione acquistano un diritto di soggiorno permanente nello Stato membro ospitante. 72 Inoltre, va ricordato che, benché la decisione quadro 2008/909 non si applichi nella causa principale, essa consente agli Stati membri, nel contesto del suo art. 4, n. 7, lett. a), di facilitare maggiormente la comunicazione di una sentenza quando la persona condannata vive e risiede legalmente e ininterrottamente da almeno cinque anni nello Stato membro di esecuzione e vi conserverà un diritto di residenza permanente. 73 Occorre quindi constatare che una condizione di soggiorno per un periodo ininterrotto di cinque anni, quale quella prevista dalla normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale, non va oltre quanto è necessario per conseguire l’obiettivo volto a garantire un sicuro grado di inserimento nello Stato membro di esecuzione delle persone ricercate che sono cittadini di altri Stati membri. 74 Alla luce di quanto precede, si deve risolvere la quinta questione come segue: l’art. 12, primo comma, CE deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa dello Stato membro di esecuzione in forza della quale l’autorità giudiziaria competente di detto Stato rifiuta di eseguire un mandato di arresto europeo emesso contro uno dei suoi cittadini ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva, mentre tale rifiuto, quando si tratta di un cittadino di un altro Stato membro avente un diritto di soggiorno basato sull’art. 18, n. 1, CE, è subordinato alla condizione che tale cittadino abbia soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni in detto Stato membro di esecuzione. Sulla prima e sulla seconda questione 75 Con la prima e la seconda questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, quale debba essere la durata del soggiorno nello Stato membro di esecuzione dei cittadini di un altro Stato membro e oggetto di un mandato di arresto europeo perché questi possano rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584. 76 Va ricordato che, quando uno Stato membro ha attuato detto art. 4, punto 6, senza per questo stabilire le condizioni particolari relative all’applicazione di tale disposizione, spetta all’autorità giudiziaria dell’esecuzione procedere ad una valutazione complessiva al fine di stabilire, in un primo momento, se la persona interessata ricada in detta disposizione. Una singola circostanza caratterizzante la persona ricercata, quale la durata del soggiorno di quest’ultima nello Stato membro considerato, non può, in linea di principio, avere di per sé sola un’importanza decisiva (v., in tal senso, sentenza Kozłowski, cit., punto 49). 77 Quanto alla causa principale, in cui è pacifico che il mandato di arresto europeo non sarà eseguito soltanto quando la persona ricercata cittadina di un altro Stato membro avrà soggiornato da almeno cinque anni nel territorio dello Stato membro di esecuzione, una soluzione di dette questioni pregiudiziali non è più giustificata in quanto tale condizione di durata di soggiorno si basa sull’esercizio da parte dello Stato membro interessato del potere discrezionale conferitogli dall’art. 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 e deve essere considerata compatibile con l’art. 12 CE. 78 A questo proposito, dalla soluzione della quinta questione discende che l’art. 12 CE non osta ad una condizione imposta dal diritto nazionale dello Stato membro di esecuzione in base alla quale le persone ricercate cittadine di un altro Stato membro devono aver soggiornato per un periodo di cinque anni nel territorio del primo Stato membro perché l’autorità giudiziaria di esecuzione di questo rifiuti di consegnare queste ultime in base all’art. 4, punto 6, di detta decisione quadro. 79 Pertanto, non si devono risolvere le prime due questioni pregiudiziali. Sulle spese 80 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara: 1) Un cittadino di uno Stato membro che risieda legittimamente in un altro Stato membro ha diritto di avvalersi dell’art. 12, primo comma, CE nei confronti di una normativa nazionale, quale la legge sulla consegna di persone (Overleveringswet) del 29 aprile 2004, che stabilisce le condizioni secondo le quali l’autorità giudiziaria competente può rifiutare di eseguire un mandato di arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva. 2) L’art. 4, punto 6, della decisione quadro del Consiglio 13 giugno 2002, 2002/584/GAI, relativa al mandato di arresto europeo e alle procedure di consegna fra Stati membri, dev’essere interpretato nel senso che, quando si tratta di un cittadino dell’Unione, lo Stato membro di esecuzione non può, in aggiunta ad una condizione relativa alla durata di soggiorno in detto Stato, subordinare l’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa di un mandato di arresto europeo previsto da tale disposizione ad ulteriori requisiti amministrativi, quali il possesso di un permesso di soggiorno a durata indeterminata. 3) L’art. 12, primo comma, CE dev’essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa dello Stato membro di esecuzione in forza della quale l’autorità giudiziaria competente di detto Stato rifiuta di eseguire un mandato di arresto europeo emesso contro uno dei suoi cittadini ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva, mentre tale rifiuto, quando si tratta di un cittadino di un altro Stato membro avente un diritto di soggiorno basato sull’art. 18, n. 1, CE, è subordinato alla condizione che tale cittadino abbia soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni in detto Stato membro di esecuzione.